Donne e conoscenza storica
         

I ventotto film di registe usciti nelle sale nella stagione 2003-2004: successi e cartellone, qualche considerazione politica.

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Articoli e saggi sul cinema delle registe

 

 

Commenti ai film. ROSENSTRASSE, TUTTO PUO' SUCCEDERE, MONSTER, I SENTIMENTI

di Donatella Massara

 

Come tutti i film delle registe vale anche in questa stagione la valutazione che ne ha dato casualmente Serge Daney, così citato nel saggio di apertura di Federica Giovannelli a Federica Giovannelli e Giulia Fanara (a cura di), Eretiche ed erotiche.Le donne, le idee il cinema (Liguori, 2004).
Il critico cinematografico dice: adesso che le donne cominciano sempre più di frequente a fare cinema <<non si gioca più>> e <<rappresentano un cinema irrimediabilmente adulto>> (Il cinema e oltre. Diari 1988-1991, Milano Il castoro p.262-263) .
Affermazione difficilmente smentibile e che non serve a rettificarla citare Tutto può succedere di Nancy Meyers o E' più facile per un cammello di Valeria Bruni Tedeschi. Non serve che il primo sia un film brillante e neppure il secondo che sia l'autobiografia di una ragazza ricca ricca che ironizza su se stessa.
Sono seri anche loro. Anzi. Secondo la curatrice di Eretiche e erotiche, constatato l'assunto di partenza, il cinema delle registe racconta anzitutto l'oppressione femminile poi ne mostra le strategie di resistenze verso cui prevale l'elogio del margine. L'autrice riconosce però ai film delle registe la messa in gioco, questa sì, delle differenze, come dire la singolarità delle donne e le storie che ci fanno diverse - nonostante che per entrare nel simbolico - citazione di Ida Dominijanni - occorra pensarsi come genere.
Così arriva l'affermazione che più ho condiviso: <<E' su questa soggettività riscoperta che deve costruirsi il cinema delle donne; suoi sono i desideri che ne costituiscono le declinazioni, sue sono le discordanti caratteristiche che per la prima volta vi trovano visibilità>> (pag.33)

Sono invece in disaccordo sulla collocazione delle donne ancora e sempre dentro la narrazione dell'oppressione. Se c'è storia del cinema e riguarda anche le donne, è questo spostamento di sguardo che la critica cinematografica ha il compito di indagare. Nel volume sopra citato anche il fenomenale film lesbico Go fish di Rosa Troche è inscritto nella narrazione dell'oppressione femminile!!
Mi piace invece pensare all'intarsio del cinema femminile con l'esistente e vedo in questo congiungimento e coinvolgimento -a volte fatto di apparenza e minimalità, se non anche superficialità - una politica del gesto delle donne, non sempre descrivibile a parole, oppure vedo una interpretazione del cio' che succede fra le donne, non sempre determinata a diventare coscienza, che sono il grande valore del cinema femminile. Un valore che è seriamente e sentimentalmente molto stimolante. Fino a conquistarci con opere di grandissimo impegno che rielaborano il senso del presente per le donne e sommano in sè un messaggio attendibile e buono per tutti, donne e uomini.

Di questi film al primo posto vorrei mettere Rosenstrasse. Margarethe Von Trotta, la regista, è sempre molto attenta alla politica delle donne e non è certo l'oppressione femminile che questa autrice di film già negli anni '70 vuole raccontare. Lascio a chi la pensa irrinunciabile scovare i segni di denuncia dell'oppressione in Rosenstrasse; suggerisco la scena dove la protagonista per salvare il marito è obbligata a godersi Goebbels a letto.

Rosenstrasse è il film di una maestra di cinema che ha fatto qualche film negli anni passati non riuscito; adesso ci dà una pellicola straordinaria. La regista è attivissima nella televisione tedesca, era diventata molto nota al pubblico internazionale fra gli anni '70 e '80. Ha al suo attivo una filmografia vasta e una serissima critica cinematografica accompagna il suo lavoro. Mi riferisco agli scritti di Ester De Miro e di Maria Schaivo, per citarne solo alcun

Non smette mai di interessarmi in Margarethe Von Trotta la coerenza e la sensibilità - allo stesso modo casuale e cercata - dell'impegno femminista. I suoi film hanno sempre uno spazio evidente per il pensiero politico delle donne e ne raccolgono non solo una generica ispirazione. Film per film la regista ha rappresentato e testimoniato quanto il movimento delle donne andava elaborando negli anni. Essendo vissuta in Italia la regista ne ha accolto l'impegno politico e delle donne sa valorizzare i contenuti e gli interessi.

