Donne e conoscenza storica
     

 

 

 

 

L'amore non va in vacanza di Nancy Meyers, 138',USA, 2006

di Donatella Massara

 

Se nella prima parte del film c'è divertimento, nella seconda fa l'effetto di un collage di scene la cui lunghezza è determinata da motivazioni piuttosto eterogenee. I dialoghi scadono in una serie di battute che non suggeriscono niente che sia riflessione, atmosfera o psicologia e le immagini non dicono niente in più o di diverso di quello che sapevamo all'inizio. Purtroppo però, perchè il film di ben 138', all'inizio fa sentire una sua autorevolezza femminile. Piacciono queste protagoniste troppo intelligenti perchè gli uomini le amino senza perdere se stessi a cercare la fiducia necessaria per fare i partners, le donne vorrebbero amarli prima di tutto ma il desiderio di fare bene, di lavorare in modo da essere perfette, l'amore per il lavoro che è amore di principio per il mondo più che per il proprio io, prevale. Anche le attrici riflettono questa tensione delle donne a fare e bene. Kate Winslet è bella e brava, Cameron Diaz risponde alla parte dell'americana nevrotica, inaspettata quindi attraente. Poi arrivano gli attori e non rispondono che per caso al gioco della differenza sessuale. Se lo sguardo sul cinema è stato notoriamente maschile, come dicevano le americane della Feminist Film Theory - ci si identifica sempre e comunque nel personaggio maschile - una regista avvertita dovrebbe giocare con questa ambiguità che risveglia il corpo maschile. Una donna è sempre troppo bella al cinema perchè un'altra donna possa identificarsi, pur nella centralità impositiva del discorso femminile che l'attrice insieme alla regista ci fa avvertire, il personaggio di una donna è sullo schermo sia icona che simbolo, proiezione della madre. Come dice Elena Ferrante (La figlia oscura, E/O, 2007) la madre è in eterno comunque più bella della figlia, attorno a lei aleggia la vaporosità del corpo sessuato che una figlia continuerà a invidiare anche quando sarà diventata madre lei stessa.
La regista però non è da meno di noi che povere spettatrici non osando essere le protagoniste siamo le migliori amiche del cinema. La battuta nel film la recita il novantenne Eli Wallach, Tuco (il brutto) di Il buono, il brutto, il cattivo, Don Altobello in Il Padrino IIIa e che qui fa la parte di un anziano ex-sceneggiatore a cui si lega Kate Winslet, che ha lasciato il Surrey per Los Angeles, dopo lo scambio di case.

La regista che prima si è sistemata in questa visione del mondo femminile attuale e densa di attese e promesse, si scolla di dosso tutto questo impegno come se le pesasse troppo e corre a mettere insieme la storia d'amore, dimenticandosi di tutto quello che è conflitto o guerra tra i sessi, spinte e contraddizioni del piacere delle donne nell' essere contemporaneamente tutto (e niente) e volerlo pubblicamente affermare. Non si può neanche dire che la regista voglia rivelarci il vero piacere femminile - non le imprese a capitale femminile ma Jude Law con l'aria buona - perchè è ovvio che non c'è più stoffa, lo spazio, la materia storica per scegliere se sposarsi o fare l'intellettuale, la donna creativa e d'affari. E' scontato che le protagoniste faranno entrambe le cose e in più anche qualcos'altro, magari nel sequel. Cameron Diaz fa la regista dei trailer - così che la regista ha un suo doppio mentre racconta. Non le bastava però citarsi e ha tirato fuori dai titoli anche il compositore. La scena dove Miles, musicista appunto, si esibisce nel ritornello delle colonne sonore più famose è un omaggio a Hans Zimmer, vero autore della colonna sonora, che sarebbe già famoso di suo - cito solo Il Gladiatore e Thelma e Louise, e ancora non bastava. Nel caso non avessimo fatto caso alla sua musica, arriva la sottolineatura che dà quasi più credito a lui di quanto non ne dia al film.

Lascio però la parola all'articolo (con scheda del cast) di una critica Marzia Gandolfi in FilmFilm.it, che ha l'amabilità di chi ha invece visto piacevoli aspetti nel film :<<La relazione uomo-donna questa volta è diretta, le protagoniste femminili dicono “quello che vogliono” o credono di volere, senza passare letteralmente per la testa di un uomo. Se il Mel Gibson di What Women Want sentiva i desideri femminili in seguito a un incidente domestico, perché nei film della Meyers “tutto può succedere”, i protagonisti maschili della sua nuova commedia sono privi di poteri ma ugualmente interpreti dell’altra metà del cielo. La progressione del discorso amoroso tra Iris e Miles e Amanda e Graham passa soprattutto attraverso il linguaggio segreto delle case, quella di Brentwood in California e quella di Rose Hill nella campagna inglese, che fa maturare l’attrazione dei corpi e fa mutare direzione ai destini. La grazia comica e la buona tenuta dei dialoghi si accompagnano così a un décor sapientemente emotivo, a una stagione (l’inverno) e a un tempo (il Natale) che offrono il climax sentimentale ideale.

Al design domestico corrisponde il profilo delle protagoniste: sofisticato e hi-tech quello di Amanda, proprietaria di una società pubblicitaria che realizza trailer cinematografici, semplice e bucolico quello di Iris, giornalista di cronaca rosa sul Daily Telegraph. Lo spazio urbano si riduce perciò alle costruzioni protagoniste e alle abitazioni dei vicini, i comprimari che favoriscono le liaison, come Arthur, un celebre sceneggiatore in pensione dell’Hollywood di Barbara Stanwyck e di Rosalind Russell. Lo sceneggiatore e il compositore di colonne sonore di cui si innamorerà la Iris di Kate Winslet sono funzionali per riflettere su un altro amore, quello per il cinema, quello della commedia, maturata nei fondativi anni Trenta. La Meyers recupera e omaggia proprio quello stile, quella stessa levità, mescolando situazioni tragicomiche, muovendo lo spettatore al riso e al pianto. L’assunzione della forma corale permette alla regista di dirigere un gruppo di attori straordinari: l’everyman di Jude Law, rimasto senza moglie e disposto a rimboccarsi le maniche, il caratterista Jack Black, elevato a ruolo di protagonista e le giovani donne in carriera dal romanticismo mainstream, Kate Winslet e Cameron Diaz. Non credete a chi riduce stolidamente la commedia sentimentale della Meyers a un film per sole signore, perché l’outing di Jude Law e il bel volto segnato dal pianto rivelano agli uomini e negli uomini la sincerità dei sentimenti primari.>>