Donne e conoscenza storica
         

Immagine-storia

 

 

 

Lotte Reiniger (1899-1981)

di Donatella Massara

Uno dei primi approcci con Lotte Reiniger l'ho avuto nel corso di una ricerca sul cinema lesbico degli anni '20 e '30. Avevo scoperto una frase che parlava di lei nel Diario della scrittrice, mecenate,impegnata nel cinema sperimentale Brhyer che ricordava gli anni berlinesi quando <<stavo seduta sul pavimento di Lotte mentre lei tagliava le silhouettes>>. Sapevo chi era Charlotte Reiniger ma questa frase le aveva dato un corpo, vedevo l'artigiana del cinema, l'artista, la tenace costruttrice. The Prince Achmed, la sua opera più importante, fruibile in dvd nella bellissima copia restaurata da una cooperazione europea, inglese in testa, e la cui stampa è italiana. E' il primo lungometraggio nella storia del cinema che utilizza le silhouettes, le 'ombre cinesi', le figure semimobili ritagliate su cartoncino di solito nero e illuminate dal basso. Uno studioso del cinema di animazione - Gianni Rondolino di questo film scrive <<rispecchiava molto bene non soltanto la natura lirica e fantastica del testo letterario di partenza, trasferito in immagini raffinate, d'un gusto figurativo elegante, ma anche le possibilità espressive d'un mezzo che consentiva, a differenza del normale disegno animato, delle soluzioni narrative e spettacolari originali>> (Lotte Reiniger a cura di G.R. et al, Compagnia del Bagatto, 1982) e conclude <<non v'è dubbio che il cinema di Lotte Reiniger occupa un posto di rilievo nella storia del cinema d'animazione mondiale, ed anche per i suoi caratteri originali e per il successo di critica e di pubblico cha ha avuto, nella storia del cinema tout court.>>.
Una intrattenitrice per bambini così si definisce lei oppure dice:<<sono una dolce piccola donna …>>, <<una a cui hanno sempre attribuito meriti che non aveva>>. E' sicuramente l'umiltà la sua caratteristica dominante - dice Katja Raganelli nel documentario che le dedica (Homage to the Inventor of the Silhouette Film, Gran Bretagna, 1999).

I critici italiani fra il 1979 e l'anno della sua scomparsa le hanno dedicato alcuni scritti e un catalogo postumo - dove è stato anche analizzato scena per scena il film, in omaggio alla sua presenza a Torino nell'aprile del 1980 dove aveva tenuto per una settimana un corso presso il Laboratorio Lanterna Magica. Negli scritti tutti maschili ho notato il tentativo di restituire la regista alla ragione comune, quindi alla disparità di giudizio più che alla differenza sessuale. Nella cornice di ammirazione, rispetto e riconoscenza per il suo lascito artistico, i critici rispondono alla domanda di come abbia fatto una donna a ottenere un risultato così eccezionale, raggiungere un primato tanto ragguardevole riuscendo a interagire con il gruppo di intellettuali, compagni della sua avventura artistica e a conquistare una fama decisamente più marcata della loro. Scrive Alfio Bastiancich <<Di origine piccolo borghese L.R. entrò giovanissima negli esclusivi circoli artistici berlinesi imponendosi con tenacia e discrezione. A differenza di molti non pagò il prezzo di un intellettualismo che peraltro non avrebbe potuto né voluto sostenere: visse e lavorò fra un nugolo di artisti che la sovrastavano e che fronteggiò con la modestia dell'artigianato>> (Lotte Reiniger, cit.). Rilevano le scene firmate da Walter Ruttman che intervenne con le su e forme astratte nelle scene iniziali di presentazione dei personaggi, introdusse l'uso della sabbia per dare un effetto di trasparenza al genio della lampada e da Berthold Bartosch che girò la scena di Aladino in barca costruendo i fondi sovrapposti per creare il mare tempestoso. Alla fine è quasi più lo spazio dedicato a questi contributi che al lavoro della Reiniger, semplice artigiana a confronto con il genio creatore di chi fa gli effetti speciali. Non diversamente spazza via la presenza femminile il circuito di vendita che fino a pochi mesi fa metteva in The Prince Achmed la regia del marito, Carl Kock, l'eccellente e sempre rimpianto collaboratore tecnico delle riprese, che diventerà assistente di Jean Renoir, dopo la fama del film raggiunta a Parigi.

E' l'arte di Lotte Reiniger a comunicare il senso dell'animazione. Gli effetti speciali dei suoi collaboratori sono bellissimi ma sono stati superati dalle innovazione tecnologiche. Il lavoro artistico di Lotte è qualcosa che dà al film una insuperabile nota di contemporaneità. E dopo di lei le ombre cinesi saranno un sistema molto popolare, usato internazionalmente e ispirato al suo insuperabile film.

