UNDER THE SKIN
di Carine Adler, 1997, GB
La diciannovenne
Iris-Sam(antha Morton) protagonista del film di Carine Adler Under
the skin è la possibilità che troviamo dentro ognuna
di noi, è l'adolescente a rischio che non vuole riflettere
sulla disperazione per la perdita della madre, e mette in moto quei
meccanismi e quei rituali che riescono a arginarle il dolore. L'improvvisa
scomparsa dell'amata madre - causa scatenante del suo bizzarro e
rischioso comportamento - non apre drammi, non ci sono parole che
spieghino il perché delle sue scelte, ma la mdp la segue
nelle sue scorribande in testa la parrucca della madre ne ostenta
anche la pelliccia di peluche mentre infila le porte dei bar; domina
le situazioni che crea e sta, allo stesso tempo, pericolosamente
in equilibrio sull'orlo di una vetta.
La sfida al lutto e alla morte viene messa in atto attraverso questa
pratica di vita, altrimenti chiamata promiscuità. Ma questo
è il cinema, avverte la regista. Iris riguarderebbe tutte
noi, e bisogna riconoscerlo alla Adler, la regista, che quella leggerezza,
con cui va a perdersi come per gioco è una tentazione verso
la rimozione.
Mi è piaciuto il coraggio della Adler di trattare un tema
- quello della sessualità femminile - che nella filmografia
italiana è spesso rimosso.
Ho visto molti film italiani anche di registi della stagione 2004
e con l'eccezione non eccezionale di L'età dell'abbandono
ispirato al romanzo di Elena Ferrante ho verificato che il tema
è eluso e censurato. Bisognerebbe aprire una discussione
sul senso che ha La bestia nel cuore a proposito di sessualità
femminile.
Un altro motivo per cui Under the skin mi piace molto è la
simpatia che provo verso la regista che ha mosso le relazioni fra
donne per arrivare al suo risultato. E di questa cosciente scelta
femminile il film rende conto. Il tema è ben centrato anche
perché la regista dopo avere girato precedentemente un corto
sullo stesso argomento intitolato Fever (Febbre) lo riprende riferendosi
al libro della psichiatra e psicoanalista Estela Welldon che tradotto
in italiano nel 1995 si intitola Madre, Madonna, Prostituta. Il
libro sostiene che è nella relazione con la madre vista su
almeno tre generazioni dove va a collocarsi la perversione femminile,
abitualmente nella psicoanalisi classica assimilata a quella maschile,
ed in realtà elusa. Il libro parla del lato oscuro che c'è
nella madre di solito oscurato in una visione salvifica della maternità.
Nonostante questo debito che la regista stringe con la psicoanalisi
fino a implicare Estela Welldon nella revisione del film, la sceneggiatura
non mostra alcuna traccia di psicologismo, e neppure di psicologia.
Lo spazio interiore di Iris e di Rose la sorella maggiore è
vuoto di parole ma riempito di esperienze. Non a caso la prima scena
del film fa vedere un corpo nudo, superficie piana sulla quale la
mano disegna arabeschi. Il corpo spezza il cerchio della elaborazione
del lutto e scaccia l'angoscia della morte. Come felicemente dice
Cristina Piccinno, Iris agisce senza la coscienza dell'autopunizione.
Infatti domina le situazioni, tenta di sondare il mondo e di scacciare
la disperazione giocando con le sue difese.
Non sarebbe riuscita Adler a fare questo film se non avesse agito
altrettanto bene verso le donne nel lavoro di casting. Dopo settimane
di provini ha trovato in Samantha Morton la sua protagonista perfetta,
Sam che aveva 20 anni aveva fatto qualche parte per la televisione,
già in età adolescenziale e debutta con questo film
nel cinema. Fa poi molti altri film e chi ha visto Minority Report
la ricorda perché era la pre-cog femmina. L'attrice è
perfetta nella parte di Iris, tutte le critiche l'hanno riconosciuta
e ha contribuito a allargare il numero dei premi che il film ha
avuto.
Girato con un basso costo nasce grazie ai finanziamenti che quell'anno
lo stato britannico aveva deciso di elargire ai film delle registe
e Carine Adler riconosce che senza questo aiuto non sarebbe riuscita
a farlo. Carine Adler è conosciuta come un'autrice indipendente,
femminista ed è inserita nel contesto delle registe inglesi
più brave e famose come Antonia Bird, Sally Potter, Gurinder
Chadra, Lynne Ramsay, antesignane come Laura Mulvey nella feminist
film theory.
Nonostante questa appartenenza a un sicuro quadro di registe inglesi,
Carine Adler ha dichiarato di riconoscersi e di apprezzare molto
i film di Jane Campion, di cui prosegue la tematica interessantissima
delle due sorelle, diverse in contrasto fra loro che Campion aveva
trattato in Sweetie. Un riferimento maschile è per Carine
Adler ovviamente di Ken Loach, che in questo caso gli presta il
direttore della fotografia Barry Ackroyd. Il film è girato
in alcune scene con il ralenti e con la macchina in spalla per rendere
la soggettività più che la soggettiva che il film
esprime. Stlisticamente Adler dice che ha mostrato a Ackroyd le
fotografie di Cindy Sherman e di Nan Golden che soprattutto la seconda
è una grande ritrattista del trash, delle dipendenza sessuale
come lei intitola una delle sue prima raccolta di fotografie scattate
fra tossicodipendenti, drag queen, amanti.
Sta per uscire un altro film di questa regista dopo 10 anni Under
the skin, si intitola Stray (Perdersi) e questo avviene dopo il
suo matrimonio avvenuto nel 2002 con il suo Mr. Darcy, un noto politico,
più volte ministro e adesso segretario di stato del governo
Blair, John Reid. Carine Adler ha già un figlio che ha scelto
di avere e allevare senza la presenza di un uomo.