Donne e conoscenza storica
         

Immagine-storia

Zana Briski

il sito di kids with cameras -

(Le fotografie scattate dalla classe di Zana Briski visibili nel sito.)

Articolo di Nadia Magnabosco in Arte e società di Oltreluna

 

Born into the brothels di Zana Briski e R.Kauffman, 85', USA, 2004

di Donatella Massara

Il merito di avere pensato, voluto e continuato a progettare per Born in brothels è sopratutto di Zana Briski. E' lei questa fotografa già studiosa di teologia che in visita per la prima volta all'India nel 1995, ritorna nel 1998 a Calcutta e chiede una stanza per vivere nel quartiere a luci rosse di Sonagachi intenzionata a fotografare. Come racconta nel film è subito attorniata dalle bambine e dai bambini incuriosite/i da lei e dalla macchina fotografica. E' così che decide di fare un corso di fotografia; ne sceglie otto; regala alla classe una macchina fotografica automatica a testa e gli insegna a inquadrare, a vagliare i provini e a selezionarne le foto migliori per gli ingrandimenti. Le fotografie delle giovani menti sono così belle che vengono messe all'asta da Sotheby's.
Ross Kauffmann, quando Zana decide di filmare il suo lavoro, è in un primo tempo esitante, poi vede le fotografie e la raggiunge subito. Adesso le è molto grato della possibilità che gli è stata data di vivere con Zana e con la sua classe. Il risultato di tutti questi sforzi è Born into the brothels . Oggi intorno al film è nato un progetto, c'è una fondazione, un sito, un libro. Rimando all'articolo di Nadia Magnabosco in Arte e società (Oltreluna) che descrive il progetto di Zana Briski, traducendo la sua dichiarazione dal sito della fondazione kids with Cameras.

Born into the brothels nel 2004 vince l'Oscar come miglior documentario, anno in cui un'altra coppia artistica, Byambasuren Davaa e Luigi Falorni per La storia della cammella che piange, ha vinto il secondo premio.

Il documentario ha una trama, come succede spesso nei nuovi film-documentari spesa fra riprese del quartiere, nel dedalo di viuzze piene di sporcizia, immondizia e gente sparpagliata fra ballatoi, scale, terrazze, stanze squallidissime dove vivono più persone e convivono cucina, stanza da letto e spazi dove le prostitute incontrano i clienti; lo squallore è certo anche morale tuttavia l'impianto del film non ha mai una sola nota lacrimevole ed anzi riesce a far accettare che questa è l'economia diventata sistema per cui sopravvivono migliaia di persone. Fra queste ci sono anche le bambine e i bambini, destinate, anzi predestinate a stare lì, come uccelli in una gabbia. E' questa l'idea che suggerisce il dittico delle immagini organizzato con quelle scattate fuori dal quartiere, nelle gite della classe, al mare, allo zoo, alla galleria che espone le loro foto e le altre all'interno.

Dice Mary F. Pols che ("Children of these 'Brothels' are true survivors"- " I bambini di questi bordelli sono autentici sopravvissuti" in Contra Costa Times 4, 2, 2005) <<Il focus del film lo mette in evidenza con una incredibile saggezza Kochi di 10 anni: <<Io continuo a pensare se stessi in qualche altro posto e avessi un'educazione e mi domando che cosa potrei diventare ?>>. La critica cinematografica suggerisce di portare i propri figli a vedere il film se si lamentano della scuola, anche se il film in USA è classificato R, cioè vietato ai minori di 16 anni, a causa di scene dove le prostitute litigano fra loro e con i bambini usando un linguaggio osceno. Tuttavia se una ha lo stomaco per sopportare che i propri figli ascoltino, il film ha il potere di farci vedere le grandi opportunità che noi abbiamo e che diamo per garantite. (testo inglese <<The core question of the film is posed by Kochi, a 10-year-old with an uncanny wisdom. "I keep thinking, if I could go someplace else and get education, I wonder what I could become?" If your kids whine about going to school anytime in the next month or so, take them to see "Born Into Brothels." The film is rated R for the foul language some of the prostitutes direct at each other and at the children, but if you can stomach letting your kids hear that, the movie has a powerful point to make about the beauty of the opportunities so many of us take for granted>>)

