LIBRI, Recensione: Franca Romano, Laura Malipiero strega – Storie di malie e sortilegi nel Seicento- Meltemi, 1996-2003

by Donatella Massara on luglio 22, 2009

Franca Romano “Laura Malipiero strega – Storie di malie e sortilegi nel Seicento” – Meltemi Roma 1996 (seconda ristampa 2003)

Franca Romano nell’interessante ricerca, tratteggia l’affresco di un’epoca e di una città attraverso lo sguardo di due donne: Isabella Malipiero e la figlia Laura, streghe per pubblica fama. L’autrice ha recuperato dalla documentazione processuale numerosi particolari che le hanno permesso di descrivere al meglio, secondo un’ottica di genere, la condizione delle due donne nella Venezia del Seicento. La fonte di riferimento è costituita dai processi inquisitoriali che permettono di intravedere – sottolinea nella parte introduttiva – le vite dei soggetti marginali, che vivono una condizione di liminalità, come le donne, “gruppo silente, assente dai libri di storia”. Eppure Isabella, e Laura silenti non lo sono affatto! Hanno lasciato numerose tracce di sé, per quanto riportate attraverso il punto di vista della cultura dominante maschile, che tuttavia non è riuscita a soffocare le loro flebili voci che ancora traspaiono, in controluce, tra le pieghe dei testi. E’ una sorta di biografia quindi quella che l’autrice si propone di tracciare.

Il concetto di liminalità è la chiave interpretativa intorno a cui ruota tutto il testo, dal momento che è proprio la loro condizione di marginalità ad aprire a queste donne, caratterizzate da un’anomala condizione di solitudine, spazi privilegiati di libertà e di azione, altrimenti imprevedibili. Le streghe veneziane gestiscono il loro sapere in modo professionale, sono riconosciute come socialmente utili, in quanto guaritrici, trovano uno spazio pubblico riconosciuto, sebbene costantemente negato dall’angustia dei ruoli nei quali la donna è, suo malgrado, costretta. Hanno un tariffario per le loro prestazioni, quindi ricevono di norma un compenso dalle pazienti che a loro si rivolgono. Donne liminali, quindi, ma con spazi di azione, dove possono seguire senza impedimenti il proprio libero pensiero; proprio questo loro occupare una zona marginale costituisce un pericolo ma anche una potenzialità.

La vicenda delle streghe veneziane, inoltre, documenta il grande cambiamento che si verifica nel Seicento: il passaggio della Chiesa cattolica da una strategia di repressione ad una di persuasione. Si tratta di un’inversione di tendenza importante: a Venezia l’Inquisizione si disinteressa del mito satanico, le streghe inquisite non hanno stretto nessun patto diabolico, ma possiedono un sapere magico-terapeutico che interagisce con aspetti della cultura dotta, magica e astrologica. Si tratta per lo più di dominae herbarum e fattucchiere che conoscono il modo di sfruttare le proprietà magico-simboliche delle piante e le loro virtù curative. Preghiere e messe si uniscono sempre più alle pratiche magiche, segno dell’efficacia della cultura controriformistica, pur in una città, come Venezia, tradizionalmente riluttante alla Controriforma e all’ingerenza della Chiesa in generale.

Protagonista del testo è la vita di Laura Malipiero ricostruita attraverso tre processi per stregoneria intentati contro di lei. Si tratta di documenti sui generis dal momento che non c’è traccia di scongiuri al demonio né di sabba o altri tratti demoniaci. Si affiancano alla strega, inoltre, figure di religiosi che operano ai margini dell’ufficialità, personaggi ambigui che intrattengono rapporti con le streghe e spesso sono condannati per apostasia. Comincia ad affermarsi, infatti, il modello del sacerdote esorcista che finirà per sostituirsi alle donne sortileghe e maliarde appropriandosi del loro sapere magico/terapeutico. Si tratta di figure inquietanti che vivono ai margini dell’ufficialità in una zona di confine tra magia e religione fatta di scambi più che di contrapposizione culturale, infatti analoghi sono i rimedi esorcistici utilizzati dagli uni e dalle altre.

Laura Malipiero è una donna libera e volitiva, che cerca in tutti i modi di contrastare i suoi accusatori e non intende rinunciare al proprio ruolo sociale. In questo periodo, infatti, la medicina ufficiale e la Chiesa si alleano per il controllo delle donne; Laura, pertanto, istituzionalizza la sua attività di guaritrice, ribadisce infatti più volte di avere “licenza di ungere” conferitale da un medico della Sanità. Una linea difensiva da lei sempre sostenuta nel corso dei tre processi cui viene sottoposta: la liceità dei medicamenti usati. Pur essendo evidenti le sue radici culturali tradizionali quindi, Laura mostra una discreta conoscenza del sapere medico ufficiale e una certa abilità nel sapersi districare tra le controversie processuali.

