Donne e conoscenza storica
         

Immagine-storia

 

Maria Antonietta regia e sceneggiatura di Sofia Coppola, con Kirsten Dunst, Jason Schwartzman, Rip Torn, Judy Davis, Asia Argento, Marianne Faithfull, direttore della fotografia: Lance Acord, Costumi di Milena Canonero, USA, Giappone, Francia, 2006

di Donatella Massara

Maria Antonietta è uno splendido film di grande impatto estetico, per l'uso della colonna sonora, i costumi, gli interni, la bellezza del casting, aspetti che insieme all'interpretazione storica di questa mitica figura della storia delle donne mettono la regia di Sofia Coppola al sicuro nei nostri cuori. Ci aiuta a capire che cosa rappresenta Maria Antonietta e che cosa potrebbe cambiare nel nostro immaginario

Come arriva la regista a questa singolare fusione ? Il merito è prima che a lei ascrivibile alla biografia interessantissima, completa e anche di piacevole lettura scritta dalla storica inglese Antonia Fraser, Maria Antonietta, Mondadori, 2004. E' questa alleanza fra donne, fra la scrittrice e la regista, che fa del film un lavoro nuovo e diverso.

Leggendo la biografia monumentale che Antonia Fraser dedica a Maria Antonietta ci accorgiamo subito che Sofia Coppola la sta seguendo con molta fedeltà, con pochissimi stacchi e licenze, e qualche lacuna. Nel suo insieme il film è quindi un lavoro fedele alla storia. La regista interpreta e trascrive, dirige e segue. Quindi non fa un biopic, non mette in immagini una vita ma traduce in immagini e in interpretazione una scrittura, una ricerca di alto livello. Questo aspetto è per me molto interessante. Ho visto un affidamento reciproco fra donne che compie un piccolo miracolo.

La riconciliazione di Maria Antonietta con il suo tempo avviene facendo parlare la sua personalità, ma rinunciando a molti aspetti anche storici della sua figura. Mi riferisco alla sua partecipazione alla politica del regno, le poche volte che riesce a occuparsene, superando la sua naturale resistenza verso il gioco politico e prendendo coscienza, in quel frangente, di non essere <<altro che la seconda persona>> dello stato. Anche il clima ideologico del suo tempo, la misoginia, è rimasto fuori. Maria Antonietta fu uccisa come lo fu Olympe de Gouges, rivoluzionaria, e la Convenzione a gennaio del 1794 dopo la sua condanna, nell'ottobre del 1793, decretò lo scioglimento delle società femminili. Un segnale in più di come le donne fossero considerate distruttrici, esaltate, eccessive. Maria Antonietta, Madame Deficit, era stata considerata la rovina delle sorti della Francia ma come lei erano misurate le altre donne e che i rivoluzionari penavano a tenere a freno benchè pensassero non fossero in grado di governare. In questo senso il film rinunciando a raccontare il contesto antifemminista non è un film storico. Ed è come lo vede la regista che ha dichiarato di non avere affatto voluto costruire un affresco storico, ma narrare la storia del punto di vista di una adolescente, con un approccio intimo e personale.
Roberto Nepoti nella recensione di La Repubblica dice:<<Non siamo in presenza di un film storico in senso stretto; anche se la sequenza in cui la regina sui inchina al popolo riassume in sintesi ispirata, il transito di un'epoca a un'altra meglio di decine di sequenze viste altrove>>.

Maria Antonietta ci consente di guardarla negli occhi, una situazione difficilmente consentita per una regina, icona del potere, fissata nelle immagini pure splendide di Elizabeth Vigeè Le Brun. E' questo sguardo divertito, stupito, spaventato che mi rimanda il senso della storia. Attribuirei l'immagine- storia a questa interpretazione di una ragazzina di 14 anni che arriva in Francia e crescerà, diventando adulta, con la sola compagnia dei consigli scritti dalla madre e di quelli del Mercy, l'ambasciatore austriaco in Francia, e morirà insieme a un regno. Non conserveremmo questa immagine storica se appartenesse a un periodo storico diverso. E' invece la sua personalità che il film - studiandone le mosse - mette nello sguardo dell'immaginario, come parte determinante nell'ancien régime e allo stesso tempo dello spirito di un'epoca che si stava rinnovando, già prima dei bagliori della Rivoluzione dell'89.

Questo film è l'incontro deciso con un mito che come tale lavora sull'immagine che se ne ha. Sofia Coppola, senza darlo a vedere, ci riconsegna un discorso che si attiene perfettamente alle nostre richieste, al nostro bisogno di verità e di distanziarsi dalle ideologie, al bisogno di corpi, magari di ombre dei corpi, quindi di sognare sì, ma senza fantasmi.

Un'altra interpretazione ancora è su Entertainment Weekly di Lisa Schwarzebaum <<It's tempting to search for autobiography, yes, but too easy: This yummy-looking, artfully personal historical fantasia, borne on currents of melancholy and languor and rocking out to a divine soundtrack of 1980s New Romantic pop music (plenty of the Cure, Bow Wow Wow, and Adam Ant), is the work of a mature filmmaker who has identified and developed a new cinematic vocabulary to describe a new breed of post-postpostfeminist woman. And that contemporary creature is also of the artist's own invention.>> <<C'è la tentazione di vederlo come un'autobiografia, sì, ma è troppo facile: questa fantasia storica soggettiva, intelligente e visivamente-saporosa, trasportata dalla corrente della malinconia e del languore, scossa da una colonna sonora divina, con la pop musica new romantic degli anni '80 (stracolma di Cure, Bow Wow Wow e Adam Ant), è il lavoro di una regista matura che ha identificato e sviluppato un nuovo vocabolario cinematografico per descrivere una nuova razza di donna post-postpost femminista. E quella creatura contemporanea è anche l'invenzione propria dell'artista. >>

Ancora una interpretazione diversa dà la stessa regista raccontando le sue intenzioni nell'intervista che le rivolge sua madre, Eleanor Coppola.
Sofia Coppola ci dice che ha voluto raccontare l'estraneità di questa adolescente a un ambiente e a un paese. Nilde Vinci dice che la estraneità e l'inadeguatezza della Delfina è quello che la regista ha saputo raccontare meglio, e che la sua capacità di descrizione le ha dato l'emozione da lei considerata indispensabile per dire che un film è bello.