Von Trotta ha esordito in Germania con film molto forti e ancora capaci di destare suggestioni e creare il dibattito. Penso a Sorelle e a Anni di piombo, che merita il Leone d'Oro a Venezia e a a Rosa L.. I film successivi si sono rivelati in alcuni casi troppo desiderosi forse di raccogliere una storia del presente che era sfuggente e che aveva molti segni dell'individualità se non dell'individualismo. E' su questo versante che Von Trotta ha fra le mani la magia di chi sa sfuggire al banale pur senza essere eccentrica; a lei il merito di sapere tentare il rilancio nel mondo politico anche di materie prime apparentemente prive di finalità politica. Il pensiero delle donne le è allora attinente. Con la storia delle donne la sua comunicazione si avvia a indicare nella politca delle donne una parentela naturale e acquisita coscientemente.

Dopo la prima fase della sua carriera che ha offerto film veramente completi e importanti fino a toccare gli anni '80 con Lucida Follia; nel secondo periodo della sua produzione si ritrovano i motivi dell'impegno politico inquadrato nel quotidiano e nella capacità di riprodurre il presente delle donne. Mi riferisco a L'Africana, e a Paura e amore. Un vero tocco magistrale è la capacità di Von Trotta di lavorare con la presenza di attrici perfette per il suo cinema richiamate più volte a girare i suoi film come Barbara Sukowa, Eva Mattes, Jutta Lampe, donne che ne simulano lo stile, classico e essenziale..

Con Rosenstrasse la regista riapre il dialogo con le donne e la storia. L'opera rompe la serie di film di questa stagione 2003-2004.

In questi film l'immaginario femminile spazia nella vita di tutti i giorni sensibilizzata, però, verso la capacità femminile di disegnarne i contrasti e di appuntare su di essa i segni della differenza femminile. In Rosenstrasse in sintonia con la ricerca che le donne hanno dedicato alla storia delle donne la regista apre uno spazio fondamentale. Fa parlare donne comuni ma allo stesso tempo taglia la storia con il segno di una diversità ribaltante e trasformativa.

Rosenstrasse è la via per accedere a una storia affatto squadernata, la storia delle donne che abita il presente come il passato lasciandosi scrivere solo dove le donne desiderano. Rosenstrasse è la via dove per intere giornate protestarono le mogli e altre persone imparentate con ebrei catturati a Berlino. Questi erano cittadini tedeschi e ancora di più potevano definirsi tali le mogli ariane che avendo sposato un ebreo ne rivendicavano il diritto alla vita e in nome del loro matrimonio e della loro cittadinanza. Come è noto i casi di opposizione al nazismo sono stati pochissimi. In un opuscolo che si trovava in vendita alcuni anni fa a Berlino questi casi sono stati elencati, alcuni sono più noti, come le giovani donne e i giovani uomini della Rosa Bianca, o come gli alti ufficiali che prepararono l'attentato a Hitler poco prima che finisse la guerra.
Stranamente le donne di Rosenstrasse non sono state ricordate. Non so perché. Adesso c'è un monumento eretto in Rosenstrasse per ricordarle e celebrarle. Non è ancora del tutto chiaro perché i nazisti dopo la protesta delle donne liberarono questi uomini. Nina Schroder che ha dedicato un libro a questo caso intitolato Le donne che sconfissero Hitler (Pratiche, 2003) dice che una interpretazione sostiene che di questi uomini non era era stata programmata la deportazione, nonostante che fossero stati prelevati sui loro luoghi di lavoro in ottemperanza al disegno di Goebbels di ripulire la città di ogni traccia ebraica <<per farne dono al Fuhrer>>.

Comunque sia stato quello che importa adesso è come la regista è riuscita a realizzare un progetto dedicato a queste donne. E' un'idea che aveva in mente già dieci anni fa e che solo l'anno scorso ha realizzato. Le protagoniste sono quelle donne che protestarono per giorni in Rosenstrasse sotto le finestre della prigione ma allo stesso tempo non lo sono perché l'autrice ha lavorato su un testo immaginario spingendo la storia su un binario fittizio; questo percorre la sua strada non alterando per niente il significato di quell'episodio realmente accaduto e gli interrogativi che porta ancora con sé.

