Cinema, Recensioni, “Ragazze la vita trema” di Paola Sangiovanni

by Donatella Massara on dicembre 13, 2009

Tremate ragazze!

Ragazze la vita trema” è un interessante documentario girato da Paola Sangiovanni, già presentato a Venezia nella sezione “Giornate degli autori” e poi proiettato a Roma lo scorso 25 novembre in occasione della giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne.

Affronta un periodo importante delle storia del nostro paese e della storia delle donne in particolare, “un periodo di vita così entusiasmante, rivoluzionario nel vero senso della parola, laddove per tappe ottieni mutamenti, e mutamenti durevoli, che hanno cambiato il volto sia delle nostre vite che del paese in cui vivevamo e in cui viviamo“. Le parole di una delle protagoniste descrivono puntualmente la sensazione che la visione comunica alle/agli spettatori.

Infatti l’autrice attraverso i volti e i racconti di alcune donne che hanno fatto la storia del femminismo romano: Maria Paola Fiorensoli, Liliana Ingargioli, Marina Pivetta e Alessandra Vanzi ricostruisce i fatti salienti di un momento storico caratterizzato da grandi svolte e da un intenso fermento sociale, attraverso un viaggio nella memoria che osserva e ricompone con gli occhi delle protagoniste fatti, eventi, emozioni.

Alle parole delle donne si affiancano immagini di repertorio, l’intento, infatti, è di arrivare dal percorso personale alla narrazione storica, dai racconti delle esperienze di chi ha fatto parte dei movimenti, ai fatti delle Storia che con le loro vite si sono intrecciati.

La vitalità e la forza di quelle giovani donne e di tante altre che con loro non hanno esitato a prendere la parola e scendere in piazza per rivendicare i diritti di tutte, stravolgendo per sempre i ruoli che la società attribuiva loro; la voglia di cambiare lo stato di cose, l’energia e l’entusiasmo che alcune sequenze riescono a trasmettere, è certamente la parte migliore e più appassionante del documentario.

Come una delle sequenze più drammatiche è quella in cui si parla della violenza di cui le donne erano abitualmente vittime, attraverso il doloroso ricordo di una delle narratrici, dello stupro che ha subito ancora adolescente.

Il film, quindi, rievoca attraverso lo sguardo delle intervistate, come si diffondono le idee nuove, la voglia di cambiamento e di stravolgere le regole sociali, i rapporti intergenerazionali e con l’autorità costituita. Tutto ha inizio dapprima nei collettivi universitari, cui le donne partecipavano più come “angeli del ciclostile”, precisa M.P. Fiorensoli, fino ad arrivare ai gruppi di autocoscienza, alla presa di parola delle donne, spesso contro i loro stessi compagni di lotta che pure si stupivano delle loro rivendicazioni, alle manifestazioni separatiste, agli scontri con la polizia, all’occupazione della sede storica delle femministe romane in via del Governo Vecchio.

Tuttavia – precisa la regista – non si tratta di un film sul femminismo, piuttosto sulla passione civile che ha caratterizzato un’epoca e che ha visto cambiare profondamente il nostro paese, sia dal punto di vista sociale che culturale, nel contesto pubblico e privato; è questo che il documentario mette a fuoco e su cui intende soffermarsi.

Il racconto della memoria si dipana intessuto dai ricordi delle quattro donne che così attivamente lo condivisero e parteciparono e si chiude con una lunga e struggente sequenza che rievoca il funerale di Giorgiana Masi sulle note di “Inverno” di De Andrè. Questo inaspettato finale dà l’impressione che a chiudersi sia anche una stagione di rivolgimenti sociali e di conflitti. Effettivamente l’assassinio della Masi fu un punto di svolta che dette il “la” all’epoca delle stragi e del ricorso alla violenza, cosa che finì per gettare un’ombra di sospetto sugli stessi movimenti per i diritti civili e produrre una reazione dura e aggressiva da parte dello stato contro l’opinione pubblica e i cittadini. “E’ come un salto e poi ti tolgono il tappeto” dice Alessandra in una sequenza del film, sembrava di volare verso una vita altra, organizzata secondo altre modalità e relazioni diverse, anche tra i sessi, fino a quando la violenza non ha fatto il suo ingresso nel movimento.

