CINEMA, Recensioni. I ragazzi stanno bene, Il cigno nero no.
by Donatella Massara on marzo 29, 2011
Il Cigno nero di Aronofsky è un film che di contributi femminili ha solo le attrici, è stato diretto scritto curato solo da uomini. Eppure a molte donne è piaciuto. E’ piaciuto tantissimo. Con qualche riserva che si legge negli occhi di chi l’ha visto e pare fra sé e sé chiedersi perchè mi è piaciuto? Finora fra le giovani donne che ho intervistato nessuna si è presa in carico la critica almeno contenutistica di questo fumettone di dubbio gusto. Ma quello che sconcerta, me di certo, è che invece per altri film la critica contenutistica da parte di queste stesse ragazze sia stata invece rigidissima. Senza problemi diventano da rifiutare film scritti e diretti da donne che riescono a portare il tema dell’omosessualità nelle grandi sale e fra il grande pubblico, quindi fuori dai circuiti degli scontati festival gay e lesbici. E anche solo per questo sforzo sono ammirevoli, oltre a avere incontrato il mio personale gusto e compiacimento. Leggi The kids are alright (tr. I ragazzi stanno bene) di Lisa Cholodenko. In questo film, la variante personale dell’autrice sul solito copione lesbico, che anch’io non avrei scelto chiamata a scrivere la sceneggiatura, fa vedere che una lesbica, dopo 20 di relazione con la sua compagna, segue l’impulso di fare sesso con il padre biologico e mai visto prima del figlio che ha avuto e allevato con l’altra, la quale, dallo stesso uomo, grazie all’inseminazione, ha avuto una figlia. In questo punto del film alcune hanno visto un errore ideologico: insopportabile. Invece va tutto bene in questo Cigno nero dove la protagonista – Oscar per la migliore interpretazione su cui ci sarebbe assai da discutere – arriva al suicidio per compiacere forse il superio, ammesso che gli autori siano al corrente del concetto. Stando alle battute del film lei cerca la perfezione, e il maestro certo non l’aiuta a vivere meglio e neppure la madre, ex ballerina non altrettanto riuscita ma ancora viva che la vorrebbe avvolgere nella sua ragnatela protettiva per condividere le stesse emozioni, che per la figlia sono invece uniche e assolute.
Insomma se una donna arriva al meglio diciamo che nell’universo dei valori maschili si decide che è meglio liberarsene subito fino da giovane e che lasci il posto a una sostituzione veloce perchè ormai di donne in gamba ce ne sono da fare la fila. La trama, questo gli va riconosciuto decisamente molto chiara, direi quasi ossessiva nella ripetizione del motivo della ricerca di sé nella perfezione, ci mostra quindi questa algida fanciulla, adorata dalla mamma che arriva a fare la prima ballerina nel Lago dei cigni, ma novità delle novità è chiamata a fare entrambe le parti la cigna bianca e quella nera. Il maestro non è mai contento fa bene solo la bianca, le dice, allora lei dopo essere passata per certamente non decisive nuove esperienze, fra cui buttare via i pupazzi che ancora occupavano la sua stanza, non ritenendo risolutivo questo pur arduo passaggio simbolico, che tanto ci ha aiutato a capire la profondità del Cigno nero, sempre più è sconvolta dai gesti di autodistruttività in cui indulge, fino che nel finale della prima, i suoi compagni accorsi a acclamarla, la ritrovano in una pozza di sangue perchè in camerino in un corpo a corpo con i suoi fantasmi si era cacciata un pezzo di specchio nella pancia e così aveva danzato. Morirà ispirata dicendo ho raggiunto la perfezione.
Purtroppo su questa perfezione del film sono perplessa. Non che io sappia alcunchè di danza classica. Ma appunto dico che sarebbe stato bello se ci avessero fatto partecipare veramente al balletto. Del quale invece sappiamo ben poco. Ci è dato vedere, infatti, molti primi piani della Natalie Portman che sbatte le ali, quindi sentire il maestro Vincent Cassel, quasi sempre arrabbiato, che le richiede ossessivamente di abbandonare se stessa per entrare veramente nella parte della cigna nera, e quei pochi passi di danza che vediamo sono presi a distanza perchè appunto solo per i primi piani di collo, braccia e volto è stato possibile all’attrice protagonista impersonare la ballerina Nina. Nelle altre scene a corpo intero è stata utilizzata una vera ballerina classica con 25 anni di esperienza che ha protestato per non essere stata neanche ringraziata, al momento del rito del premio, quando la Portman ha ringraziato tutti. Insomma noi poveri spettatori da sala cinematografica Il lago dei cigni lo vediamo solo nei suoi risvolti oscuri, diventato non più che una metafora. Ma di che ? La morale della storia è che se una giovane donna vuole essere veramente brava in arti che chiedono un impegno artistico, rischia grosso, prima di andare fuori di testa e poi di andare dritta verso il suicidio, come altre prima di lei. Era proprio quello di cui avevamo bisogno per sentirci meglio davanti al nostro televisore dove sono sicura che – volendo, con qualche lezione – mi farebbero ballare.