Donne e conoscenza storica
         

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Film di storia

In Rete:
Il film e la regista al
Festival Intern delle donne
di Torino, 1998

 

Sous les pieds des femmes, di Rachida Krim, Francia 1997, 35 mm, col., 85' - interpreti: Claudia Cardinale, Fejiria Deliba, Nadia Farès, Mohamad Bakri, Yorgo Voyagis, Hamid Tassili, Carim Messalti, Bernadette Lafont.

di Donatella Massara

Il cinema è una faccenda di mitizzazione. E ci sarebbe da perdersi dietro al 'camp', alle 'dive', e via dicendo. Se le donne non sono mai mitiche, per alcuni uomini, quando la loro attività richiede: corpo, testa, padronanza della situazione, prova è la recensione cattiva che ha riscosso questo film di una giovane regista algerina. Esordisce il critico di Expanded Cinemah: <<[…] , girare un film sull'Algeria in Francia e farlo recitare in francese da un cast che comprende anche Claudia Cardinale (?!), può aiutare non poco a vendere il film in Francia e, di lì, magari in Europa.>>

Il film non è piaciuto moltissimo neppure a me, però siccome mi piace che le donne si mettano in gioco vorrei riconsiderare il film e altri punti di vista che la critica al film non ha avvertito. Anzitutto, come altri, visti alla rassegna Sguardi Altrove-2002, mi ha fatto riflettere sulla diversità d'ispirazione che c'è fra occidente e altre parti del mondo.

Le donne di altri paesi danno, attraverso lo sguardo del cinema femminile, una pienezza soggettiva, una completezza di riferimento alle altre donne che si fa fatica a trovare uguale nei paesi occidentali.
Ripenso a Rosa L. di Margarethe Von Trotta dedicato a Rosa Luxemburg e a Ho sparato a Andy Wharol di Mary Harron dedicato a Valerie Solanas o Un angelo alla mia tavola di Jane Campion dedicato a Janet Frame. Per farsene un'idea propria, di questo incontro fra le registe e la storia delle donne, è sufficiente visitare il repertorio di videocassette al sito dell'Associazione Lucrezia Marinelli e contare i film soggettati sotto la voce Donne celebri e Genealogia.

Le registe delle altre metà del mondo - a mio parere - si spendono molto sulla genealogia e non risparmiano protagoniste al centro della scena, fino a scegliersi un'attrice come Claudia Cardinale e collocarla a fianco di attori di minore prestigio chiamati a recitare il ruolo di uomini deludenti. C'è un femminismo nei film delle registe non europee che osa mettere in primo piano le donne, lasciando ai maschi le retrovie e facendo esistere solide relazioni fra donne. E' fin troppo ovvio che tale attenzione alle donne sia il risultato di una separatezza dei sessi che non c'è in occidente? E' un femminismo che plana sulla parità dei sessi conclusasi in Europa? Oppure è una scelta consapevole per creare genealogia e soggettività delle donne?

La mia risposta è che Sous les pieds des femmes, piace molto alle femministe. Anche se nel film franco-algerino non c'è ricerca sulla storia delle donne, alcune sentono che è debito pagato alla maternità simbolica, rivolta a madri 'femministe' della nostra storia più vicina. C'è una dedizione che piace, gratifica, come un riconoscimento, un risarcimento generico ma convincente.
E' diverso il film dell'iraniana Milani che invece sa fare breccia sul bisogno femminile di individuarci, di portare la soggettività al servizio della storia raggiungibile e spendibile: oltre gli stereotipi fallici sulle donne.

Sous les pieds des femmes di Rachida Krim racconta la storia di Aya, algerina in Francia con il marito dell'FLN e due bambine. Le prime immagini della protagonista la riprendono in età matura, è Claudia Cardinale l'interprete. Bella ed elegante la signora franco-algerina riceve nella sua lussuosa casa l'ex amante, amico del marito, ritornato in Francia dopo trentanni per mettersi in salvo dagli integralisti islamici. L'uomo è stato un capo della resistenza e con il ricordo Aya - un'attrice più giovane - riporta i suoi 22 anni: lei ha un marito, scelto dalla famiglia, parla poco, porta le trecce, si occupa della casa. Con la mente ritorna, turbata, anzitutto alla spietata uccisione di una coppia, un uomo e una donna, amici comuni, uccisi dagli stessi compagni con l'accusa di avere tradito la legge islamica. Siamo nel 1958 quando in Francia e in Algeria si sta organizzando la resistenza al colonialismo francese che porterà all'indipendenza algerina. Nel frattempo anche il cinema algerino cresce con la sua storia di colonialismo e di ricerca nelle origini arabe. Aya porta il caffè al marito e ai suoi compagni. Non parla e non ha alcun ruolo. L'uomo decide di arruolare Aya nelle fila della resistenza perché mancano staffette. E Aya ubbidisce come ha ubbidito il marito alla richiesta del partito. Non si tira indietro davanti a niente: lascia le figlie, e nella attività clandestina va ad ammazzare un uomo per ordine politico. Il marito è nascosto, questa militanza senza amore e nella solitudine le crolla addosso. Chiederà all'altro l'amore e di smetterla con l'altera freddezza. L'altro non ne vedeva l'ora e le promette di tornare in Algeria, sposarsi, allevare le figlie della donna, altri figli e una grande casa nella campagna. Sono separati dalla guerra e Aya si ritrova con i tre figli, il marito, una nipotina. Una donna che ha subito l'essere confinata, vissuto violenza e libertà e che diffida delle promesse della politica. Non crede più nelle idee ma solo nel rispetto verso le donne, le madri del mondo. Se sotto i piedi delle donne - come dice il detto arabo - ci sono le lacrime, Aya chiede che cosa c'è sopra. E l'uomo quando si rivedono e si lasciano per sempre può ora risponderle: sopra i piedi delle donne c'è la verità.Si legge nella presentazione del Festival << il film rappresenta un documento indicativo del ruolo che le donne algerine hanno avuto - e hanno tuttora - nella liberazione e nel processo di evoluzione del loro paese.>> Anche in questo film il filone della critica al comunismo e alla politica alimenta la filosofia della vicenda, presente nei film delle registe e non solo di questi anni. Penso all'intreccio biografico con la politica comunista ungherese di una porzione filmografica di Marta Meszaròs.