INCONTRI-Articoli: VII CONVEGNO INTERNAZIONALE “MATRIARCATO & MONTAGNA”

by Donatella Massara on febbraio 15, 2008

VII CONVEGNO INTERNAZIONALE “MATRIARCATO & MONTAGNA”: impressioni di una partecipante.

Il Centro di Ecologia Alpina ha organizzato anche quest’anno il convegno “Matriarcato e montagna VII” che si è svolto dal 14 al 16 dicembre nella suggestiva location costituita dal centro congressi Panorama sito a Sardagna, raggiungibile da Trento attraverso un breve percorso in funivia che permette di osservare dall’alto la bella città che sorge sulle rive dell’Adige. Si è trattato dell’ultimo incontro organizzato sotto la direzione di Michela Zucca e della sua equipe di lavoro che lasciano la direzione del Centro di Ecologia alpina dopo molti anni di proficua collaborazione.

L’incontro è stato, ancora una volta, piacevole occasione di scambio di esperienze e azioni propositive per le donne della montagna e per tutte/i coloro che si occupano della storia delle donne, che non possono prescindere da quella riserva di memoria femminile costituita dalle comunità di montagna, custodi della cultura delle matriarche e dell’archetipo femminile primordiale.

Molte le studiose e le associazioni di donne presenti: da Michela Zucca, instancabile animatrice del convegno, a L. Percovich che ha presentato il suo “Oscure madri splendenti“. Le rappresentanti dell’Associazione Archivi Riuniti delle Donne Ticino, e l’ Archivio Storico delle donne di Bolzano, inoltre, hanno parlato dei loro centri di documentazione e dell’attività di ricerca e conservazione di documenti, fotografie, certificati, diari, lettere, quaderni scolastici, e quant’altro consenta di favorire la protezione della memoria delle donne.

Molti interventi hanno affrontato tematiche interessanti e suggerito nuove prospettive di ricerca: sia nell’ambito dei documentari proiettati la sera del venerdì, che durante la conferenza che si è svolta nelle giornate di sabato e domenica. Tra i cortometraggi proposti sul tema “Identità, donne e montagna” particolarmente degno di interesse è stato soprattutto “Martha, memoria di una strega” di Giovanni Calamari – Italia 2006 che, attraverso un’intervista alla protagonista, una donna che vive in una baita isolata dell’Alto Adige che si dichiara novella strega nel tentativo di trovare un ruolo all’interno della comunità, descrive il percorso di sofferenza che l’ha condotta alla ricerca di una sua propria identità, attraverso l’esperienza artistica ed un rapporto unico ed esclusivo con la natura e con le Dolomiti; un percorso di ricerca di libertà e rinascita che ha tratto linfa vitale da una relazione simbiotica con la natura selvaggia della montagna.

Nel corso del convegno vero e proprio che si è aperto la mattina del sabato, gli interventi sono stati distinti a seconda delle tematiche: ecofemminismo – montagna, salute e medicina – frammenti di tempi perduti: archeologia – tracce di antiche signore: antropologia al femminile e cultura delle donne.

Nei giorni successivi si è parlato soprattutto di economia, in particolare del rapporto tra le donne e l’ambiente di montagna e del ruolo di queste ultime nella valorizzazione del territorio e nei processi di sviluppo dell’ambiente alpino.

Ariel Salleh, senior editor della rivista Capitalism Nature Socialism ha aperto la conferenza parlando di eco-femminismo e invitandoci a riflettere sulla profonda differenza tra la limitata impronta ecologica delle donne e quella di gran lunga superiore degli uomini; ha inoltre sottolineato come costituisca un’implicazione politica il fatto che le donne sono sottorappresentate nelle tavole rotonde in cui si discute di cambiamenti climatici e di problemi ambientali, proprio perché risultano più sensibili a livello ecologico e legano la risoluzione delle problematiche ambientali al discorso della giustizia sociale e di genere, come ricordano numerose leader del movimento ecofemmista. Secondo il suo pensiero, quindi, sono le donne, le portatrici inascoltate di risposte ecosostenibili per la risoluzione dei problemi ambientali che assillano l’umanità.

