Donne e conoscenza storica
     

Nella fotografia la regista con l'attore Ennio Fantastichini sul set di Caldo Soffocante

Giovanna Gagliardo

E' una delle autrici che hanno esplorato con più sensibilità la psiche femminile e il ruolo della donna nella società. Si avvicina al cinema in qualità di sceneggiatrice e aiuto-regista del celebre cineasta Miklòs Jancsò, in particolare per La pacifista (1971), satira di costume a sfondo politico, interpretato da Monica Vitti; Roma rivuole Cesare (1972), sorta di peplum antiautoritario e infine Vizi privati, pubbliche virtù (1977), lettura eroica del delitto di Mayerling che valse a lei e al regista una condanna per oscenità.

Esordisce alla regia nel 1977 con Maternale, lettura psicologica e simbolica della relazione madre-figlia, basata sulle teorie della psicologa Luce Irigaray. Nel 1983 gira il thriller Via degli specchi e, molti anni dopo, torna dietro l'obiettivo con Caldo soffocante (1991), altro thriller ambientato nella torrida Roma dei Mondiali del 1990. Si dedica brillantemente al documentario e, dopo Viva l'Italia (1994) e Che colpa abbiamo noi (1997), nell'edizione 2004 della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia presenta Bellissime, un'indimenticabile galleria di donne forti della società (e del cinema italiano) dal dopoguerra agli anni del boom, film del quale sta preparando la seconda parte (che dagli anni Sessanta giungerà fino ai nostri giorni)

Parla Giovanna Gagliardo

La scheda personale

<<Vengo dal giornalismo, poi una decina d'anni fa ho cominciato a fare sceneggiature, conoscevo uno sceneggiatore che aveva tanto lavoro ... e da questo lavoro nero per lui è iniziata la mia attività nel cinema. Poi, nel '70 ho scritto un soggetto che mi piaceva molto, non volevo darlo a chiunque e ho pensato di proporlo a Miklos. da questo incontro professionale è nato in pratica un matrimonio, che se da un lato è stravagante, dall'altro è molto classico. ero un po' la femme d'artiste, scrivevamo insieme i film, in modo anomalo se vuoi, perchè io avevo un ruolo più organizzativo, cioè ero quella che telefonava ai produttori, prendevo appuntamenti... In quegli anni ho lasciato cadere il mio rapporto con il giornalismo, sia il lavoro con altri. Avevo la sensazione di essere più risolta di prima, più realizzata, in realtà esteriormente apparivo come la donna che non lavorava più, la "donna di". e su questo rapporto, che nel chiuso di una stanza funzionava molto bene e appena si apriva la porta non funzionava più, si è innestato il femminismo. Il mio rapporto con Miklos è entrato in crisi quando ho cominciato a lavorare per conto mio. Finchè lavoravamo insieme, il film era come la creatura, il figlio, ma nel momento in cui il mio lavoro escludeva lui, lavorando per conto mio avevo bisogno di stare per conto mio, abbiamo in pratica rotto un equilibrio>>
(L'autocoscienza si fa immagine colloquio con G.G. - di Silvia Costantini e M.Grazia Mostra,
EFFE marzo 1979)

Maternale

<<Sono stata molto vicina al movimento femminista, ho fatto l'esperienza dei piccoli gruppi di autocoscienza, un collettivo sul cinema.
Nel mio primo film, credo che questo doppio binario sia abbastanza visibile: da un lato c'è la volontà, il bisogno di professionismo acquisito durante le mie passate esperienze di lavoro, dall'altro c'è il desiderio di riflettere su alcuni temi vissuti in questi anni di femminismo>>
(G.G. Maternale con una lettura di Luce Irigaray, Edizioni delle donne, 1978 pag. 105)

<<La donna si può raccontare solo nel quotidiano perché non ha fatto storia, non ha cambiato il mondo, non è andata la fronte, non è mai stata una grande teologa ecc. I suoi problemi sono fuori dai grandi luoghi della cultura … Il problema stilistico nel raccontare questo è cercare di far diventare questo quotidiano la propria storia, non metterlo come a livello B, ma considerare che anche questa è la storia, perché ne è come il retro, quello che ci sta sopra, sotto, accanto, ecc.
Quindi il nostro compito, almeno per me, è quello di far sì che questo linguaggio, questo discorso così detto di bassa cultura non sia considerato tale, ma entri invece stilisticamente, linguisticamente nei luoghi della cultura, anche perché senza questo, l'altro non si fa.>>
(Intervista alla regista G.G. Memoria, passaggi, gesti quaderno di lavoro del Centro Documentazione Donna, Firenze 1982)

La regia femminile

<< A parte tutto il discorso letterario delle avanguardie, credo che comunque la parola sia molto più autorevole e autoritaria dell'immagine, in quanto la parola definisce in maniera molto precisa, è la legge. L'immagine, secondo me, perché in qualche modo è più simile all'intimità, alla sensibilità, e comunque perché è più imprecisa, meno definitiva, può raccontare la donna molto meglio del linguaggio della parola … Secondo me, nonostante la difficoltà di ordine economico, il cinema è uno strumento di lavoro assolutamente femminile. Che per accedervi occorra una meccanica di potere, di rapporti, brutalmente maschile, questo è indubbio; ma il discorso che si può fare con un film è molto più interessante oggi al femminile che al maschile>>
(Intervista alla regista G.G. Memoria etc id.)

Maternale, 1978