vedi anche: Mamma
fa la puttana di Elisabeth Lequeret in Cahiers
du Cinema dicembre 2004 a: recensione a Mon
Trésor, regia di Keren Yedaya, 2004, Israele Stralci
e traduzione di Giulia Cohen Le
cinema israelien et les Autres Mon tresor di Keren
Yedaya, Prendere moglie di Ronit e Shlomo Elkabetz (Avanim
di Raphael Nadjari) di Ariel Schweitzer alla sezione
Repliques di
Cahiers du Cinema
janvier, 2005 Keren
Yedaya a Cannes 2004
link all'articolo (in inglese)
Sguardi
Altrove 2005 programma,
introduzione e recensioni In rete: Prix
Camera d'Or First best Film - Cannes |
Il film non
è stato di unanime gradimento fra le donne. Me l'aspettavo. A alcune donne
non piacciono i films -anche se a regia femminile- che mettono allo scoperto i
drammi della storia delle donne. Chissà se la nazionalità dell'autrice
non incrementa, inoltre, la scarsa disponibilità, magari inconscia, verso
questa nazione piccola, ingombrante e travagliata. Non le si perdona nè
l'autocelebrazione che a quanto spiega un bell'articolo di Ariel
Schweitzer sui Cahiers du Cinema, non le riesce più come un
tempo, nè la rappresentazione di sè al livello vicino allo zero
dell'autostima. Le donne si sono riconosciute nel giudizio di Elisabeth
Lequeret sempre sui Cahiers du Cinema <<Cosi, anche la prostituzione
della madre sembra piu che un modo di ottenere denaro una compulsione, una vera
dipendenza che il film evidenzia con le mosse di rettile di Ruthie verso la porta.
L'aria della strada mostra una donna dal cervello vuoto capace solo di soggiacere
all'imperativo di aprire le gambe.>>
Il
film è di alto livello e lo terrei vicino ai grandi film visti in questa
rassegna milanese, il film tunisino di M.Tlatli e quello francese di E.Faucher.
Sono film importanti che possono fare discutere, e inoltre sono belli. Belli perchè
attori e attrici sono brave e scelte con appropriatezza, la recitazione indica
coerenza, energia e la determinatezza della regia, la fotografia è ricercata,
l'illuminazione fa capire che c'è una ricerca che differenzia documentario
e fiction, messa in scena e trucco non affettano mai improvvisazione, nè
si affidano alla compiacenza delle spettatrici. Chi come me segue i film delle
donne, si ricorda che negli anni '80 si vedevano film 'artistici' e solipsistici
dalla recitazione non giocosamente tentata ma proprio mal improvvisata eppure,
allora, questi films non temevano di essere confusi con le riprese dell'Isola
dei famosi. Or,
Mon Tresor, è stato addirittura premiato a Cannes, e la regista
ha dedicato il suo premio al popolo palestinese (chi l'avrebbe detto ?!). In
Francia il film ha avuto un grande successo.
Non sono d'accordo con la
lettura della madre che ne dà i Cahiers. Ho visto in questo film
una critica della società che tiene ai suoi confini bassi chi, in altre
condizioni, non farebbe lo stesso quello che fa. Il finale di Or che entra nella
casa dei festini per 1000 shekel, guarda - oltre la villa e i suoi abitanti -
alla macchina sociale. C'è un'accusa fredda alla società, ma pur
sempre razionale e calcolatrice e fa pensare dove e quando per tutte e due avrebbe
potuto esserci il meglio. Perchè le donne fanno finta di non sentire Ruth
se dice che non ha i soldi per pagare l'affitto ed è piena di debiti ?
Improvvisamente nei giudizi femminili quelle condizioni 'oggettive' sia alte che
basse, sia economiche che affette con la differenza sessuale, che spiegano quasi
sempre e quasi tutto - il terrorismo, la pedofilia, gli omidici, i furti, e la
violenza - sono sparite all'orizzonte. A nessuna viene in mente che se a Or qualcuno
avesse proposto di fare la giornalista probabilmente lo avrebbe preferito al lavoro
di sua madre. Che
le donne abbiano condizioni economiche faticosamente conquistate non dovrebbe
irrigidire a giudicare l'altra perchè soddisfa i desideri maschili di accorciarsi
le strade della comunicazione, garante una pratica sessuale a pagamento. Il
film invece ha questo merito non giudica le donne nè fa sentire la pietà
esibita per quella condizione di deprivazione. Ci fa anche vedere con una studiata
regia e tecnica di ripresa come la casa - gli interni - sono il cuore della vita
di queste due donne; stanze disordinatissime, piene di oggetti ammonticchiati
e assemblati con pezzi di cibo e di vestiario, il bagno, dove ci si lava di frequente,
magari lavando la biancheria con la stessa acqua con cui ci si sta facendo la
doccia. In questi interni le due donne si riparano, si riposano, si confortano,
si divertono. Per mantenere questa casa la ragazza si prostituisce per la prima
volta. |