Vestire è
il grande problema delle adolescenti perchè aiuta a crescere
e adeguarsi a un corpo in formazione.
Vincitore del
primo premio al Sundance Festival e del Pardo d'Argento a Locarno
Thirteen
invita a essere guardato con grandi aspettative. Come si sa è
parzialmente una storia vera. Anche se questo non ha importanza perchè
è un film estraneo all'invenzione e alla fantasia, traccia
la storia di due ragazzine che si copiano e che copiano quello che
normalmente pensiamo appartenga al mondo dei grandi. Entrambe confidano
in una religione dell'esperienza scrupolosamente osservata e consumata
con una crescita esponenziale di droghe, sesso, furti per procurarsi
il denaro. I soldi servono per comprare. In Thirteen, tredici,
età delle protagoniste, le merci sono vestiti, scarpe, piercing,
bracciali, collanine, e chi più ne ha più ne metta e
anche droga che è a disposizione in questo mondo di adolescenti
non ricchi ma neanche poveri. La voglia di crescere e di fare sempre
più esperienze proprio quante ne occorrono per avere infine
un aspetto sexi e non più infantile è il motivo che
conduce le due ragazzine nella ricerca ossessiva della trasgressione
consapevole o indifferente. Ancora una volta sono in scena ragazzini
e ragazzine del mondo capitalista parossistico americano, un mercato
dove si puo' scegliere e comprare di tutto per esibire i corpi figli
del puro piacere e del desiderio narcisitico.
In Thirteen però c'è anche una madre, la bravissima
Holly Hunter, quasi identica a com'era dieci anni fa in Lezioni
di Piano di Jane Campion. E' lei che fa apparire lontano e assurdo
il mondo degli adulti, è lei che, quando viene a sapere, riaggiusta
come può i pezzi sparsi della vita della figlia.
A tema c'è
l'adolescenza in altri film maschili programmati nelle sale in questi
mesi. Come annotano Cahiers de cinema (n.583) in Table rotonde
autour de trois films adolescents - L'Amèrique au risque
du participe présent - essa è <<il luogo cieco
della finzione, luogo in cui tutto si origina e a cui tutto torna>>,
è questo luogo cinematografico che serve per rappresentare
la <<perdita dei ripari morali, per mettere in crisi una drammaturgia
classica polarizzata nel faccia a faccia di bene e male.>>
Elephant di Gus van Sant e Mystic River di Clint Eastwood,
oltre che Ken Park di Larry Clark che non ho visto, affrontano
la perdita di fede nella <<trasmissione, in ciò su cui
si organizza il passaggio fra l'infanzia e l'età adulta>>.
Thirteen
attraverso la scrittura e la regia di una regista fa parlare l'adolescenza
a modo suo. Anzitutto il difetto di trasmissione ha un retroterra,
le ragazzine sono una, figlia orfana di madre cocainomane e l'altra
di una parruchiera che - come le dice la figlia: il papà l'ha
lascita perchè <<non è neanche riuscita a finire
il liceo>> ; la madre è innamorata di un tossicodipendente
che entra e esce dalle comunità. La figlia lo odia eppure sta
inconsciamente sperimentando lo stesso tragitto del compagno della
madre. Un dramma coinvolge adulte ed adolescenti, enti a sè,
le divide solo l'avvolgersi nel velo di invisibilità che può
spezzarsi da un momento all'altro. Il film fa stare sulle spine ad
aspettare che qualcosa crolli e sveli che chi ha il potere e la capacità
di giudicare, le madri e quello che rimane dei padri, non ha le parole
per dire la disperazione. E infatti così è. In un mondo
dove non si vedono libri, riviste, giornali, si parla di computer
come di un ferro per stirare, usarlo per aprire le mails è
una rottura di scatole, la figura mitica non è più la
'star', Madonna, le Spice Girls oggi Brittney Spears, è l'amica
del 'cuore', l'unica potente e capace di soppiantare l'universo dei
riferimenti e delle icone. C'è voluta mano di donna però
per dare parola all'adolescenza femminile e sconvolgere drammaticamente
le carte in tavola, la società e le sue regole si annullano,
non c'è più il vecchio ordine neanche nel disordine
- come fra delinquenti e poliziotti amici nel film di Clint Eastwood,
è la relazione (delle donne) che tenta di fare tacitamente
un altro ordine. Come nella scena dove le due ragazze vengono separate
e le madri accusano vicendevolmente l'amica della propria 'figlia'
di averla fatta crescere, troppo. Il film si ferma lì, non
sappiamo che cosa ci sarà di nuovo, sappiamo che le ragazze
tornano alla madre vera o putativa e ricompongono una comunità,
soprattutto comunicano senza visibilità del potere esterno
e legislatore. E' tutto un programma di promesse, rimorsi, norme che
tacitamente prevalgono in un film, secondo me, vecchio e nuovo, allo
stesso tempo, scandaloso e tenero, caratteristica che ne fa l'originalità.