Fra tutte le immagini che vediamo nel film suscitano grande interesse quelle scattate dalla classe di Zana. Alcune possiamo trovarle nel sito perchè sono in vendita. Rappresentano quello che alle bambine e ai bambini sta più a cuore: i coetanei, le coetanee, il gatto, il fratellino appena nato. Il loro modo di guardare aggiunge una strana dignità al contesto, come se la bellezza che riescono ad afferrare superasse il pericolo che hanno intorno e che avvertiamo. La storia in cui ci immerge Born into the brothels descrive gli sforzi che fa Zana per consentire alle bambine, ai bambini di andare almeno in una scuola; alla fine solo due, una bambina e un bambino, continueranno a frequentare la scuola che ha accettato di iscriverli. Gli altri e le altre ritornano nelle loro case, chi scappa, chi viene ripreso dalla madre e dalla nonna, chi proprio non viene mai mandato a scuola. Non faccio fatica a credere che per molti di loro è più divertente e appassionante la vita nella loro strada, lì dove sono nati, cresciuti e dove in qualche maniera sono anche amati dalla loro famiglia, che per una madre, non per tutte, sia più rassicurante sapere che la figlia inizierà a fare il suo mestiere piuttosto che cominciare qualcosa che lei non sa come andrà a finire. Non credo più tanto ai benefici dell'istruzione e alle sue luminose speranze. Le sorti dei giovani di oggi non sono precisamente invitanti, anche se istruirsi è una grandissima fortuna, un regalo che dà una generazione all'altra, e secondo un modo di vedere costituzionale è anche un diritto. Non è solo così. Io preferirei che per tutti i bambini del mondo ci sapessimo disponibili a dargli la possibilità di studiare, non solo per i migliori. Intanto a scuola ci vanno senza problemi i paesi più facoltosi.

La regista conosce i suoi limiti e sottolinea il fatto che lei non sa esattamente quello che bisogna fare - non è un'assistente sociale - è una fotografa; quello che fa è in realtà tantissimo. La storia di quest' infanzia nata e cresciuta fra i bordelli ce la racconta non portando i suoi personaggi davanti alla macchina da presa a confessarsi ma facendoli diventare parte attiva, creativa e vincente dentro alla propria storia, interpreti della regia dell'opera che tenta almeno di organizzare per loro una storia migliore, non solo una favola ma una possibilità concreta di passare nelle nostre menti. Le immagini scattate dalla classe di Zana non sono diverse da quelle che scatta lei stessa o dalle riprese che lei e Kauffman decidono di fare; sono un'esposizione unica dove chi è protagonista sporge oltre il suo contesto, occupando uno spazio di mondo - grazie al cinema - molto più grande di quello dove gli è stato dato di vivere. La sua collocazione non è più la stessa, è questa la bellezza del film e la qualità delle sue immagini. Una immagine-storia che ferma se stessa nel suo svolgimento oltre il destino in cui è stata messa.

L'idea di dare i mezzi fotografici in mano a chi vogliamo descrivere non è nuova. Ci aveva, per esempio già pensato Jean Luc Godard che nel 1978 durante la rivoluzione socialista del Frelimo in Mozambico aveva progettato la disseminazione delle cineprese nei villaggi mozambicani, rese per un uso alternativo e autonomo della informazione, a donne e uomini che non avevano mai visto neanche una fotografia. E' un'impresa che racconta Margarita Cardoso in Kuxa Kanema (O nascimento do cinema), (Mozambico-Portogallo, 2003). Altro esempio è quello di una ong francese che ha addestrato donne afghane al giornalismo e insieme girano Afghanistan unveiled. Il tema del giovane che scatta fotografie testimoniando la storia del proprio paese e che trova così la sua redenzione è invece al centro della trama di un film di finzione di grande successo anche questo è lavoro di una coppia artistica The City of God di Fernando Meirelles e Katia Lund, Brasile, 2002. E' anche, in un certo senso, lo sguardo di News Time di Azza El Hassan, Palestina, 2001, che riprende quattro ragazzini sotto casa sua. Lo sguardo di Azza non è militante, è trasversale: racconta che un giorno ha aperto la finestra e quando tutti si nascondevano per l'eclisse di sole ha cominciato a girare. Anche qui il mezzo potrebbe passare nelle mani dei bambini che dicono che vorrebbero fare gli attori o i registi.

E' comprensibile che questo tipo di documentario, colpisca fortemente l'attenzione del pubblico e che tale coinvolgersi avvenga molto più intensamente che nel documentario organizzato con incontri-confessioni davanti alla mdp, racconti di storie che denunciano situazioni di solito differite rispetto ai soggetti.

In quei casi i soggetti interpellati si fanno carico della denuncia di un'intero contesto e in chi guarda agisce il senso di impotenza perchè siamo di fronte a condizioni che non siamo in grado di risolvere.

Viceversa in questi documentari compartecipi e attivi e che vanno a scompaginare i problemi là dove si presentano - un altro esempio è quello di Strawberry Fields, un film diverso dai soliti documentari sul conflitto israeliano-palestinese - il tema è molto localizzato, quasi ristretto, non c'è il o la portavoce che si fa carico delle questioni generali. Predomina un 'partire da sè' di personaggi locali e situazioni apparentemente dettagliate ma che pure hanno l'energia di sollevare l'interezza delle questioni che rappresentano.

Born into the brothels allora -come sottolineano molte recensioni - mette allo scoperto l'indomito spirito di bambine e bambini che dovrebbero essere sopraffatte/i dallo squallore, dall'apatia, dall'abuso e dalla prospettiva di un futuro simile a quello delle loro madri. Il film invece va oltre la cronaca della missione di una donna ben-intenzionata a aiutare l'infanzia bisognosa e ci fa buttare un occhio dentro a quel misterioso fato che mantiene ogni bambina/o nel suo precario equilibrio.