Nelle trame di
Tsitsi Dangarembga la anoressia contro le verità precotte
Incontro con la scrittrice e cineasta dello Zimbabwe, autrice
di un romanzo sulla condizione adolescenziale titolato «La nuova
me» per l'editore Gorée. Sarà a Siena fino a venerdì,
poi a Pinerolo, a Genova, a Bra
Carmen Concilio
Si sa che l'Africa, nell'immaginario occidentale, rimanda a carestie,
epidemie, malnutrizione, guerre civili e dittature, ma la scrittrice
dello Zimbabwe Tsitsi Dangarembga non solo è riuscita con il
suo romanzo di esordio Nervous Conditions (La nuova me, Gorée,
2007) a deviare da questi cliché ma si è imposta all'attenzione
internazionale per l'originalità dei temi affrontati. Nel presentare
le giovani generazioni a confronto con il retaggio coloniale, ha portato
tra le sue pagine la anoressia e la bulimia, patologie tipiche della
nostra società, che si credeva fossero in stretta relazione
con gli imperativi consumistici e risparmiassero i continenti in via
di sviluppo. Eppure, le giovani protagoniste del romanzo di Tsitsi
Dangarembga, Tambudzai e sua cugina Nyasha, mentre si affannano l'una
per il diritto allo studio e l'altra per contrastare quelle verità
che intorno a lei vengono acriticamente accettate, conoscono le insidie
di due estremi opposti, entrambi riguardanti i disturbi della alimentazione:
Tambudzai è affetta da voracità, mentre la più
agiata cugina rifiuta il cibo che le viene preparato. Sono disturbi
che investono i rapporti familiari e il corpo femminile e da qui si
estendono fino a riguardare l'intera storia della Rodesia coloniale,
mentre il romanzo include anche un ritratto psicologico tratteggiato
a partire dalle teorie del filosofo caraibico Frantz Fanon. Ma lasciamo
la parola a Tsitsi Dangarembga.
Prima di dedicarsi al romanzo lei ha scritto per il teatro. Come mai
ha scelto proprio questo genere?
Mi piace pensare a me stessa come a una artista dotata di molto senso
pratico. Partecipavo ai gruppi teatrali universitari e dunque è
stata una naturale conseguenza cominciare a scrivere drammi. Inoltre,
poiché non c'erano ruoli significativi scritti per donne africane,
ho cercato di porre rimedio a questa lacuna. Ancora oggi sono pochi
gli scrittori dello Zimbawe che prevedono ruoli femminili, è
deprimente il modo in cui le donne vengono rappresentate. Però,
essendo stata recentemente nei paesi scandinavi per un festival cinematografico,
ho notato che dopo gli anni '70 e l'esplosione del femminismo ora
si è inauguarata una nuova fase di regressione.
E come si è fatto strada in lei l'interesse per il cinema?
Dopo avere scritto Nervous Conditions e avere assistito al suo
fallimento editoriale, perché in Africa nessuno lo ha voluto
pubblicare e se è uscito lo devo alla inglese Women Press,
ho pensato che potevo usare la mia voce in qualche altro modo. Così
ho studiato cinematografia a Berlino, dove c'è ancora un'ottima
accademia, che mi ha dato una eccellente istruzione professionale.
Ci sono temi comuni sia alla sua produzione letteraria che a quella
cinematografica?
Quel che mi interessa come scrittrice è l'autorealizzazione
delle donne, il modo in cui riescono a trovare se stesse, i loro cambiamenti
durante questo processo di maturazione. Come regista, invece, mi valgo
della esperienza del mio soggiorno in Germania che mi ha fatto incontrare
con problemi razziali ancora molto radicati. E la mia produzione personale
è centrata sulle leggende del folklore Shona e sulla resa delle
loro varianti regionali.
Sia nel romanzo «La nuova me», che nel suo film «Kare
Kare Zvako» i rapporti familiari sono al centro della narrazione.
E sono rapporti violenti. Come mai?
Le relazioni familiari sono cambiate, la sacralità stessa della
famiglia sta scomparendo e questo per certi versi è positivo
perché se qualcosa non va, e talvolta si sa che le dinamiche
sono terribili, c'è la possibilità di sfuggirne. Allo
stesso tempo, però, una società fatta di famiglie frammentate
è una società malata.
Scrivendo un romanzo che tratta anche di disturbi della alimentazione
lei è andata contro un luogo comune sulla società africana.
Nyasha rigetta il cibo, ma non solo questo, vero?
Intanto, va detto che anche in Africa la bulimia e la anoressia stanno
aumentando, e così pure l'obesità infantile. Quanto
a Nyasha, rifiutandosi di ingoiare ciò che le viene propinato
sviluppa una personalità critica che mette continuamente in
dubbio le verità «precotte».
L'altra adolescente del suo romanzo, Tambu, è affamata di istruzione
e arriva a rifiutare il proprio passato rurale fino quasi a rinnegarlo.
Lei crede che l'emancipazione femminile, in un paese come lo Zimbabwe,
debba necessariamente passare attraverso l'istruzione scolastica e
implichi un distacco dal passato?
No, l'istruzione serve, anche a migliorare la propria condizione economica,
ma solo in determinate circostanze si perviene a una reale emancipazione.
Oggi lo Zimbabwe è penalizzato dalle sanzioni e della recessione
economica e chi ne paga le spese sono soprattutto donne e bambini.
Alcuni anni fa solo il 50% della popolazione aveva un licenza elementare,
oggi si è arrivati all'80%, ma c'è il rischio di una
nuova inversione di tendenza.