LIBRI, Recensioni,Odile Ayral-Clause, “Camille Claudel”, Castelvecchi, 2013

by Donatella Massara on febbraio 26, 2015

 

Camille Claudel, artista precocissima fino da bambina usava la creta per creare forme. Divenne una grandissima scultrice. Oggi è riconosciuta. Spirito molto libero, arrogante, bellissima, riesce a studiare scultura sostenuta dal padre – la madre non la capì mai – dicono -. Lui accettò il sacrificio di trasferire la famiglia a Parigi per fare studiare lei e suo fratello Paul. Erano entrambi molto dotati. Fu la giovane amante di Rodin, suo maestro, che disse “Le ho mostrato dove trovare l’oro, ma l’oro che lei trova le appartiene”. L’abbandono fu per lei un taglio inesorabile. Anche se fu lei a lasciarlo, non avendo lui voluto sposarsi. Si mise in proprio, aprì il proprio atelier, ma con gli anni si accorse che il suo splendido lavoro non aveva il credito che aveva sperato. Come donna scultrice creava diffidenza.

C’era chi sospettava che copiasse Rodin, se non che fosse lui a fare i suoi lavori! Si ritrovò a poco poco senza soldi, con poca salute, e con scarsa considerazione e scivolò in una vita da bohemien a oltranza, stava chiusa in casa in mezzo ai calcinacci della usa opera che andava distruggendo. Alla morte del padre, la famiglia  ovvero sua madre, la sorella e il fratello – con grande paura dello scandalo- di ricoverarla in manicomio. Era otto anni che non scolpiva più ata l’8,12,1864 dal 1913 entra in manicomio e muore trentanni dopo a settantanove anni nel 1943. Ho letto in contemporanea due biografie che segnalano la distanza di anni in cui sono state scritte. La prima di Reine-Marie Paris esce in Italia nel 1989 prima edizione in lingua originale per Gallimard nel 1984. Vuole ridare a Camille tutto il suo valore ma di fronte all”opera frammentaria della scultrice molto diversa dalle opere dei grandi artisti maschi tutte organizzate, conservate e inserite nella storia dell’arte è esitante, non riesce pienamente a vederla fuori dal rapporto con Rodin e dalla sua complessa ‘colpa originale’ di essere una donna fuori dal suo tempo. “Se ella potè tanto soffrire per un uomo, non è la prova che fu eccessivamente donna?” così si chiede a pag 3 dell’Introduzione. La seconda biografia di Odile Ayral-Clause esce nel 2013 nel 2008 in lingua originale francese. L’autrice è forte dei risultati storiografici raggiunti, tiene fermo lo sguardo sui fatti e non a caso apre il suo studio con una fotografia, inaspettata, sono ritratte lei e l’amica Jesse con cui aveva condiviso per anni l’atelier. Jesse non l’ha mai abbandonata, si scrivono negli anni dell’internamento di Camille. E’ sposata con quattro figli quando va a trovarla nel manicomio di Montdevergues nel 1929. Camille ha uno sguardo non più altero come un tempo ma “di triste e dignitosa dolcezza”. Scrisse a un amico “Sono sprofondata in un abisso, vivo in un mondo così curioso, cosi’ strano. Del sogno che è stata la mia vita, questo è l’incubo.” (Odile Ayral-Clause pag.9-10).

 

 

Molti uomini si sono occupati di lei. Il primo che raccoglie la documentazione è stato Jacques Cassar, uno storico, morto prima di finire la ricerca pubblicata in “Dossier Camille Claudel”, Séguier, 1987. A quanto vedo scorrendo la bibliografia di Odile Ayral-Clause un iniziale incontro a tu per tu con la storia di Camille Claudel, dopo la sua morte, è stata una trasmissione per la Radio Télévision Francaise estratta dal Fondo Paul Claudel di Henry Asselin del 1956 intitolata “La vie douloureuse de Camille Claudel”

