INCONTRI, Articoli: Incontri Matriarcali a Milano 1,3,2009

by Donatella Massara on marzo 20, 2009

 

Il 1 marzo il Circolo Culturale Cicip Ciciap di via Gorani 6 a Milano ha ospitato un convegno sul matriarcato, il terzo di una serie di appuntamenti svoltisi nel mese di febbraio a Bologna e a Roma

Su questa serie di Incontri Matriarcali organizzati dall’associazione Armonie di Bologna trovate il programma nella pagina del blog del Circolo Vegetariano VV.TT. di Calcata.

Incontri matriarcali Bologna Roma Milano.

L’associazione Armonie che da molti anni collabora con Genevieve Vaughan fondatrice della Foundation of Compassionate Society e che ha anche sponsorizzato una parte di questi incontri si sta organizzando per pubblicarne gli atti. E’ già possibile dall’incontro di Bologna del 28 febbraio seguire la relazione di Maria Giusi Di Rienzo su Server Donne nel video girato da Cristina Comperini che indica la condizione ancora perdurante nel nostro tempo di una storia delle donne di lunga tradizione che non è diventata senso comune.

 

Abbiamo partecipato domenica 1 marzo all’Incontro che si è svolto a Milano. Le relatrici centrali erano Heide Goettner-Abendroth, Genevieve Vaughan, Veronika Bennholdt-Thomsen. Tre donne impegnate, tre studiose ben conosciute in Germania e spesso riunite nell’insegnamento dei corsi organizzati dalla Hagia, l’Accademia (International Academy for Modern Matriarchal Studies and Matriarchal Spirituality) fondata dalla prima, antesignana di questi studi e autrice di importanti libri dei quali attendiamo la traduzione italiana. Una pubblicazione era stata prevista da una piccola casa editrice di donne la cui intenzione è lavorare per potenziare la scrittura femminile. Il Caso e il Vento di Roma purtroppo non riuscirà a portare avanti questo impegno né quello dedicato a un testo poco conosciuto di Maria Gimbutas. Con la collaborazione di Luciana Percovich il testo sul matriarcato uscirà con un’altra casa editrice a partire dalla traduzione inglese che è in corso. Sempre in inglese saranno pubblicati gli atti degli incontri internazionali sul matriarcato.
In rete c’è
una straordinaria intervista a Maria Gimbutas nel sito di Anarchopedia.
Ricordiamo i documentari che parlano di lei che sono segnalati nella raccolta di link, informazioni bibliografiche e articoli sul sito dell’associazione Armonie

http://women.it/armonie/index_file/Page2335.htm

Maria Gimbutas è all’origine di questi studi. Le sue scoperte di reperti dedicati al culto della Dea hanno ricevuto la giusta centralità storiografica solo grazie alla sua interpretazione e organizzazione dei documenti ritrovati. L’origine delle nostre civiltà è sempre stata conosciuta negli studi di storia antica e di archeologia dopo il ritrovamento dei siti appartenenti alla società minoica. Ma poco valore è stato dato a società che erano pacifiche e che si relazionavano attraverso un folto mercato di scambi commerciali e marittimi. Sono società che sono sparite sotto i colpi di popoli guerrieri arrivati dal nord che hanno portato il culto della guerra e degli dei maschili. Queste prime società visibili a chi va a visitare i siti di Cnosso, Festo o anche i templi ipogei di Malta prosperavano mantenendo la centralità del culto della dea e il rispetto del corpo femminile. Se anche gli studi in lingua tedesca di Bachofen sul matriarcato avevano aperto la strada a questo settore di studi questo viene abbandonato per concezioni della ricerca ritenute più scientifiche. L’importanza di Maria Gimbutas nasce dall’avere perseverato in questo campo di studi e di avere intuito di che cosa parlava la preistoria, mantenendosi dentro alla impostazione disciplinare della sua materia ma anche dando qualcosa in più, la forza della fiducia nel pensiero e nell’esperienza femminile. In Lituania dove M.G. visse l’infanzia fino a 50 anni fa la metà della popolazione era pagana e aspettava, al momento di una nascita o di altri avvenimenti naturali, le manifestazioni della Dea. Come dice nell’intervista di cui sopra

E’ soprattutto sugli studi di Maria Gimbutas che si sono concentrate le ricerche di Luisella Veroli e ne hanno proseguito la finalità. E’ stata anche lei presente con un intervento all’Incontro di domenica 1 marzo e ha parlato dei segni della Dea attraverso una ricca raccolta di immagini dove erano visibili le raffigurazioni vulvari, i segni di fertilità (il serpente, il pollice introdotto nella coppella delle pietre) e la triplice ripetizione del segno nelle statue, statuette, nei graffiti preistorici quest’ultima ripresa anche nelle opere delle artiste contemporanee per significare la sacralità del linguaggio della Dea.

