Donne e conoscenza storica
    

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Il Cast

Storia del cinema lesbico negli anni '20 e '30

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



La Storia del film

Il film è una produzione indipendente con interpreti non professionali e professionali. E' diretto, prodotto e interpretato solo da donne. Fra queste c'era Erika Mann, che interpreta l'insegnante di tedesco.

La premiere del film ebbe luogo il 27 novembre 1931 a Berlino al "Gloria Palast"
La pellicola che si trova attualmente in commercio è quella originale. La si può riconoscere dal finale: Manuela viene salvata. Questa versione si trova nella edizione francese, inglese-americana, tedesca.


La censura americana sostituisce il finale

Nel 1931 il finale pattuito in USA fu invece il suicidio di Manuela.
Gli americani usano scene che erano state girate sul set di Maedchen in Uniform.
Dice Rina Macrelli (Maedchen in Uniform di Video Viola (a cura di Rina Macrelli, Mariangela Capuano, Lia Di Marino, Emanuela Loli, Giovanna Pala, Silvia Santoni): che queste scene erano state fatte in rispetto del dramma teatrale e della storia vera che c'era dietro al testo scenico. Queste scene - sono state poi sostituite con un <<messaggio politicamente più valido>> Commenta Rina che il cambiamento di finale resta <<un merito del film>>.
La versione originale è la più conosciuta, dopo la riscoperta femminista degli anni '70. Il film era stato presentato al terzo incontro di cinema delle donne "Il gioco dello specchio". Nel volume che introduce alla rassegna Sheherazade, Di fronte allo schermo. Materiali per il terzo incontro di cinema delle donne "Il gioco dello specchio", La casa Usher, 1981, si trova la sinossi della versione originale.

Scrive Giovanna Pala in una presentazione di Maedchen in Uniform di Video Viola (op.cit.) : due distributori americani acquistarono la pellicola e d'accordo con l'Hays Office cambiarono il finale. Il codice Hays la nota censura americana anticomunista sarebbe stata dal 1934 supportata. Infatti la Motion Picture Code stabilisce il divieto di parlare dell'omosessualità per entrambi i sessi.
Nel 1931 il finale pattuito in USA fu il suicidio di Manuela. Erano scene che erano state girate - dice Rina Macrelli (id.) - in rispetto del dramma teatrale e della storia vera che c'era dietro. Queste scene - sono state poi sostituite con un <<messaggio politicamente più valido>> (id.) Commenta Rina che questo cambiamento di finale resta <<un merito del film>>.

La censura america taglia alcune scene


In USA per avere libera circolazione la censura operò alcuni tagli. Giovanna Pala (op.cit.) cita: <<bobina quattro: eliminare tutti i piani del volto di Manuela che guarda Miss von Bernburg in classe. bobina cinque: eliminare la frase di Manuela " la sera quando lei mi dà la buonanotte ed esce dal mio letto e chiude la porta, devo sempre fissare la porta nell'oscurità, e poi mi piacerebbe alzarmi e andare da lei, ma questo non mi è permesso. E poi penso che diventerò grande e dovrò lasciare la scuola e lei invece resterà qui e ogni notte darà il bacio ad altre ragazze".
Venne anche eliminata dalla bobina nove la parte in cui la preside definisce l'affetto di Manuela "un peccato" e la replica dell'insegnante "quelli che voi chiamate peccati, preside, io li chiamo il grande spirito dell'amore che ha migliaia di forme"


I° Mostra Internazionale del Cinema - Venezia

Il film era stato presentato alla prima Mostra Internazionale del cinema di Venezia nel 1932. Vince il premio del pubblico. Nello stesso anno nasce il primo stabilimento di doppiaggio in Italia la Casa Cines Pittaluga: Ragazze in uniforme viene quindi doppiato e veduto.

In Francia viene chiamata Colette a tradurre i sottotitoli del film.

In quell'anno a Venezia c'erano altre donne in gara con Il Don Silenzioso, la russa Olga Preobrascenskaia, e l'austriaca Leni Riefensthal con La bella maledetta

 

Il cast

Maedchen in uniform di Leontine Sagan, Germania, 1931, 88'-
Girls in uniform, 1931 USA 87' versione inglese
scritto e sceneggiato da Christa Winsloe,
dir. artistica Carl Frolich

interpreti: Emilia Unda: la preside; Dorothea Wieck, la signorina von Bernburg;
Hedwig Schlichter, la signorina von Kesten; Hertha Thiele, Manuela von Meinhardis, Ellen Schwanneke, Ilse von Westhagen:
Erika Mann, Fräulein von Attems (?), Ellen Schwanneke, Annemarie von Rochhausen, Dora Thalmer, ragazze, Gertrud de Lalsky (?)
Fotografia: Reimar Kuntze, Franz Weimayr
Musica: Hanson Milde, Meissmer
Produzione: Cooperativa Indipendente Deutsche FilmGemeinschaft


Nicoletta Poidimani in "CHE RAZZA DI DONNE? Fantasma lesbico e disciplina della sessualità femminile nell'impero fascista" - sta in AA.VV. a cura di Luisa Passerini e Nerina Milletti, Fuori della norma. Storie lesbiche nell'Italia della prima metà del Novecento, Rosenberg & Sellier, 2007

(pag 231-232 op.cit) <<In tale clima di crescente controllo e denigrazione delle relazioni tra donne (nel periodo fascista) si inserisce perfettamente il commento al film Maedchen in uniform di Leontine Sagan, apparso su "La Difesa della Razza" nel dicembre del 1938: è questo il perfetto esempio della "lesbica che non c'è" , il cui fantasma, però, il regime ha utilizzato stravolgendo e negando il desiderio e la sessualità tra donne.
[...]
In Italia è nel numero de "La Difesa della razza" interamente dedicato alla maternità, all'infanzia e alla famiglia che viene citato e giudicato fra i film <<interessanti>> in quanto in esso <<sono analizzate le conseguenze della mancanza dell'affetto familiare>>e <<la mancanza di affetto è esasperata fin nei morbosi rapporti di una ragazza con la giovane istitutrice e nel tentativo, sventato a tempo, di suicidio>>.

Il primo film apertamente lesbico viene così utilizzato come pretesto per affermare il primato della famigliae della maternità nella sfera affettiva. In quel richiamo palesemente pretestuoso viene negata esistenza e consistenza all'amore tra due donne, che non esisterebbe in quanto desiderio autonomo ma sarebbe originato da carenze affettive. La <<lesbica>> perciò non esiste ma, per non lasciare adito a dubbi, qualora una madre avesse mancato nel dare adeguate cure alla figlia, i desideri di questa per altre donne avrebbero subito lo stigma della morbosità. Il messaggio, quindi, non è rivolto solo a disciplinare le potenziali lesbiche, ma anche le donne eterosessuali che, se avessero trascurato i propri doveri materni , non traswmettendo i doveri i principi della <<normale>> femminilità e i limiti imposti dall'appartenenza a un determinato sesso, avrebbero potuto causare il lesbismo delle figlie, come sosteneva anche quella parte della scienza medica dell'epoca - europea e non - che nel testo di Radycliffe Hall, Il pozzo della solitudine, riteneva di avere trovato un paradigma narrativo e psicologico dell'esperienza lesbica.>>