Donne e conoscenza storica
     
articolo sulle scrittrici presenti a In Lingua Madre - Siena - 2007

 

Nervous Conditions scritto nel 1985 con il titolo di Condizioni Nervose è stato tradotto una prima volta in italiano e pubblicato nel 1991 (Frassinelli) - Kare Kare Zvako è il film di Tsitsi Dangarembga che nel 2005 ha vinto un premio a Festival del cinema africano.

L'abbiamo proiettato nel 2006 al Circolo della Rosa di Milano per gentile concessione della distribuzione zimbabwese

 

INTERVISTA A TsiTsi Dangarembga

sta in Il Manifesto 17 - 5 -2007

Nelle trame di Tsitsi Dangarembga la anoressia contro le verità precotte
Incontro con la scrittrice e cineasta dello Zimbabwe
, autrice di un romanzo sulla condizione adolescenziale titolato «La nuova me» per l'editore Gorée. Sarà a Siena fino a venerdì, poi a Pinerolo, a Genova, a Bra

Carmen Concilio


Si sa che l'Africa, nell'immaginario occidentale, rimanda a carestie, epidemie, malnutrizione, guerre civili e dittature, ma la scrittrice dello Zimbabwe Tsitsi Dangarembga non solo è riuscita con il suo romanzo di esordio Nervous Conditions (La nuova me, Gorée, 2007) a deviare da questi cliché ma si è imposta all'attenzione internazionale per l'originalità dei temi affrontati. Nel presentare le giovani generazioni a confronto con il retaggio coloniale, ha portato tra le sue pagine la anoressia e la bulimia, patologie tipiche della nostra società, che si credeva fossero in stretta relazione con gli imperativi consumistici e risparmiassero i continenti in via di sviluppo. Eppure, le giovani protagoniste del romanzo di Tsitsi Dangarembga, Tambudzai e sua cugina Nyasha, mentre si affannano l'una per il diritto allo studio e l'altra per contrastare quelle verità che intorno a lei vengono acriticamente accettate, conoscono le insidie di due estremi opposti, entrambi riguardanti i disturbi della alimentazione: Tambudzai è affetta da voracità, mentre la più agiata cugina rifiuta il cibo che le viene preparato. Sono disturbi che investono i rapporti familiari e il corpo femminile e da qui si estendono fino a riguardare l'intera storia della Rodesia coloniale, mentre il romanzo include anche un ritratto psicologico tratteggiato a partire dalle teorie del filosofo caraibico Frantz Fanon. Ma lasciamo la parola a Tsitsi Dangarembga.
Prima di dedicarsi al romanzo lei ha scritto per il teatro. Come mai ha scelto proprio questo genere?
Mi piace pensare a me stessa come a una artista dotata di molto senso pratico. Partecipavo ai gruppi teatrali universitari e dunque è stata una naturale conseguenza cominciare a scrivere drammi. Inoltre, poiché non c'erano ruoli significativi scritti per donne africane, ho cercato di porre rimedio a questa lacuna. Ancora oggi sono pochi gli scrittori dello Zimbawe che prevedono ruoli femminili, è deprimente il modo in cui le donne vengono rappresentate. Però, essendo stata recentemente nei paesi scandinavi per un festival cinematografico, ho notato che dopo gli anni '70 e l'esplosione del femminismo ora si è inauguarata una nuova fase di regressione.
E come si è fatto strada in lei l'interesse per il cinema?
Dopo avere scritto Nervous Conditions e avere assistito al suo fallimento editoriale, perché in Africa nessuno lo ha voluto pubblicare e se è uscito lo devo alla inglese Women Press, ho pensato che potevo usare la mia voce in qualche altro modo. Così ho studiato cinematografia a Berlino, dove c'è ancora un'ottima accademia, che mi ha dato una eccellente istruzione professionale.
Ci sono temi comuni sia alla sua produzione letteraria che a quella cinematografica?
Quel che mi interessa come scrittrice è l'autorealizzazione delle donne, il modo in cui riescono a trovare se stesse, i loro cambiamenti durante questo processo di maturazione. Come regista, invece, mi valgo della esperienza del mio soggiorno in Germania che mi ha fatto incontrare con problemi razziali ancora molto radicati. E la mia produzione personale è centrata sulle leggende del folklore Shona e sulla resa delle loro varianti regionali.
Sia nel romanzo «La nuova me», che nel suo film «Kare Kare Zvako» i rapporti familiari sono al centro della narrazione. E sono rapporti violenti. Come mai?
Le relazioni familiari sono cambiate, la sacralità stessa della famiglia sta scomparendo e questo per certi versi è positivo perché se qualcosa non va, e talvolta si sa che le dinamiche sono terribili, c'è la possibilità di sfuggirne. Allo stesso tempo, però, una società fatta di famiglie frammentate è una società malata.
Scrivendo un romanzo che tratta anche di disturbi della alimentazione lei è andata contro un luogo comune sulla società africana. Nyasha rigetta il cibo, ma non solo questo, vero?
Intanto, va detto che anche in Africa la bulimia e la anoressia stanno aumentando, e così pure l'obesità infantile. Quanto a Nyasha, rifiutandosi di ingoiare ciò che le viene propinato sviluppa una personalità critica che mette continuamente in dubbio le verità «precotte».
L'altra adolescente del suo romanzo, Tambu, è affamata di istruzione e arriva a rifiutare il proprio passato rurale fino quasi a rinnegarlo. Lei crede che l'emancipazione femminile, in un paese come lo Zimbabwe, debba necessariamente passare attraverso l'istruzione scolastica e implichi un distacco dal passato?
No, l'istruzione serve, anche a migliorare la propria condizione economica, ma solo in determinate circostanze si perviene a una reale emancipazione. Oggi lo Zimbabwe è penalizzato dalle sanzioni e della recessione economica e chi ne paga le spese sono soprattutto donne e bambini. Alcuni anni fa solo il 50% della popolazione aveva un licenza elementare, oggi si è arrivati all'80%, ma c'è il rischio di una nuova inversione di tendenza.