Gli altri interventi successivi alle relatrici tedesche sono stati di Gabriella Galzio che oltre a avere tradotto molto bene dal tedesco per le italiane e dall’italiano per le tedesche tutti gli interventi, ha spiegato l’interpretazione femminile mitopoietica della storia e della preistoria, leggendo alla fine anche una sua poesia. Contro i paradigmi storiografici maschili le donne fanno breccia indagando sugli 8000 anni precedenti all’inizio della letteratura con Omero, alle invasioni doriche e a Esiodo.

 

Michela Zucca già autrice del libro Donne delinquenti. Storie di streghe, eretiche, ribelli, rivoltose, tarantolate (2004) ha invece parlato delle guerriere e di come la ricerca storiografica abbia prudentemente nascosto la presenza di queste donne che partecipavano anticamente alla guerra e che ritroviamo nelle tombe sepolte con la loro panoplia di armi. E ha raccontato le sue personali ricerche nei musei dove fra ignoranza e imbarazzo di gestori e studiosi vengono poi fatte sparire le testimonianze di una storia che non corrisponde alle aspettative. Come ha visto le sepolture di guerriere appartenute alle società celtiche così ha ritrovato quelle pre-etrusche come Rigana di Oleggio che dopo essere stata spostata dal Museo di Oleggio al Museo di Torino qui giace senza una didascalia che spieghi l’arcana presenza fra i suoi resti di una spada lunga quasi 1 m. sotto la quale è stato impresso il sigillo della cinghialessa lo stesso che troviamo alloccato nella Loggia dei mercanti a Milano.

Se le italiane hanno proposto una lettura colta organizzata attraverso ricerche sul campo dell’arte, dell’archeologia, della preistoria e della letteratura e mitologia, le tedesche hanno invece esposto i loro modelli teorici, modelli di sviluppo alternativo e autonomo rispetto al capitalismo. Affatto nuove queste società matriarcali hanno non solo appartenuto al passato ma sono rintracciabili perchè collegate ai sistemi di vita delle classi basse dove resistono modelli lavorativi legati alla terra e all’economia locale, per es. nelle comunità montane. Occorre precisare che se abbiamo avuto qualche perplessità non è tanto per lo slancio utopico di queste teorie o per una loro eventuale impraticabilità, piuttosto ci è sembrato che l’impianto teorico della proposta svincolato dall’esperienza anche dalla politica delle donne che parte da sé rischi di risultare arcaico, anche dal punto di vista del’immaginario. L’interazione con la pratica le studiose la consegnano a una condivisione preliminare di questo assetto teorico, dopo si vedrà come realizzarla, dicono. Ma se è vero che questa economia sta emergendo con la crisi, come dicono loro, proprio per questo meriterebbe confrontarsi con l’esistente e espanderne le caratteristiche invece di stare troppo attaccate al modello teorico il cui risvolto è poi la critica della sua imperfetta realizzazione pratica.

Sarebbe più coinvolgente dal nostro punto di vista s/velare parallelamente dove queste economie del dono esistono già e sono promettenti. Anche se non ci sono tutti i principi in vigore come le intende la teoria. Una indicazione pratica è stata fatta, come vedremo nella relazione di Genevieve Vaughan, ma ha avuto un minimo di tempo. Parlando con Sandra Capri dell’associazione Armonie di Bologna abbiamo poi avuto modo di capire che l’incontro di Milano non ha favorito queste spiegazioni. Organizzato su un arco di tempo di poche ore ha tagliato via tutta l’esperienza per esempio quella di Genevieve Vaughan che ha usato una ingente eredità per creare una radio e realizzare altri progetti secondo i principi della gift economy (vai al sito) .

La sfida è rivolta a vedere nella realtà che cosa esiste e che noi non avvertiamo ancora nel suo essere distanziata e differente dai modelli imperanti del capitalismo. Quando si sta vivendo un cambio di civiltà è difficile mettere a pieno in evidenza che cosa è nuovo e che cosa non lo è, dove c’è la promessa di un futuro e dove continuano a maturare e invecchiare le forme del passato. La teoria del matriarcato fa luce su questo mondo di forme nascenti e di resistenze e aiuta a rivelarle, anche se pretendere una comunanza di linguaggio e una condivisione prioritaria di principi può non essere conveniente in questo momento. E’ infatti stato obiettato da Daniela Pellegrini durante il dibattito che questa teoria rischia di essere un fondamentalismo, desta il sospetto di diventare una scelta di potere tesa a imporsi sul vissuto e sull’esperienza delle donne che per lei sono soggettive e rivoluzionarie. Quello che è certo è che va valorizzata e che aiuta a parlare e spiegare le nostre esperienze.

