di Donatella Massara
Maria Inversi
nell'opera teatrale del 1999 - dedicata a Sabina Spielrein mette in
scena due personaggi parlanti, la donna adulta e l'adolescente
Sabina racconta
la sua vita, speditamente e con lucidità. Vede nella lontananza
della memoria la bambina che gioca con bambole di creta a cui cerca
di dare la vita e si racconta. E' l'adolescente che Jung curerà
sofferente di isteria psicotica. Sullo sfondo irrompono due figure
maschili: Freud e Jung, senza parole danzano insieme. Isolati sulla
scena o citazioni di un testo che sappiamo già conosciuto,
fin troppo.
E' una scommessa
potente quella di rovesciare le posizioni e ristabilire una partizione
di corpi e di parole, concentrando l'attenzione sulla protagonista,
perchè è di lei che in questa rappresentazione si vuole
fare parlare, è a lei che chi vede e ascolta si rivolge, in
attesa di riempire i vuoti di conoscenza. La storia appare, allora,
sulla scena, riconsegnandoci un personaggio femminile e una figura
del suo tempo, interrogando la sua esistenza e quanto essa ha compiuto.
E' un finale e un inizio come se essa ricomparisse nel nostro immaginario
per descrivere, oltre se medesima, il consuntivo di una vita intera.
Una bella sfida a smemorare l'adolescente che occupa le ossessioni
maschili intorno al triangolo con Jung e Freud per fare parlare una
donna che ha svolto tutta se stessa. Senza saltare nulla lei ha una
sua ricomposta e solare solidità alla quale noi guardiamo.
Sempre più esemplare femminile collocato fra passato e presente
perchè la storia delle donne si svolga senza interruzioni;
oltre la sindrome della imperfezione motivo per cui interessa i testi
maschili, in questo caso autori della scienza della mente pronti a
parteggiare per lei contro gli errori di Jung o di Freud.
Alla prima rappresentazione
Maria Inversi aveva affiancato il convegno dedicato a Sabina Spielrein,
il primo a cui seguì un secondo; finora gli unici che si siano
tenuti in Italia.