America Ferrera,
Ana, la protagonista di Le donne
vere hanno le curve con Lupe Ontiveros e Ingrid Oliu
In rete:
Trama del film e
biografia della regista, della sceneggiatrice e delle protagoniste nel
pressbook
(annullare l'autenticazione)
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Un
film e la filosofia: Le
donne vere hanno le curve di Patricia Cardoso
di Donatella Massara
Il corpo femminile
nella filosofia esiste? Il mito dell'ermafrodito ci fa vedere
qualcosa del corpo femminle, è vero. Platone lo descrive nel
Simposio raccontandoci che una volta i corpi erano uniti insieme
maschili e femminili poi sono stati divisi così che la metà
maschile va alla ricerca di quella femminile e a volte ci sono metà
femminili che cercano la propria metà uguale e femminile e
così è anche per i maschi. Questa unità che sfuma
le caratteristiche dei corpi in una rappresentazione concettuale,
ci illude della presenza del corpo femminile nella filosofia.
In realtà se nella mia memoria mi accompagnano i piedi e le
gambe ormai fredde di Socrate che sta morendo nell'Apologia perchè
lo stato ateniese l'ha condannato alla pena capitale, non c'è,
a bilanciare questa verità, un grembo accogliente che abbia
confortato 'il filosofo'.
La materia di Aristotele e le sue qualità aprono spazio alle
donne, ma il sangue femminile, nella mente dello scienziato filosofo,
figlio del medico, si organizza in uno spazio gerarchico, ed è
subordinato alla materia maschile. I fluidi sono riplasmati in concetti
ordinati.
Eppure la madre di Socrate che faceva nascere i bambini suggerisce
ed evoca il corpo femminile, l'idea di una nascita e di un divenire
che è la vita medesima si associa alla professione di levatrice,
quindi Socrate se ne appropria per dire che conosce la maieutica nei
giovani fa balzellare le idee come sua madre stava davanti alla madre
e assisteva la nascita della creatura.
Nella filosofia il corpo di una donna vestita-spogliata seducente,
erotica, materna, provetta danzatrice o acrobata, non abita nè
la filosofia antica e nè quella moderna quando alla materia-natura-movimento,
inclusi bei corpi dei giovanetti che spiattellano l'origine omosessuale
del pensiero maschile, si sostituisce l'idea della materia come oggetto
di misura e di osservazione. Nella filosofia contemporanea il corpo
femminile che potrebbe fare il suo ingresso libero è di nuovo
sorprendentemente escluso, anche in autori spregiudicati e in pensatrici
libere. In pensatori attenti alle cose sociali, come Fichte, ci avviciniamo
nella filosofia del diritto a una partner naturalmente passiva. Questo
filosofo è stato uno straordinario studioso e uno studente
povero, fruitore di borsa di studio quando ancora non esisteva. E'
in Fichte che troviamo scritto chiaro che le donne non hanno il godimento
sessuale. E così il corpo femminile entra in scena per sparire,
per confondersi con le intuizioni solitarie del filosofo oratore,
del politico ipernazionalista.
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Certo che i corpi
entrano nella filosofia dell'arte, nell'estetica. Ma io sto inventariando
quei corpi che entrano nel pensiero con la stessa forza incidente
delle gambe di Socrate. Fanno il loro ingresso nella filosofia le
orecchie di Spinoza che nell'Etica cita, a segno di affezione
negativa, la chiacchiera femminile. I grandi pensatori del corpo:
Nietzsche e Schopenhauer in realtà non hanno scritto niente
che autorizzi il corpo femminile a entrare nel loro pensiero. Il corpo
di Hobbes che capta materialisticamente odori, sapori, sensazioni
ed è depositario della conoscenza sensibile ci dimostra che
nella filosofia il corpo maschile è astratto. Chissà
perchè dal corpo femminile che dovrebbe ispirare il pensiero
filosofico - secondo la tradizione che conosciamo - i filosofi non
hanno preso alcun segno. Mi viene l'idea che le donne abbiano portato
nella relazione con l'uomo molti più segni della mente che
del corpo e abbiano offerto problemi conoscitivi ai filosofi più
di quanto non sappiamo. Quindi, non è certo il pensiero delle
donne che non ha lasciato traccia nella scrittura filosofica !
L'assenza della dialettica dei sessi nella filosofia, tuttavia, obbliga
a formare menti maschili inventandosi un luogo d'origine sconveniente,
e insieme a questo fraintendimento dell'inizio di sè, ogni
origine sfiora l'evasione consentita ed è obbligata all'evasività.
Non alla filosofia dunque ma al cinema e all'arte il corpo femminile
ispira e produce presenza simbolica. Per esempio lo si vede in Diario
del corpo di Anna D'Elia. Questo libro l'ho conosciuto attraverso
Clelia Pallotta, un resoconto dell'incontro di presentazione del libro
avvenuto al Circolo della Rosa è di Serena Fuart e sta in http://www.libreriadelledonne.it/news/articoli/circolo301102.doc
Le donne vere hanno le curve è
un film di Patricia Cardoso (USA 2002, 90'); fate attenzione se lo
andate a vedere che è di questo corpo femminile assente nella
storia della filosofia che si parla, di un corpo che nella nostra
cultura del pensiero non ha testo. Questo corpo femminile senza abbellimenti
e artifici erotici con semplicità sconcertante e un'onestà
che troppo facilmente si rivelerà noiosa e lenta irrompe su
una scena della differenza sessuale che porta oltre il film. La storia
percorre una trama elementare eppure molto vitale che non sarà
difficile riconoscere nelle stesse storie delle donne che l'hanno
inventato. Parlo della regista, di Jennifer Lopez, autrice del testo
teatrale d'origine, cosceneggiatrice e delle attrici che hanno interpretato
la pellicola. L'ambiente del film è quello latino-americano
di Los Angeles, i corpi delle protagoniste sono grassi e le relazioni
fra donne sono volentieri intergenerazionali, è un teatro che
innesca scontri fra madre e figlia. E questi sono corpi che faticano
e irritano perchè sudano e fantasticano. E' il corpo della
madre a fare sognare la maternità mentre arriva la menopausa
e quello della figlia che con rabbia ci si scontra, un corpo grasso
di figlia che la madre, a sua volta, non perde occasione di criticare
e umiliare, in uno scambio molto, molto femminile e femminista di
odi e amori senza stacco che sono così reali, più che
reali che nessuna psicologia occorre per capirli.
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