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in Il Manifesto 16 Novembre 2002 Nel nome del piacere
Come non vogliono effetti speciali Andrea D'Ambrosio e Daniele Di Basio nei Pesci combattenti (menzione speciale doc), ragazzini e insegnanti nella periferia «difficile» di Napoli, Barra, tutti insieme nella scuola nata dal progetto Chance, uno di quelli che la riforma Moratti ha distrutto. Nei film di Julio Bressane (parte della retrospettiva arriva al Roma Film Festival) specie quelli girati tra la fine degli anni 60 e i primi 70, il gioco estremista di vissuto e arte è irriverente sentimento rivoluzionario di quello che sarà il «cinema novo» o marginal o udigrudi - seguendo le divisioni storiche - che è stato poi scontare un silenzio critico anche a sinistra, un po' come sarà anni dopo in Italia per in protagonisti del `77, per i Pazienza, i Tamburrini la cui modernità stellare andava diritta in endovena e per quei tempi era troppo avanti, tanto da stritolarli. Ma è questo filo di immaginario che fa paura, che rende i no global pericolosi «terroristi» da sbattere in galera (copione abusatissimo). Non è un caso se il festival di Tunisi Satin rouge, nonostante i trionfi berlinesi (era al Forum) lo ha respinto: lo dirige una donna, lo produce una donna, Dora Bochoucha (in Italia è Key Films) la protagonista è una donna Lilia, (Hiam Abbass bravissima) che polverizza il rito del suo ruolo di madre (ha una figlia adolescente) e vedova riscoprendo il piacere del corpo e della sensualità in un cabaret di danza del ventre dove arriva inseguendo il fidanzato della figlia (col quale avrà poi una storia). Melò, eccessi, commedia, la regista rovescia ruoli e codici del cinema miscelandoli con sapienza tagliente, il rischio è la banalità volgare o il luogo comune ma questa danza nasce dal cuore, è allegra, piena di humor e di dolcezza, massacra ipocrisie e leggi per uomini e donne nel nome della libertà. Vissuto e dinamiche collettive, appunto. La voce di Stacy Peralta in Dogtown and Z-Boys, passato in Americana tra le cose più belle viste al festival che ci racconta in prima persona la rivoluzione dello skate, quando i ragazzi di Dogtown cresciuti tra santa Monica e Venice e sopravvissuti grazie a skate e surf, azzerano tutti i regolamenti con il loro skateare contaminato, fatto di terra e acqua, che rubava al surf l'energia dell'onda pe riportarla nelle piroette su terra e cemento. Eccolo lo Zephyr Skeating Team, di cui lo stesso Peralta è tra i protagonisti, che fa esplodere lo skate nel mondo e negli Usa, trasformandolo in business. Peralta accende gli occhi dei teen'agers del tempo (fine anni 70-80) con le sue foto dinamiche, che liberano tutto il movimento e la passione del rischio dello skate moderno, tutti sognano DogTown. Ma il business ammazza l'allegria. C'è chi come Peralta ce la fa e altri, bravissimi e più fragili che vengono risucchiati, droga, depressione, marginalità, il mercato macina talenti, li digerisce e li risputa sotto forma di nuovi logo, t-shirt, pantaloni, tavolette, riviste... Le interviste sono fantastiche, c'è dentro un'epoca che quando nasce almeno non è multinazionale, è coraggio, indipendenza, voglia di libertà. Non poco.
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