La storia delle donne in Rosenstrasse la rintracciamo sullo scenario della Germania durante la seconda guerra mondiale, dove però la regista spostando la meta del film nel presente mette in mostra la sua interpretazione. La storia delle donne si fa vedere allo snodo delle relazioni femminili che percorrono le generazioni e non c'è narrazione possibile del protagonismo femminile senza quel filo reale e indissolubile che collega le generazioni. Allora dove questo tessuto e questa testimonianza non ha fondamento reale, per costruire la storia delle donne vale l'invenzione e l'immaginazione di chi narra, offrendo uno splendido esempio di cinematografia.

In Tutto può succedere di Nancy Meyers e in Monster di Patty Jenkins pur con motivi diversi vale l'interpretazione delle attrici a sostenere il film. Nel primo film provi chiunque a pensarsi al posto di Diane Keaton e di Jack Nicholson e per quanto mi riguarda ne vedo subito l'inconsistenza che si porta via il senso del film. Diane è una grandissima attrice. Grandissima anche perché se diamo retta alle sue dichiarazioni si è trovata a recitare una situazione lontanissima dalla sua esistenza. Brava anche perché il film racconta proprio solamente l'incontro decisivo fra una drammaturga overcinquanta tutto lavoro e niente amore e uno scapolone coetaneo tutto sesso con ragazze giovani e niente amore. Perché abbia effetto l'incontro e crei interesse ci voleva proprio Diane Keaton; il film è un ritorno alla sophisticated comedy americana, con il gioco della coppia uomo donna dove lui e lei si disprezzano per poi ritrovarsi, lascia l'impressione che valeva la pena passare due ore al cinema perché c'è questa attrice che è tutta un'invenzione e una lezione di sguardi, di sorrisi, di stile.

Monster di Patty Jenkins
è invece molto più interessante come regia e la straordinaria interpretazione della bellissima Charlize Theron ne è decisamente rafforzata. La regia femminile riesce a rendere sopportabile l'atrocità delle scene violente sostituendole e alternandole con l'incontro vitale e imprevisto fra le due ragazze. C'è stata quindi una interpretazione della storia di questa prostituta violentata quasi ammazzata e che inizia a uccidere i suoi clienti, in primis il non riuscito aguzzino assassinato.

L'interpretazione di Aileen come recitazione e come indagine dentro alla persona che lei è stata vince sulla bruttezza della vita di una prostituta di strada perché trascrive una voglia di vivere maledetta, tradotta sul movimento di un'attrice con il corpo pesante e ingrossato. La vediamo guardare sempre fuori di sé, rispecchiare, con la espressione del viso immutabile, un muso duro distorto dove è piazzato tutto il male raccolto. E anche l'insopprimibile vendetta, che ovviamente la umanizza la rende amica, emozionalmente ci coinvolge perchè dice come ogni donna sia capace anche al fondo di sé di crearsi un 'altro' mondo praticabile, però, non ideale e quindi molto vulnerabile.


I sentimenti di Noemi Lvosky è un film che a me è piaciuto e non ho sofferto particolarmente per la semitragica sconfitta con riabilitazione di Nathalye Baye, che ha nella realtà e nel film cinquantasei anni e si trova un marito innamorato della moglie di un collega; i giovani sposi neanche trentenni vanno a vivere nella villetta a fianco alla loro. La giovane Isabelle Carrè nata nel 1971 è bellissima e non poteva essere scelta meglio per stare di fianco al più che cinquantenne Bacrì. Il film invece ha sconvolto Mariuccia Ciotta che su Il Manifesto ne ha parlato malissimo proprio per l'insensatezza della moglie tradita che si presenta nel testo della Lvosky - a suo parere - con reazioni <<prefemministe>>. In realtà trattandosi di tradimento, la gelosia fa i suoi percorsi non sempre razionalizzabili e in sintonia con la politica delle donne. La regista sceglie i suoi personaggi e colloca nei giusti incroci i corpi con le idee che vogliono raccogliere: non manipola sotto forme neutrali il suo immaginario e lo fa parlare, lo mette in scena rappresentando non i cambiamenti di morale ma quello che può fare sentire drammatica la storia d'amore.