Lotte Reiniger dopo i primi lavori perfezionò il suo tavolo d'animazione e anche le macchine da ripresa. Il lungometraggio era per i tempi molto raffinato. Alla normale macchina da ripresa lei e il marito avevano aggiunto apparecchiature che <<consentivano complessi movimenti di cinecamera, sovrimpressioni, effetti scenografici>> .
Ma risalta soprattutto la perfezione formale delle sue figure. Lei sottolinea nelle interviste la grande difficoltà di fare questi film. La possibilità di usare suono e immagine coordinati è uno dei suoi obbiettivi maggiori. Scrive ancora Rondolino << Nel 1919 la Reiniger si costruisce la prima attrezzatura tecnica per la realizzazione di film di silhouettes, un apparecchio piuttosto elementare che consentiva l'animazione delle figure di cartone ritagliato senza particolari effetti scenografici. Fu con questa attrezzatura che girò i suoi primi film del 1919-22, opere in gran parte sperimentali … in cui alla cura estrema per i particolari formali, al tenue ma genuino lirismo della composizione narrativa si uniscono una precisione tecnica e un gusto per la rifinitura del prodotto>> (Lotte Reiniger cit.).
Di grandissimo interesse è un libro edito Virginia and Leonard Woolf - Hogarth Press 52 Tavistock Square London nel 1931, Walking Shadows. An Essays on Lotte Reiniger's Slhouette Films di Eric Woller White che mette in stampa una lettura tenuta dall'autore l'anno prima alla Newport Film Society. In questo libro ci sono delle splendide fotografie che fanno vedere molto da vicino e nei particolari le ombre cinesi ritagliate costruite da Lotte: i punti di snodo che permettevano di muovere le figure, i particolari dei vestiti, le trasparenze, le espressioni del viso che come si vede nel film lei riusciva a imprimere con un semplice taglio dell'occhio, la diversa posizione del capo, le pose del corpo.
The Prince Achmed richiese tre anni di lavoro dal 1923 al 1926, 300.000 frames (lastre di vetro su cui poggiavano le figure) e un notevole finanziamento che le fu offerto da un banchiere e il giovane Hagen è stato fino alla morte della regista il proprietario dei diritti sui suoi film. Il team del film lavorò a pieno tra tempi che sconfinavano le otto ore nel garage della villa di campagna degli Hagen.
Lotte per i film successivi proseguirà in studi molto accurati sullo scheletro degli animali. Andava allo zoo e imitava i movimenti delle bestie davanti alle gabbie, fra l'attonito stupore del pubblico, li mimava sul pavimento di casa sua costernando il consorte, mente razionale della coppia artistica, studiava i caratteri dei personaggi e animava le sue figure drammatizzando la storia fino a comunicarne la poesia profonda oltre alla bellezza. Katja Raganelli, all'inizio del documentario, dopo avere visto molti film della regista, dice che colpisce il forte desiderio della regista per la verità detta nelle favole, e domanda quanto sia stato duro per una donna creare all'interno di un'industria dove dominavano i maschi. La risposta la trova in uno dei suoi film dove il personaggio femminile, Galatea, sceglie la libertà femminile.
Le domande dei critici sono diverse e chiedono quanto la lezione dell'espressionismo tedesco avesse influito sulla scelta delle silhouettes che andavano decisamente controcorrente alla ricerca del cinema di animazione. Ruttman, poi documentarista, che era un pittore astratto trasformava le forme che si contraevano e riempivano senza soluzione di continuità in un film che avrebbe dovuto proseguire in una serie. Viking Eggeling faceva riprese per animare su lunghe file di rotoli i segni pittorici e realizzò un film astrattista insieme a Erna Niemeyer, un'animatrice che aveva già collaborato con lui con le fotografie. Hans Richter anche era un seguace dell'arte astratta e aveva realizzato tre brevi film d'animazione.

Ma sono le relazioni fra donne che sarebbe veramente interessante indagare invece per Lotte Reiniger perché nella Berlino dei locali, delle avanguardie artistiche, delle scrittrici, poetesse, cabarettiste, fotografe, queste costruirono una rete di forti riferimenti e Lotte Reiniger sappiamo che era una di loro, come ho detto; non solo aveva delle amiche ma certamente sostenitrici che apprezzavano la sua arte. Nelle testimonianze risulta infatti quanto lei sia stata ferma nelle sue idee, incurante per esempio delle critiche dei suoi compagni per un altro soggetto del primo film, non la fiaba ma un argomento sociale. Lei invece credette sempre nel valore di verità delle fiabe che diceva contenevano più verità dei giornali.
Figlia unica Lotte Reiniger aveva sempre ottenuto dai genitori tutto quello che desiderava, aveva avuto una infanzia, come dice Raganelli: intensa. La sua prima ombra la ritaglia a 12 anni. Esiste ancora conservata insieme alle altre. In relazione a quanto ho detto sul suo essere una donna in mezzo a un mondo maschile che pretende di essere più alto di lei, in tutti i modi, suona ironicamente preveggente il titolo di questa sua prima opera Das tapfere Schneiderlein versucht Mus (Il piccolo sarto coraggioso assaggia la marmellata).