Donne e conoscenza storica
         

Thirteen di Catherine Hardwicke, USA Gran Bretagna, 2003

di Donatella Massara

In Rete:

Sul quotidiano The Guardian una raccolta di articoli: interviste alla regista di Thirteen e a Holly Hunter oltre che notizie sul film e il link all'official website del film

La recensione di Natalia Aspesi su La Repubblica del 12.11.2003 nella rassegna stampa di Dumbles Ecologia sociale

La recensione di Elisa Schianchi nel sito di re-Vision

Vestire è il grande problema delle adolescenti perchè aiuta a crescere e adeguarsi a un corpo in formazione.

Vincitore del primo premio al Sundance Festival e del Pardo d'Argento a Locarno Thirteen invita a essere guardato con grandi aspettative. Come si sa è parzialmente una storia vera. Anche se questo non ha importanza perchè è un film estraneo all'invenzione e alla fantasia, traccia la storia di due ragazzine che si copiano e che copiano quello che normalmente pensiamo appartenga al mondo dei grandi. Entrambe confidano in una religione dell'esperienza scrupolosamente osservata e consumata con una crescita esponenziale di droghe, sesso, furti per procurarsi il denaro. I soldi servono per comprare. In Thirteen, tredici, età delle protagoniste, le merci sono vestiti, scarpe, piercing, bracciali, collanine, e chi più ne ha più ne metta e anche droga che è a disposizione in questo mondo di adolescenti non ricchi ma neanche poveri. La voglia di crescere e di fare sempre più esperienze proprio quante ne occorrono per avere infine un aspetto sexi e non più infantile è il motivo che conduce le due ragazzine nella ricerca ossessiva della trasgressione consapevole o indifferente. Ancora una volta sono in scena ragazzini e ragazzine del mondo capitalista parossistico americano, un mercato dove si puo' scegliere e comprare di tutto per esibire i corpi figli del puro piacere e del desiderio narcisitico.
In Thirteen però c'è anche una madre, la bravissima Holly Hunter, quasi identica a com'era dieci anni fa in Lezioni di Piano di Jane Campion. E' lei che fa apparire lontano e assurdo il mondo degli adulti, è lei che, quando viene a sapere, riaggiusta come può i pezzi sparsi della vita della figlia.

A tema c'è l'adolescenza in altri film maschili programmati nelle sale in questi mesi. Come annotano Cahiers de cinema (n.583) in Table rotonde autour de trois films adolescents - L'Amèrique au risque du participe présent - essa è <<il luogo cieco della finzione, luogo in cui tutto si origina e a cui tutto torna>>, è questo luogo cinematografico che serve per rappresentare la <<perdita dei ripari morali, per mettere in crisi una drammaturgia classica polarizzata nel faccia a faccia di bene e male.>> Elephant di Gus van Sant e Mystic River di Clint Eastwood, oltre che Ken Park di Larry Clark che non ho visto, affrontano la perdita di fede nella <<trasmissione, in ciò su cui si organizza il passaggio fra l'infanzia e l'età adulta>>.

Thirteen attraverso la scrittura e la regia di una regista fa parlare l'adolescenza a modo suo. Anzitutto il difetto di trasmissione ha un retroterra, le ragazzine sono una, figlia orfana di madre cocainomane e l'altra di una parruchiera che - come le dice la figlia: il papà l'ha lascita perchè <<non è neanche riuscita a finire il liceo>> ; la madre è innamorata di un tossicodipendente che entra e esce dalle comunità. La figlia lo odia eppure sta inconsciamente sperimentando lo stesso tragitto del compagno della madre. Un dramma coinvolge adulte ed adolescenti, enti a sè, le divide solo l'avvolgersi nel velo di invisibilità che può spezzarsi da un momento all'altro. Il film fa stare sulle spine ad aspettare che qualcosa crolli e sveli che chi ha il potere e la capacità di giudicare, le madri e quello che rimane dei padri, non ha le parole per dire la disperazione. E infatti così è. In un mondo dove non si vedono libri, riviste, giornali, si parla di computer come di un ferro per stirare, usarlo per aprire le mails è una rottura di scatole, la figura mitica non è più la 'star', Madonna, le Spice Girls oggi Brittney Spears, è l'amica del 'cuore', l'unica potente e capace di soppiantare l'universo dei riferimenti e delle icone. C'è voluta mano di donna però per dare parola all'adolescenza femminile e sconvolgere drammaticamente le carte in tavola, la società e le sue regole si annullano, non c'è più il vecchio ordine neanche nel disordine - come fra delinquenti e poliziotti amici nel film di Clint Eastwood, è la relazione (delle donne) che tenta di fare tacitamente un altro ordine. Come nella scena dove le due ragazze vengono separate e le madri accusano vicendevolmente l'amica della propria 'figlia' di averla fatta crescere, troppo. Il film si ferma lì, non sappiamo che cosa ci sarà di nuovo, sappiamo che le ragazze tornano alla madre vera o putativa e ricompongono una comunità, soprattutto comunicano senza visibilità del potere esterno e legislatore. E' tutto un programma di promesse, rimorsi, norme che tacitamente prevalgono in un film, secondo me, vecchio e nuovo, allo stesso tempo, scandaloso e tenero, caratteristica che ne fa l'originalità.

