Marcelle Ragot
di Daniela Trastulli, I,30', 2006
di Donatella Massara
Daniela in questo
lavoro dedicato alla nonna materna è ampiamente sostenuta dalla
sua professionalità. Leggero, commovente, divertente, carico
di senso del tempo e della storia questo piccolo e grande film trasmette
il desiderio di riincontrarsi con il nostro passato. L'immagine-storia
l'ho vista in questo caso nel volto di una bambina di pochi anni che
ha già l'identità in miniatura di Daniela. Osservatela
bene, è proprio già lei, c'è la sua espressione,
forse il segno distintivo è la caparbietà, la stessa
che l'ha fatta lavorare per due anni sul film. Le immagini sono quasi
tutte recuperate dalle 180 bobine girate da suo nonno, aggiunti sono
qualche inserto di repertorio di guerra, una bella scena da Jean Renoir
La Grande Illusione e altre immagini di famiglia più
vicine al nostro tempo. Sono queste che fanno da raccordo alle immagini
più lontane e che ci obbligano a vedere la continuità,
a rilfettere sulla successione degli eventi, sui passaggi mai lineari
e a spesso inaspettati dello scorrimento del tempo. Il passato non
è impietrito in una rigida raffigurazione, entra nel movimento
dell'esistenza. E' uno sviluppo in massima parte femminile e genealogico
che notiamo in quasi tutti i film delle donne attirate dalle immagini
della storia, storia di famiglia ma anche storia di tutte e di tutti.
Come già in altri film girati agli inizi del secolo, poi negli
anni della prima guerra mondiale, per arrivare alla seconda guerra
e al dopoguerra, quindi su un arco temporale
lungo -come The Letter without words di Ella e Lisa Lewenz
- colpisce quando viene usata la cinecamera e che cosa chi
la usa volesse riprendere, stimasse degno di essere conservata.
Nella famiglia
materna di Daniela, ricchi possidenti di Francia, c'era il vezzo di
riprendere le feste, le animazioni, le operette che Marcelle inventava
e scriveva facendole intepretare a tutta la famiglia, il tempo libero
insomma, quindi le grandi occasioni: le comunioni delle due figlie,
una è la madre della regista, i loro matrimoni oppure le vacanze,
i giochi, gli scherzi. C'è però anche l'esodo in macchina
attraverso la Francia dopo l'ingresso dei nazisti a Parigi, la lunga
fila di macchine, le loro attese. C'è la guerra con le sue
micidiali macchine di morte, c'è la perdita di un fratello
di Marcelle cresciuto da lei quando a sedici anni rimane senza la
madre.
Sempre sorridente
Marcelle, straordinaria interprete è proprio padrona della
situazione. E' la madre, come facilmente troviamo nelle nostre fotografie
di famiglia, che si assume la responsabilità di dirigere su
di sè gli sguardi, di comunicare con il mondo tenendo alto
il sorriso, la bellezza, anche qui vediamo il corpo materno che espande
intorno a sè quei fludi vitali impenetrabili, come con parole
certamente migliori scrive Elena Ferrante in La figlia oscura.
Tutto questo materiale
ferma il passato che diventa ancora vivo nella memoria risarcendoci
almeno in parte di tutte le perdite. In cambio c'è voluto moltissimo
lavoro in camera di montaggio. Il lavoro tecnico per convertire il
formato in 9 e mezzo mm, che non è l'8 mm, usato poi negli
anni '50, è stato lungo, difficile e forse in un primo tempo
anche poco gratificante, è stato arduo poi montare il film,
fermare il fotogramma, tagliare queste immagini segnate dal tempo.
E' un contributo
alla storia delle donne.L'immagine-storia dimostra come attraverso
ciò che ognuna-o sa di sè e della propria origine può
congiungersi con la storia, quella ritenuta generale e farla parlare
da uno dei suoi tanti punti di raccordo.
Daniela Trastulli
è oggi docente di Scrittura per il documentario alla Scuola
di cinema Televisione e Nuovi media del Politecnico delle arti di
Milano, premiata regista di documentari. E' una pioniera dei festival
italiani della regia femminile, organizzatrice delle prime edizioni
degli Incontri internazionali di cinema a Firenze, autrice di due
fra i primi studi italiani sulla regia femminile Germania pallida
madre. La ricostruzione di una memoria storica nel cinema di Jutta
Bruckner, Helke Sander, Helma Sanders-Brahms, Ula Stockl e Margarethe
von Trotta (La casa Usher, 1982) e Dalla parola all'immagine. Viaggio
nel cinema di Marguerite Duras, (Bonini, 1982).