Sole
di Mariangela
Barbanente, Italia, 52', 2000
di
Donatella Massara
Sotto
il sole crescono frutta e verdure. "Sole" sono le donne che raccontano
la storia del bracciantato in Puglia. E' fra questi coni di presenza, fra natura
e condizione sociale che si snoda il documentario di Mariangela Barbanente.
L'immagine
storia è quella del lavoro femminile, protagoniste donne sole e sole donne
perchè gli uomini non li vogliono a raccogliere quella merce preziosa.
E le immagini rimandano questa storia con una forte capacità magnetica;
vediamo il trascorrere di un tempo con le donne protagoniste del lavoro mentre
gli uomini sono spariti dalla conduzione famigliare, passano la loro vita a giocare
a biliardo, in alcuni casi sono in prigione. Un caporale, un sindacalista, un
figlio in carcere che consola la madre sono gli unici uomini che parlano nel documentario.
Senza grandi clamori c'è uno spostamento della chiave dei valori sociali
che tra i due sessi realizzano l'apertura verso la narrazione storica.
Molto
belle sono le sequenze della processione che seguiamo alla fine del film. Prima
gli uomini sorreggono la statua del Cristo presi dal basso. Poi vediamo un plongè,
una ripresa dall'alto, sulle testine con il fazzoletto delle donne vestite di
nero. Le donne ritornano davanti alla mdp in primo piano, guardandoci negli occhi,
siamo diverse ma ognuna potrebbe essere l'altra. E' il movimento di una mdp che
segue l'alzarsi e l'abbassarsi delle strade nei paesi del sud a ridosso delle
colline, ma è anche un movimento che interpreta il disfarsi delle concezioni
patriarcali, una lettura del mondo piano che il mercato della globalizzazione
ha ottenuto senza troppo meritarselo. La sequenza è chiusa con Rosa, la
più anziana, in pensione, in primissimo piano. E' lei che ha fatto da modello
alle altre per la lotta contro i caporali, per la relazione fra donne, con 'la
giovane', quella che se protetta nessuno osa toccare. Questo succedeva ai suoi
tempi. Teresa aveva 15 anni quando aveva cominciato a lavorare con Rosa, e si
era messa sotto la sua protezione, adesso invece c'è la solitudine delle
più giovani. Perchè fra queste donne e i caporali c'è di
mezzo anche la violenza sessuale, non solo lo sfruttamento economico.
Le
condizioni di lavoro oltre alla disonestà dell'appalto sono però
pessime. Il documentario parte da un incidente dove varie donne sono rimaste ferite
e una è morta. Mariangela l'ha letto sul giornale. E' capitato nei posti
dove va in vacanza e un'altro punto di vista che non immaginava le si è
aperto davanti. Da qui nasce il film. La regista voleva capire di più.
Le donne stabiliscono una relazione che cambia la prospettiva sua ma anche la
nostra di attive spettatrici.
Ogni
giorno in Puglia più di 20.000 braccianti saltano su quei pullmini stipati
per andare a lavorare. Le
braccianti per arrivare a guadagnare, nel 2000, 34milalire al giorno per sette
ore, molto del loro tempo lo spendono sulle strade, dice Teresa:<<consumate
dalla nostra vita o forse è il contrario>>. La levata è fra
le 3 e le 4 meno un quarto, la partenza sul pullmino guidato dal caporale è
alle 4. Percorrono km e km, pigiate in più di venti in uno spazio di nove
sedili, per raggiungere da Ceglie Messapica la zona del Metapontino fra Policoro,
Rocca Imperiale e Nova Siri. E' lì dove ci sono le masserie che in continua
espansione cercano la mano d'opera per la raccolta agricola. Il caporale ha appaltato
il lavoro dalle aziende e lo procura garantendo il trasporto e tenendosi una parte
del guadagno. Più fa freddo e più c'è bisogno di frutta e
verdura, merce preziosa per le quali occorre una merce che non è altrettanto
preziosa: le donne che la raccolgono. Quelle donne hanno mani delicate, flessibili,
pazienti, possono stare sette ore piegate in due per le fragole o tutte protese
verso le viti alte a tagliare i grappoli di uva. Quando fa freddo dicono che <<le
mani non le senti più>> e alla fine della giornata neanche più
le braccia.
Teresa
che ha lavorato parecchi anni in Germania ci dimostra che altre invenzioni, quelle
che gli propone il sindacato, non reggono. Alcuni anni fa avevano tentato l'autogestione
del loro lavoro, ma il sindacato non le aveva aiutate: avevano addirittura trasferito
il sindacalista che le organizzava. Adesso le aziende che hanno accettato di assumere
secondo contratto, pagando 45.000 al giorno, lo fanno perchè non trovano
abbastanza mano d'opera con i caporali. E in pochi giorni vediamo che l'esperimento
fallisce, le donne sono ritornate da capo a aspettare il pullmino. La possibilità
di lavorare è assicurata da questa contorta manipolazione dei rapporti
di lavoro. Il rischio di accettare l'alternativa ai caporali è che poi
per ritorsione ti lascino a casa. E queste donne: Teresa, Vita e la figlia Rosalia,
non hanno altre fonti di sostentamento per sè e per la loro famiglia che
poggia tutta sul loro lavoro. Sono sole. Una di loro con determinatezza decide
di mettersi a studiare per cambiare lavoro. Daniela arriva alla fine del film
a dare il primo esame per diventare assistente sociale. E con la sua felicità
vediamo delinearsi i cambiamenti che hanno portato le nuove migrazioni, perchè
quei lavori -oggi- sono svolti non solo più dalle donne ma anche dagli
uomini come gli slavi che accettano condizioni di lavoro ancora peggiori.