Subito dopo la finlandese Hikka Pietilla dell’Università di Helsinki ha affrontato il tema “lavori casalinghi e globalizzazione“e ricordato la necessità di rivalutare il lavoro casalingo considerato in senso economico dal momento che costituisce un’attività sostenibile ed è l’unico settore economico ancora completamente nelle mani delle donne. Un discorso che a noi donne più giovani è apparso conservatore perché ci ha fatto pensare alle tediose lezioni di economia domestica che le nostre mamme hanno dovuto sostenere nel corso della scuola dell’obbligo ma che, tuttavia, merita un approfondimento, se non altro per il fatto che è necessario ricercare un diverso sistema economico ecocompatibile e, in fondo, il sistema di produzione domestico ha queste caratteristiche, oltre ad essere autosufficiente ed indipendente rispetto ai bisogni indotti dal mercato.

Nell’interessante sezione relativa a “salute e medicina” M. Tomassini, infermiera specialista in salute mentale, si è occupata del tema “Vite al confine tra disagio e patologia” e ha riportato i risultati relativi ad un progetto di ricerca, avviato con M. Zucca, sulle donne ospitate nell’anno 2006-2007 presso l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Castiglion delle Stiviere, in provincia di Mantova, un’indagine effettuata tramite l’analisi e l’interpretazione delle cartelle di pazienti ricoverate e dimesse. Si è trattato di una lettura in chiave antropologica dei casi più significativi, nel tentativo di ricostruire i contesti socio-culturali in cui i crimini sono stati commessi. L’intervento è stato molto interessante e ci ha permesso di riflettere sulle radici del disagio vissuto da molte donne dopo il parto, sul mancato riconoscimento di una patologia piuttosto diffusa come la depressione post-partum e sull’ambivalenza dei sentimenti che entrano in gioco nell’intricato rapporto madre-figlio/a, partendo dalle storie di sofferenza di tante donne sottoposte alla riabilitazione psico-sociale perché colpevoli di figlicidio o infanticidio.

Molto interessante l’intervento di R. Tentori, dell’Associazione Gente di Montagna che ha illustrato il tema “Nato in montagna: riti e tradizioni della nascita nella prima metà del XX secolo” attraverso un originale documentario che ricostruiva il rito della nascita attraverso i racconti delle ostetriche, le “cumare” della Val Brembana che si sono occupate delle nascite in casa fino agli anni ’60, periodo a partire dal quale si è affermata l’ospedalizzazione del parto e sono cambiate le modalità di intervento sul parto stesso.

Nel corso della riunione pomeridiana si è affrontato il tema dei ritrovamenti archeologici che descrivono il ruolo e le funzioni delle donne in alcune civiltà antiche, tema affrontato da C. Ronc del Museo Archeologico Regionale di Aosta che ha illustrato le figure femminili nell’archeologia valdostana e da P. Van Eles della Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia Romagna che si è occupata dei “ruoli di donne in una comunità villanoviana del VIII-VII sec. a. C.” e ha descritto in particolare reperti provenienti dallo scavo di Verucchio (Rimini)”. Dall’esame dei ritrovamenti nelle tombe femminili risulta che le donne costituivano senza dubbio un’ elite dominante nella civiltà villanoviana. Infatti insegne di rango, indicatori di ricchezza e monili pregiati sono stati ritrovati all’interno di ipogei di donne e bambine sia nella necropoli di Verucchio che in quella della vicina Novilara (Pesaro).

