Donne e conoscenza storica
         

Immagine-storia

 

 


Kim Loginotto

 

Florence Aysi

 

Il sito di Sisters in law

 

 

 

Sisters in law di Kim Longinotto e Florence Aysi, UK, 104', 2005

di Donatella Massara

In un villaggio del Camerun due signore fotografate con la parrucca bianca, gentilmente appoggiata sui loro capelli nerissimi, in toga nera e fascia dei colori nazionali sulla spalla -a segnalare l'onorabilità del loro ruolo- sono rispettivamente giudice, presidente della Corte, Beatrice Ntuba, e Pubblico ministero, Vera Ngassa.

La troupe di Kim Longinotto e Florence Ainsy ha seguito per tre mesi l'attività della corte che ha pure l'aiuto di una donna poliziotto e ne è nato Sisters in law. Assistiamo allo svolgimento di tre casi: un'adolescente stuprata, il colpevole è un vicino di casa, una bambina picchiata da una specie di zia, la bambina bellissima di sei anni ha il corpo pieno di cicatrici, e infine una moglie chiede il divorzio dal marito che la ricopriva di botte se non gli chiedeva il permesso di uscire di casa.

Le due donne dominano i casi con determinatezza e uno sguardo di confidenza verso le altre donne, che come nel caso della signora divorziata, per la prima volta azzardano portare davanti alla legge, rappresentata da altre donne autorevoli, ciò che subiscono in casa.

Dal punto di vista della storia delle donne e di come la raccontano le registe mi ha colpito che il tempo delle donne parta nel momento in cui le vediamo operanti nello spazio pubblico, in qualità di vittime ma anche di giudici, di colpevoli e allo stesso tempo di accusatrici. Non ci viene raccontato cosa c'era prima, quante ingiustizie subivamo, come e perchè erano vittime. La rivoluzione è fatta nella pratica, senza lamentarsi del passato. Nel momento in cui sono autorevoli le donne hanno il potere di usare il tempo di altre e altri, di comminare la loro reclusione, di fare giustizia, di soccorrere le sofferenze di altre, esseri inermi e donne indifese, ed è così che fanno esistere una storia delle donne. E' una storia che dal presente fa vedere un passato e prova a cambiarlo. C'è la partenza di un tempo della storia visibile perchè la figura femminile rimette in movimento i principi che altrimenti percepiremmo come immobili. Se la ripetizione ha ricevuto un arresto tuttavia non c'è alcuna intenzione di rifondare i valori, i significati, i principi. Le donne usano la legge che c'è, e a questa le vittime si appellano, non c'è una nuova creazione di diritto. C'è evidente anche la preoccupazione di non rompere gli stereotipi ma piuttosto di fare vedere dove questi sono assurdamente recitati dai maschi. Il film racconta un aspetto del presente che allo stesso tempo include il passato, e fa di Sisters in law un testo convincente, forte, liberante.

Elizabeth Weitzman in Daily News (14, 4,2006) dice <<Perchè il film è tutto focalizzato sul lavoro delle donne così che impariamo troppo poco sulle loro storie personali? Come hanno fatto a raggiungere una posizione così preminente in una società che sembra estremamente patriarcale? Forse abbiamo bisogno di un sequel che sarebbe verosimilmente altrettanto affascinante di questa invogliante introduzione alle due coraggiose pioniere>>

Proiettato a Firenze, il 19 ottobre, alla 28a rassegna degli Incontri Internazionali di cinema a cura del Laboratorio Immagine Donna, Sisters in law ha fatto meritare a Kim Longinotto, una delle due regist, il Sigillo della pace 2006.

Il documentario di Kim Longinotto e di Florence Aysi è stato presentato in tantissimi festivals e nel 2005 selezionato anche per Cannes dove ha vinto il Prix Art et Essai. La prima delle due autrici è notissima regista di documentari molto attenta alla realtà femminile, l'altra, originaria di Kumba, il paese dove si svolge il film, è programmatrice capo al corso di film e video dell'International Film School Wales. Florence Ainsy spiega il motivo per cui ha voluto questo film: <<ritrarre le figure di donne forti e positive che ci sono in Camerun>> e <<rappresentare una realtà differente dell'Africa contemporanea, secondo una prospettiva che vada oltre gli stereotipi negativi>>, perchè è frustrata da come l'Africa <<è raffigurata sempre terra di miseria perpetua e di disperazione>>.Le signore della corte di Kumba vogliono cambiare il modo di vivere della comunità dove vivono e hanno risultati che potrebbero cambiare il mondo. Così ci dice il trailer di Sisters in law che è visibile nel sito di Women make movies.