Laura e sua madre, inoltre, si avvalgono di una solida rete di relazioni con altre donne – altro importante tema spesso ribadito dall’autrice – che assicurano loro: solidarietà, sostegno e collaborazione. La solidarietà femminile si oppone alle norme sociali dominanti: è un mondo fatto di complicità, confidenze, oltre che di prestazioni professionali, dal quale gli uomini sono esclusi. L’immagine della strega che si delinea infatti è di una donna che ha passioni umane che condivide con le amiche e fornisce loro aiuto in cambio di un compenso per mezzo del quale riesce a sopravvivere pur essendo sola; ma ci sono anche numerose donne che praticano attività magiche ad uso esclusivamente domestico. Si intravede un mondo dove le pratiche magiche non costituiscono un evento straordinario, ma una chiave di lettura degli avvenimenti di tutti i giorni, condiviso dai popolani quanto dalle famiglie più abbienti. Infatti la mentalità magica era diffusa in tutte le classi sociali e tutti condividevano un medesimo orizzonte mitico. La malattia stessa viene concepita sia come disordine fisico, del corpo, che come disordine morale: è un evento sociale, pertanto il male si risolve con l’azione rituale e collettiva. Ritualità in cui le guaritrici mettono in gioco sé stesse sia attraverso il corpo che la gestualità.

Altro tema approfondito nel saggio è infatti quello del corpo, considerato il grande protagonista dei riti magici. Come strega la fisicità e la gestualità di Laura sono volte al controllo della realtà negativa che la circonda. C’è sempre un coinvolgimento corporeo nell’azione rituale esplicata da Laura. La strega si scioglie i capelli – oggetto di misure repressive ecclesiastiche in quanto rappresentano il disordine, il selvaggio e sono espressione di una fisicità senza norme e regole, pericolosa e travolgente – e, novella baccante, celebra il rito. La forza simbolica del corpo femminile si esprime in Laura nella performance del rito attraverso la potenza dello sguardo, dei gesti, delle parole che dominano forze misteriose e pericolose. Attraverso il corpo e i gesti rituali, cerca di dominare la sorte, mettendosi fisicamente nel luogo liminale costituito dal camino, luogo di passaggio per eccellenza. E’ importante anche l’uso demiurgico della voce: le streghe e le sibille infatti usano un linguaggio esoterico, poiché il fine di formule ed incantesimi non è quello comunicativo, le parole contano in quanto producono effetti su un soggetto. Spesso si avvalgono anche dell’uso magico della parola scritta che riveste un ruolo importante tra gli strati sociali esclusi dall’alfabetizzazione. Laura stessa è in possesso di libri esoterici che non sa leggere, ma ha in loro una fiducia incrollabile. Il testo scritto, infatti, ha una grande efficacia simbolica che prescinde dalla sua lettura.

Laura e Isabella, quindi, dispongono di un patrimonio conoscitivo empirico, pragmatico, ma per nulla confuso e casuale, dal quale può dipendere la sopravvivenza dell’uomo. Come il mago rinascimentale manipolano l’immaginario, pertanto hanno una profonda conoscenza delle pulsioni umane, capacità di intuizione e penetrazione psicologica. Sono donne colte potremmo dire, si tratta di cultura orale naturalmente, dal momento che la sapienza femminile circola attraverso le parole e non la lingua scritta la cui comprensione è preclusa alla maggior parte delle donne in quanto illetterate.

Ciò che colpisce alla fine è la tenacia, l’ostinazione e la fermezza di questa donna accusata di stregoneria che ha avuto una vita tutto sommato piuttosto avventurosa e che alla fine ha trovato il coraggio di ribellarsi alla sua sorte, stabilita da un ordine sociale patriarcale e rigido che prevede il controllo e la custodia per le donne e che non vede di buon occhio la sua intraprendenza e la sua abilità come “donna d’affari”. Fino alla fine tenta di affermare la sua libertà fuggendo sui tetti dalle guardie che sono venute a prenderla per l’ennesima volta.

Il testo della Romano è originale, interessante e di piacevole lettura soprattutto perché delinea la biografia di una donna/strega e tratteggia per molti versi una figura nuova, diversa rispetto allo stereotipo che siamo abituati a pensare. Tuttavia non approfondisce la condizione delle donne in generale nelle Repubblica di Venezia, pur adottando un punto di vista di genere, ma preferendo soffermarsi sulle vicende delle singole e attenendosi alle fonti documentarie. Un’analisi importante quindi e utile per chi si interessa di storia delle stregoneria ma da mettere in relazione con testi che forniscano una prospettiva d’indagine allargata alla storia della persecuzione antistregonica tout court.