Dedicato ad un’analisi antropologica del femminile e della cultura delle donne, l’ultimo gruppo di interventi del sabato si è rivelato molto interessante. M. Zucca ha approfondito il tema “Donne armate. Riganae e combattenti“; partendo dal presupposto che compito delle storiche è quello di ricercare le incongruenze e le discrepanze della storia per scoprire qualcosa sulla storia delle donne, ha affrontato il tema dell’uso delle armi all’interno di società matrifocali, illustrando la tesi secondo cui le società in cui le donne esercitano il potere non sono meno efficienti nella guerra di quelle patriarcali. In particolare, partendo dal ritrovamento sul lago Maggiore della Rigana di Oleggio (una donna sepolta con tutto il corredo che si addice ad un comandante militare), l’autrice ha cercato di sfatare un pregiudizio: “la maggior fragilità femminile che porta il gentil sesso lontano dai campi di battaglia, perché in passato, per secoli e probabilmente per millenni, in molte zone della terra, le donne hanno preso parte attiva – anche ai livelli più alti ma non solo – a quella che ancora oggi forse è considerata l’unica professione in cui la presenza maschile è schiacciante: la guerra”

L’intervento di S. Federici dal titolo “Caccia alle streghe, enclousers e crisi della proprietà nei rapporti comunali” si è soffermato, invece, su un’ipotesi suggestiva di studio comparato di cui l’autrice si sta occupando attualmente, che suppone un confronto tra la persecuzione antistregonica in Europa nell’età moderna allorché si costituiscono gli stati nazionali e si afferma la società capitalista, e la persecuzione attuale diretta contro donne e bambini accusati di stregoneria in alcuni paesi africani come il Ghana, diretta conseguenza dell’imposizione dei processi di globalizzazione nei paesi sottosviluppati.

Infine C. Lomi nel suo intervento ” Melusina e le altre fate: abitanti delle fonti e dei boschi. Creature dei sogni“, ci ha invitato a recuperare i racconti e le fiabe delle fate e a riflettere sulla loro origine e identità; si è soffermata in particolare sulle figure delle due fate che hanno dominato l’universo letterario dal XIII secolo in poi: Melusina, che incarna gli aspetti più materni della femminilità e Morgana che ha in sé i caratteri dell’amante passionale e sfuggente. Attraverso un’interpretazione in chiave psicologica del racconto di Melusina, Lomi ha poi suggerito un recupero del principio femminile legato alla non violenza creativa e ad una concezione della natura, vista non già come materia inerte, manipolabile dalla forza sopraffattrice dell’uomo, bensì come organismo vivente; quella stessa concezione che da sempre appartiene alla cultura ancestrale delle donne sapienti: sacerdotesse, sibille e maghe che al tempo della Grande Inquisizione furono espropriate del loro sapere, considerate seguaci di Satana ed eliminate con l’accusa di stregoneria. Il recupero dei “poteri delle fate”, cioè di valori e pratiche che mettono al centro il potere dell’unione e delle relazioni in una dimensione altruistica, contiene in nuce, secondo l’autrice, un progetto politico importante che conduce alla scoperta di un percorso differente che valorizzi le pratiche di cittadinanza attiva e nuove forme di produzione e consumo fondate sulla solidarietà e l’autosostenibilità, oltre ad un nuovo rapporto ecosostenibile con la natura.

Un ‘esperienza intensa, creativa e stimolante, dunque, la partecipazione al convegno “matriarcato e montagna” che ha fornito una possibilità di incontro e di confronto tra donne e uomini che si occupano di recuperare la cultura e i saperi delle antiche madri e di creare una rete di contatti tra studiose/i per scambiare percorsi di ricerca e suggerire approfondimenti. In attesa della pubblicazione degli atti del convegno presento in questo testo un breve resoconto che, lungi dall’essere esaustivo, suggerisce itinerari di lettura ed un breve quadro degli interventi e delle proposte di ricerca esposte nel corso della riunione, l’ultima, purtroppo, sotto la supervisione del gruppo di studio facente capo a M. Zucca che in questi anni ha dato un grande ed importante contributo alla ricerca sui ruoli femminili nel mondo arcaico ed odierno.