Tuttavia il documentario finisce per sfiorare temi che restano poco approfonditi e il tutto si chiude bruscamente, omettendo alcuni fatti salienti. Si esce dal cinema con l’amaro in bocca con negli occhi ancora le immagini di un finale tagliente, pessimistico e duro che si sofferma sul binomio violenza/Br che, a sua volta, avrebbe prodotto la risposta violenta dello stato e ha generato, quindi, il ritorno nelle case e nel privato di quelle stesse donne che lottarono per ottenere, e con successo, molte delle libertà civili conquistate nel paese.

Di certo con la fine degli anni Settanta termina una fase importante, tuttavia non credo sia questo il senso che le donne intervistate, esponenti di spicco del movimento femminista romano e animatrici di molte delle iniziative organizzate dalla Casa Internazionale delle Donne, avrebbero voluto dare alle loro parole. Mi piace pensare, dal punto di vista di una donna che quegli eventi non ha vissuto per motivi anagrafici, che non di questo si tratta e che la pellicola finisca un po’ per tradire il significato di ciò che pure vorrebbe narrare.

Anche dopo quel lungo periodo di lotte, infatti, il movimento delle donne non si è certo arrestato continuando a rivendicare i diritti di tutte, anche di chi ha scelto di restare in casa, continuando a cambiare le regole di un gioco che tende a voler riprodurre nella società un ruolo di subordinazione per le donne, lasciandole fuori dal potere. E’ continuata la politica delle donne attraverso le relazioni fra noi nei luoghi cha abbiamo creato e ancora esistono, le Librerie delle donne, le Case delle donne,  gli Archivi e le Biblioteche delle donne. La presa di posizione forte non si è certo fermata e anzi, dalle radici di quel movimento, ha preso forma l’occupazione del carcere del Buon pastore che ancora oggi ospita la Casa Internazionale delle Donne di Roma, una “casa per tutte” dove trova spazio la nostra memoria e dove si continuano ad organizzare numerose iniziative di e per le donne. Insomma mi pare di poter a buon diritto affermare che nulla è finito con l’assassinio della Masi, anche se per molti versi è finita un’epoca, si è dato spazio ad altre modalità, è stato necessario trovare altre forme di resistenza, tuttavia la strada del cambiamento e della presa di coscienza di ciò che siamo in quanto donne non si è più lasciata da allora.

Certo, viene da pensare che forse degli errori sono stati commessi se ancora oggi ci troviamo a parlare del corpo mercificato delle donne e dell’idea imperante della donna oggetto.

C’è stato di sicuro, e questo credo sia innegabile, un errore di comunicazione nel passaggio da una generazione all’altra di donne. Le più giovani infatti non sono abbastanza consapevoli del fatto che i diritti che hanno acquisito sono di recente conquista e pur sempre minacciati e alla mercé di un governo oscurantista alleato con i prelati Oltretevere.

Tuttavia mi chiedo come mai le autrici della pellicola hanno scelto di chiosare in questo modo tanti anni di lotta del movimento femminista, dimenticando appunto il periodo che ha portato alla nascita della Casa Internazionale, che è il cuore attivo e pulsante di quel periodo di rivendicazioni! Il femminismo, quindi, era ben lungi dal chiudere la sua stagione, a differenza di come il documentario sembra voler mostrare. Dispiace veder trascurato il fatto che le donne non hanno scelto il silenzio e continuano, seppur tra mille difficoltà, a voler riscrivere la storia attraverso il loro punto di vista, nonostante il trionfo dell’individualismo che ha caratterizzato i ruggenti anni Ottanta e del berlusconismo imperante che contraddistingue la nostra epoca.

Mi sembra importante, comunque, la scelta delle autrici  di proiettare il film nelle scuole e nelle università; già nei titoli di coda c’è una sorta di “passaggio del testimone”, infatti le immagini finali si riferiscono ai volti delle ragazze/i che hanno partecipato al movimento dell’Onda.

A loro il compito di scrivere oggi una storia nuova, pur facendo tesoro ed esercizio di memoria e non dimenticando che ciò che siamo è il frutto di ciò che siamo state/i.