E' un film molto più duro di quelli citati, la violenza sessuale di Mystic River è già passata e i delitti incombono in Thirteen come un passo che non si sa chi potrebbe riuscire a fermare. Forse la scuola, l'ambizione di riuscire, corrotta dalle esperienze troppo forti, forse l'amore della madre che esiste oltre ogni giustificazione ideologica, politica o morale, forse a loro è consegnata ancora una parola di salvezza. Salvezza perchè, di chi e di che cosa? E' questo il punto che rivela la debolezza del film, pur di grande pregio. A Thirteen manca il fondamento della ricostruzione, il ponte che fa dialogo e che la regista si aspetta possa essere costruito tramite il suo film. Non a caso si dispiace della censura americana che vieta il film ai minori di 17 anni (cfr. The Guardian). Voglio dire che sciolti i principi del bene e del male del cinema classico occorre ancora ricomprendere su chi e che cosa costruiamo aspettative. Non basta mostrare i significati se non c'è condivisione di quello che significano. Costruito su un susseguirsi di concitate esperienze distruttive che con un montaggio meno frenetico potrebbero non risultare tali, getta nella stessa ansia di film molto intensi come Il Pianista di Polanski. Come se un nazista che ghigna dietro a gente inerme denudata e rapata non fosse ancora il fondo del fondo del male, un nemico in guerra, non peggiore di un mondo - non costruito da noi - che non ci è ancora amico. Però è diffcile che sia accettabile e comprensibile per tutti questo taglio: che peggio del peggio c'è la sconfinata libertà di consumare.

La parola della regista è comunque rivolta a tutti, Thirteen non è certo un film di disagio sociale o violenza sui/dei minori. Accusa una società e i suoi soggetti consapevoli e allo stesso tempo abitanti coatti nell'universo delle merci che ne è nello stesso tempo il luogo del godimento possibile e riconoscibile. Tracy, la protagonista, fra sè e sè, rallenta in alcune scene, la tensione, il desiderio che non sa governare; è sufficiente un viso bello di cui è orgogliosa e la scena di uno specchio nel quale riflettersi con godimento per ritrovare un senso alle sue azioni, alla sua scommessa sulla vita, riuscire bene a scuola, e sperare nella capacità di conservazione che corre parallela all'autodistruttività, in realtà Tracy viene bocciata. Sono questi ritorni a sè che aprono orizzonti di senso al film portando il contenuto alla comprensione. Queste identificazioni fanno sperare in una capacità infinita di adattamento e vorremmo salvasse l'eros che avvolge i personaggi, ne calamita i sentimenti coraggiosamente detti dalla regista a differenza dei registi. Questi momenti fanno vedere come procurarsi ferite è un gesto di autonomia assurda, utile, però, a comporre il dialogo benchè muto e gestuale, fra due donne, la madre e la figlia.

La regista è producer designer (architetta-scenografa) e ha partecipato a film noti come Laurel Canyon di Lisa Cholodenko e Vanilla Sky. Thirteen ricalca la storia della sua giovane amica Nikki Reed che interpreta nel film la parte di Evie, l'amica trascinatrice di Tracy. E' stato girato con la videocamera e in 16 mm - prima di essere travasato in 35 - perchè mantenesse un particolare e analogo effetto di sgranatura. Ottemperando ai principi del Dogme-style il cast ha girato in Melrose Avenue, Hollywood Boulevard, Venice Beach e nei city buses, spesso senza veri e propri permessi. Hardwicke sta preparando una versione del film che possa essere proiettata nelle scuole superiori. Il film è stato visionato alla New York Psychoanalytical Organisation e al UCLA Neuro-Psychiatric Group.
Il progetto del film però non è cominciato come una terapia e infatti - dice la regista - sotto quel punto di vista non ha funzionato. Nikki è come prima però adesso afferma che ha qualcuno con cui parlare e che l'ascolta, ha a sua disposizione una differente prospettiva.
Regista indipendente la Hardwicke confida che all'inizio la spaventarono Nikki e le sue amiche:

Queste ragazze erano molto selvagge, sessualmente precoci, assurdamente attente alla moda, arrabbiate con gli adulti e con i loro ormoni in circolo. <<Certe cose mi hanno veramente scioccata, come le poesie rap recitate a voce alta, completamente oscene che andavano urlando per Starbucks, anche il modo come si vestivano e parlavano mi sorprendeva; mi spaventava ... un comportamento e un abbigliamento tipo puttana portato come se fosse il più apprezzato nella nostra società, perchè tu puoi avere 12 anni e vestire con una T-shirt acquistata per strada che ti fa assomigliare a una porno star .>>

'A raging, hormone-crazed rollercoaster' di Geoffrey McNab
Wednesday August 20, 2003 The Guardian
http://film.guardian.co.uk/features/featurepages/0,4120,1022225,00.html