Aggiungo qualcosa sulla fine di Camille Claudel e sulla sua famiglia “Anche Paul Claudel, fratello minore di Camille scrisse della sorella e le dedicò delle bellissime critiche. Si dispiaceva, però, che davanti al dolore era come paralizzato. Paul Claudel oltre a essere drammaturgo scrittore e cattolico fervente di lavoro era un diplomatico quindi girava l’orbe, prima console poi ambasciatore, tuttavia anche dopo la carriera e avere acquistato un castello dove trasferì la famiglia, la sorella in manicomio lasciò. Ogni due o tre anni andava a trovarla, quando tornava dai suoi viaggi. Per lei era il “suo piccolo Paul”. Le critiche dicono che alcune protagoniste dei drammi di Claudel sono chiaramente ispirate a sua sorella. Molto dolore ma fatti non molti. Sulla salma: Camille venne seppellita in una fossa in terra del cimitero di Montdevergues, il manicomio dove aveva vissuto. E il fratello mandò dei soldi per dire delle messe. Cinque anni dopo dice Odile Ayral-Clause “pensò di fare trasferire i resti della sorella per trasferirli in una tomba più degna” il curato di Montfavet, il luogo dove c’era il manicomio, gli spiegò come fare, era un procedimento molto costoso. La risposta di Paul non c’è più però in fondo alla lettera del curato c’è un appunto di lui che dice di inviare dei soldi per fare dire delle messe a Camille. E non tornò più sull’argomento. “Fu suo figlio Pierre nel 1962, sette anni dopo la morte di Paul, che si informò sulla possibilità di trasferire i resti di Camille nel suo villaggio natale perchè fossero inumati nella tomba di famiglia”. Nel frattempo il cimitero aveva ripreso quel terreno dove c’era la sepoltura di Camille e portò le sue ossa nella fossa comune. Quindi era impossibile ridarle una sepoltura. Commenta la biografa “E’ difficile perdonare a Paul la sua negligenza. Nell’inviare una bella somma di denaro al curato perchè dicesse delle messe alla memoria di Camille, sembrava agire da buon cristiano, preoccupandosi più dell’anima della defunta che del suo corpo. Tuttavia, mentre decideva di non dare una nuova sepoltura alla sorella, ebbe invece molta cura nello scegliere il luogo preciso della sua tomba.” Quindi i suoi ammiratori si raccolgono davanti al suo nobile sepolcro. Invece per la sorella “A Villeneuve una modesta targa ricorda ai visitatori curiosi che lì, un tempo, visse Camille Claudel, ma i resti del suo corpo sono tuttora in esilio, a pochi passi dal luogo dove è stata sequestrata per trentanni” (citazioni da Odile Ayral-Clause, “Camille Claudel”, Castelvecchi, 2013)

 

 

Ricorda Patrizia Bonini Mingori che “A Camille Claudel Sandro Parmiggiani, curatore di una mostra a Palazzo Magnani di Reggio Emilia che portava il suo nome(2003) dedica righe che colgono la sua straordinaria abilita’ di scultrice , in particolare sulla sua opera LA VALSE” . Scrive Parmiggiani che cio’ che sembro’ interessarla ” fu la possibilita’ di dare l’idea , attraverso la materia , di un movimento che non puo’ essere arrestato , di una durata che ha avuto un prima e che avra’ un dopo , e che dunque e’ destinata ad animarsi, a vivere di altri momenti . In fondo , andando oltre i limiti della materia , Camille ando’ oltre i limiti del corpo; partendo dalla tradizione , le sue sculture paiono volerne smontare e sostituire il meccanismo , per costruirne un altro che sappia dire di piu’ e in modo diverso. Davanti a La VALSE SENTIAMO DI CONTEMPLARE QUALCOSA CHE E’ simile a un brandello di vita, a una materia che ha imprigionato dentro di se’ tutta la vitalita’ dell’esistere , cosi’ che ancora possiede la capacita’ di muoversi, di roteare dentro il tempo, facendosi dunque tempo “( pag 14 del catalogo).”La sua opera più nota è

“La Valse”.


Ecco qui in fotografia l’esemplare in bronzo dorato firmato C.Claudel piccolo modello collezione Eugene Blot. Di quest’opera ci sono altri esemplari in diversi materiali. Nella prima versione i corpi di lei e lui che danzano erano completamente nudi. L’opera suscitò l’attenzione ammirata ma scandalizzata per il “violento realismo che essa sprigiona che le impedisce, malgrado l’incontestabile valore, di occupare un posto in una galleria aperta al pubblico” così si era espresso l’ispettore Dayot mandato dal Ministero delle Belle Arti per giudicare la scultura. Le domandarono di vestire l’opera per darle la commissione della versione in marmo. Lei accetto’ ma per il direttore delle Belle arti non era abbastanza decente. L’opera in marmo non ci fu. Scrive Odile Ayral Clause “quando Camille scelse di rappresentare l’ebbrezza sessuale varco’ una soglia proibita alle donne e la sua scultura divenne inaccettabile.