 

Le regole di convivenza della società matriarcale per Heide Gottner Abendroth non sono utopiche ma funzionanti.

Essa si esprime in società matrilineari che si reggono sull’ equilibrio fra i generi e le generazioni ma soprattutto puntano a un’economia dove non c’è la proprietà privata, si lavora per l’autarchia e si auspica un rafforzamento del potere di distribuzione, protezione delle merci mirato alla circolazione dei doni. La finalità è la redistribuzione della ricchezza dentro a società bilanciate. Le società sono così concepite su parentele matrilineari e matrilocali, in esse esistono aggregazioni per clan e famiglie che vivono in case comunità fino a 100 persone. Il clan è un’unità economica autarchica, i matrimoni avvengono fra i clan e indicano una sessualità libera non gerarchica. In politica vige il principio del consenso, le decisioni sono prese da ogni singolo clan, chi è delegata/o non decide ma comunica solo come un/una messaggiero/a, non ci sono né gerarchia né classi, essendo appunto parti integranti di società egualitarie basate sul consenso.

La cultura di queste società è basata sulla devozione per la Madre Terra, per la Dea dell’Universo che agisce secondo il principio femminile dell’immanenza invece che quello del dio maschile della trascendenza. A questa fede corrisponde un depotenziamento delle grandi industrie per non danneggiare più la terra e un sistema simbolico spirituale che fonda società sacrali dedite a feste e riti che onorano la cultura della Dea e vedono la ricchezza nella molteplicità.

Funziona una economia della sussistenza e del dono dentro a una società dove non c’è atomizzazione ma in essa nascono comunità per affinità e non su interessi economici . Queste società sono contrarie alle nazioni, agli imam di stato, alle superpotenze, tutto ciò che avviene è a livello regionale dentro a un mondo trattato come sacro e che ‘la madre’ tratta con cura e amore, e per questo disegno non occorre avere il supporto né di religioni gerarchiche né di verità assolute ma invece confidare nella tolleranza matriarcale.

Nel sito abbiamo pubblicato un saggio di questa autrice: Heide Goettner Abendroth La società matriarcale, definizione e teoria. Sviluppare una nuova scienza

 

Genevieve Vaughan ha parlato del dono senza scambio elargito per soddisfare il bisogno di un’ altra o di un altro dentro a un rapporto di mutualità della cura, fatta di gratutità e offerta di cibo ma non solo anche di parole e di linguaggio, di percezioni che il mondo ci dona. L’economia è da lei intesa come soddisfazione dei bisogni psico fisici attraverso lo scambio simbolico in quanto che uno scambio economico è inutile quando la società è ricca. Il dono è una risposta allo zombi capitalismo. Ha citato i luoghi dell’economia del dono che sono quelli del volontariato, le banche del tempo, l’attivismo sociale, le case delle donne e Internet.

Veronica Bennholdt-Thomsen ha spiegato l’economia di sussistenza in quanto pratiche del dono i cui risultati si misurano non con i soldi ma con la soddisfazione del bisogno di saziarsi, mangiare bene, scaldarsi, essere contente/i. La storia del capitalismo è storia della distruzione della sussistenza. Occorre un criterio materno per tutta l’economia e la società. Rieconomizzare per ridare valore a ciò che viene svalutato pur essendo una risorsa e mettersi contro alla globalizzazione come politica della commercializzazione, contro l’anonimità del denaro, e contro la privatizzazione dei beni demaniali (acqua, terreno, semi, aria, brevetti di organismi viventi). La gift economy è basata su fisicità e materia e vuole valorizzare il regno della necessità.

Possiamo guardare alle comunità matriarcali che cooperano e creare dei modelli

dove il locale è contrapposto al globale e questo significa una buona territorialità, buon cibo caldo, bel paesaggio

Se siamo d’accordo sugli obbiettivi di fondo poi si vedono le strategie, ma la richiesta di fondo è: come decommercializzare i rapporti e orientarli di nuovo nella logica del dono?

 

E concordiamo sull’interrogativo anche se il problema è di più ampia portata guarda verso il futuro, lo scambio fra le generazioni, la differenza sessuale ma ringraziamo per questa giornata che è stato un dono utile e piacevole.