Politica delle donne, Teatro: Green Spell regia di Francesca Contini

by Donatella Massara on marzo 24, 2014

Il testo drammaturgico “Green Spell” è stato scritto da Christian Del Monte, su soggetto di Francesca Contini, regista e attrice dello spettacolo con Massimiliano Toffalori. Ho assistito lunedì 24 marzo alla sua prima rappresentazione su inviti negli spazi dell’Associazione Apriti cielo! a Milano.

 

 

La protagonista, nata nel 1934 e morta di pazzia nel 1982, di sè ha lasciato poco, una poesia, Green Spell, lettere molte e lettere felici di un tour in America di sette mesi, e gli appunti quasi illeggibili del suo ultimo anno di vita quando le fu diagnosticata la schizofrenia, con cui può darsi avesse convissuto tutto la vita. Marianne Franziska Lask è la figlia di Dora Diamant e di un padre, il signor Lask, mai conosciuto da lei se non negli ultimi anni della sua vita. Chi invece conobbe, perchè ingombrò per sempre la sua esistenza, anche se era morto dieci anni prima che lei nascesse, fu Franz Kafka, primo compagno di sua madre, mai dimenticato da lei e morto dopo meno di un anno dal loro effettivamente straordinario incontro d’amore. Stranamente Marianne a Kafka, dicono che somigli, e con lui condivide la vita, fino dall’infanzia, insieme alla madre abitanti, due donne sole, in quella “notte nera” che era la loro casa a Londra. Così la descrisse Robert Walser andando a visitare Dora per parlare di Kafka. Il testo teatrale tuttavia non racconta niente di questa vicenda. Marianne si esibisce attraverso il delirio con le sue tante voci, interferenze, sonorità, passando per la sofferenza di un disordine che la sconvolge ma di cui si serve per farci vedere che cosa può essere una persona, quando si è perso tutto ciò che è riferibile. E della sua comunicazione solo le impressioni sono riferibili, i contenuti sfumano, le parole hanno pochi punti fermi, detti quando sono sicure che ci arriveranno dritto nel cuore. E’ una storia poco chiara ma che obbliga la nostra mente a capire che cosa può essere capitato a tutti questi personaggi che parlano attraverso il monologo sconnesso di Marianne. Occorre accettare questo confronto scomodo con quello che lei, la protagonista, ci dice, passando per un testo dove la sua presenza c’è per avere messo mano noi, contemporanei, distanti da lei, ma evidentemente, non così tanto da non essere chiamati a chiederci come avremmo potuto essere al suo posto. Certo distante è anche Francesca Contini ma un’attrazione l’ha tenuta calamitata verso Marianne, un personaggio minore che ci porta a guardare in faccia direttamente a chi siamo, per trovare delle coordinate che ci permettano di capire. E così questo spettacolo, tagliando via la possibilità di confonderci con un testo storico, magari riabilitante di una donna di cui si è persa memoria, impone invece di entrare in scena con quello che c’è nel presente. Il pubblico partecipa con i suoi sentimenti e pensieri, le sue fantasie e emozioni, accompagnando la regista e attrice, Francesca Contini e alla fine si rasserena con Massimiliano Toffalori, che ritorna in scena, rompendo il muro di solitudine della protagonista che ha avvolto anche noi spettatori.