POLITICA DELLE DONNE, Testi. Storia di famiglia: la Trilogia Lehman

by Donatella Massara on febbraio 22, 2015

 

Ieri ho visto a teatro la prima parte della Lehman Trilogy diretta da Luca Ronconi. Ne parlo qui perchè il lavoro – l’ultimo – di Ronconi è veramente eccezionale. Il testo è di un giovane autore Stefano Massini, che già l’aveva rappresentata, con successo, in Francia. E’ la storia della famiglia Lehman, grandi capitalisti ora più che celebri dopo avere fatto fallire una delle quattro banche più importanti degli USA.

L’inizio è l’arrivo da un paese della Baviera, di un poco più che ventenne Henry Lehman, nato nel 1822, ebreo che sbarca a NY con una valigia e fra un “baruch ha shem” e l’altro finisce nell’Alabama con un negozio di stoffe, abiti e attrezzi da lavoro; raggiunto dagli altri due fratelli lo spaccio diventa Lehman Brothers. Il racconto prosegue verso il commercio del cotone grezzo, prosegue dopo la guerra di indipendenza che fa nascere la Bank of Alabama nel 1850, per ricostruire il sud, prestando i soldi concessi dallo stato e prosegue con il trasferimento a NY dei due fratelli rimasti, la nascita della Borsa e l’investimento dei capitali Lehman nelle Ferrovie. La Banca Lehman è, ora, sotto la direzione del figlio di Emmanuel Lehman, Philip. Fine della prima parte nel 1897, anno della morte del terzo fratello Lehman, Meyer.
Due ore e mezza di spettacolo teatrale che hanno il ritmo di un film conservando la capacità del teatro di creare, quando è un buon teatro, la fascinazione di un’esperienza non illusoria. Perchè ne parlo qui? Questo è uno spettacolo tutto maschile, gli attori sono tutti uomini, eccezionalmente bravi, solo due donne fanno la comparsa in scena, senza dire una parola. Primo: questa narrazione di una storia di famiglia ha pochissimo di storico, giusto i nomi, le date, i fatti ma è ostentatamente inventata, creata per simulare sul palco lo svolgersi degli eventi temporali, per fare capire come potrebbe essere andata. Racconto efficace, molto. Ma è proprio questa invenzione che lascia agli uomini tutto lo spazio a ricordare i racconti di famiglia, con l’imprecisione che hanno, le sintesi rapide, l’assenza di tutti personaggi che contano, i vuoti di memoria, perchè a volte sono solo gli eventi, come fossero stati voluti dal destino, a contare. E che non ci siano le donne, qui non ha nessuna importanza. Meglio, viceversa incrocerebbero fantasie maschili che non servirebbero a raccontarne la storia, quella vera. Questa è una storia senza eroi, gli esseri che la interpretano sono mossi da qualcosa che non sanno neppure bene che cosa sia, è la mano invisibile del capitale, forse, come diceva Adam Smith. E’ la storia di come siamo arrivati al nostro presente contemporaneo. Secondo motivo per cui la racconto qui è che la storia di famiglia era uno dei sogni letterari di quella grandissima poeta che è stata Antonia Pozzi. Prima di uccidersi aveva in mente di scrivere un romanzo per raccontare la storia delle donne della sua famiglia. Le lombarde forti che erano state le sue antenate, come la sua amatissima nonna Nena donne che, probabilmente insieme agli uomini, avevano guidato la grande proprietà terriera di Bereguardo. E quindi non mi è estranea.