E' un film molto
più duro di quelli citati, la violenza sessuale di Mystic
River è già passata e i delitti incombono in Thirteen
come un passo che non si sa chi potrebbe riuscire a fermare. Forse
la scuola, l'ambizione di riuscire, corrotta dalle esperienze troppo
forti, forse l'amore della madre che esiste oltre ogni giustificazione
ideologica, politica o morale, forse a loro è consegnata ancora
una parola di salvezza. Salvezza perchè, di chi e di che cosa?
E' questo il punto che rivela la debolezza del film, pur di grande
pregio. A Thirteen manca il fondamento della ricostruzione,
il ponte che fa dialogo e che la regista si aspetta possa essere costruito
tramite il suo film. Non a caso si dispiace della censura americana
che vieta il film ai minori di 17 anni (cfr. The Guardian).
Voglio dire che sciolti i principi del bene e del male del cinema
classico occorre ancora ricomprendere su chi e che cosa costruiamo
aspettative. Non basta mostrare i significati se non c'è condivisione
di quello che significano. Costruito su un susseguirsi di concitate
esperienze distruttive che con un montaggio meno frenetico potrebbero
non risultare tali, getta nella stessa ansia di film molto intensi
come Il Pianista di Polanski. Come se un nazista che ghigna
dietro a gente inerme denudata e rapata non fosse ancora il fondo
del fondo del male, un nemico in guerra, non peggiore di un mondo
- non costruito da noi - che non ci è ancora amico. Però
è diffcile che sia accettabile e comprensibile per tutti questo
taglio: che peggio del peggio c'è la sconfinata libertà
di consumare.
La parola della
regista è comunque rivolta a tutti, Thirteen non è
certo un film di disagio sociale o violenza sui/dei minori. Accusa
una società e i suoi soggetti consapevoli e allo stesso tempo
abitanti coatti nell'universo delle merci che ne è nello stesso
tempo il luogo del godimento possibile e riconoscibile. Tracy, la
protagonista, fra sè e sè, rallenta in alcune scene,
la tensione, il desiderio che non sa governare; è sufficiente
un viso bello di cui è orgogliosa e la scena di uno specchio
nel quale riflettersi con godimento per ritrovare un senso alle sue
azioni, alla sua scommessa sulla vita, riuscire bene a scuola, e sperare
nella capacità di conservazione che corre parallela all'autodistruttività,
in realtà Tracy viene bocciata. Sono questi ritorni a sè
che aprono orizzonti di senso al film portando il contenuto alla comprensione.
Queste identificazioni fanno sperare in una capacità infinita
di adattamento e vorremmo salvasse l'eros che avvolge i personaggi,
ne calamita i sentimenti coraggiosamente detti dalla regista a differenza
dei registi. Questi momenti fanno vedere come procurarsi ferite è
un gesto di autonomia assurda, utile, però, a comporre il dialogo
benchè muto e gestuale, fra due donne, la madre e la figlia.
La regista è
producer designer (architetta-scenografa) e ha partecipato
a film noti come Laurel Canyon di Lisa Cholodenko e Vanilla
Sky. Thirteen ricalca la storia della sua giovane amica
Nikki Reed che interpreta nel film la parte di Evie, l'amica trascinatrice
di Tracy. E' stato girato con la videocamera e in 16 mm - prima di
essere travasato in 35 - perchè mantenesse un particolare e
analogo effetto di sgranatura. Ottemperando ai principi del Dogme-style
il cast ha girato in Melrose Avenue, Hollywood Boulevard, Venice Beach
e nei city buses, spesso senza veri e propri permessi. Hardwicke sta
preparando una versione del film che possa essere proiettata nelle
scuole superiori. Il film è stato visionato alla New York
Psychoanalytical Organisation e al UCLA Neuro-Psychiatric Group.
Il progetto del film però non è cominciato come una
terapia e infatti - dice la regista - sotto quel punto di vista non
ha funzionato. Nikki è come prima però adesso afferma
che ha qualcuno con cui parlare e che l'ascolta, ha a sua disposizione
una differente prospettiva.
Regista indipendente la Hardwicke confida che all'inizio la spaventarono
Nikki e le sue amiche:
Queste ragazze erano molto selvagge, sessualmente precoci, assurdamente
attente alla moda, arrabbiate con gli adulti e con i loro ormoni in
circolo. <<Certe cose mi hanno veramente scioccata, come le
poesie rap recitate a voce alta, completamente oscene che andavano
urlando per Starbucks, anche il modo come si vestivano e parlavano
mi sorprendeva; mi spaventava ... un comportamento e un abbigliamento
tipo puttana portato come se fosse il più apprezzato nella
nostra società, perchè tu puoi avere 12 anni e vestire
con una T-shirt acquistata per strada che ti fa assomigliare a una
porno star .>>
'A raging,
hormone-crazed rollercoaster' di Geoffrey McNab
Wednesday August 20, 2003 The Guardian
http://film.guardian.co.uk/features/featurepages/0,4120,1022225,00.html