Donne e conoscenza storica
         

L'immagine di Cindy Sherman qui proposta non è esposta nella mostra

 

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Claude Cahun e Marcel Moore

 

Cindy Sherman al Jeu de Paume. La fotografia fra film, invenzione e rappresentazione 16,5 - 3,9, 2006

di Donatella Massara

E' la seconda mostra di artiste che ho visitato a Parigi: Cindy Sherman dopo Tamara de Lempcicka e prima di Agnes Varda. Sono tre artiste che hanno - con diversa intensità - nel cinema un riferimento.

Ho subito amato le immagini di Cindy Sherman appena l'ho vista a Milano negli anni '80 nel corso di una ricerca sulle fotografe. Mi affascinò per la novità e allo stesso tempo la famigliarità della sua maniera di esprimersi. Simile a un gioco di bambina la sua fotografia mi intrigava per la portata più filosofica che estetica dei suoi travestimenti ricondotti nella cornice di fotogrammi di film solo possibili che non avrebbe mai girato, Untitled Film Stills . Office Killer è il film che le è stato domandato di girare nel 1997, presentato in alcune occasioni in Italia, per esempio alla GAM di Bologna nel marzo 2003.

La mostra al Jeu de Paume è una retrospettiva intelligente che la stessa artista ha seguito per la selezione. Sono presenti in ordine cronologico le immagini di: Untitled A-E (1975), Bus Riders, Murdery Mystery (1976), Untitled Film Stills (1977), Rear Screen Projections (1980), Centerfolds/Horizontals (1981), Pink Roboes (1982), Untitled #102-#116 (1982), Fashion (1984-1993), Fairy Tales (1985), Disasters (1986-1989), History Portraits/Old Masters (1988-1990), Sex Pictures (19929, Civil War (1991), Horror and Surrealist Pictures (1994-1996), Masks (1994-1996), Broken Dolls (1999), Hollywood/Hampton Types (2000-2002), Clowns (2003-2004).

Come sempre l'impatto con le immedesimazioni della fotografa è molto forte. La sua scrittura per immagini suscita un'ammirazione che non sta nel registro emozionale ma piuttosto intellettuale. Sherman mascherata con make up, costumi, scenografia, protesi aggiunte che sovrastano il suo corpo naturale in ogni situazione crea quell'atmosfera che è allo stesso tempo inizio di un racconto e conclusione. Padrona di una soggettività multipla, interprete di una infinità di volute apartheid mette la sua inventiva a disposizione di donne soprattutto e qualche uomo, interpreta presenze marginali, autoreferenziali, incorniciate, chiuse in una porzione precisa di spazio, vuoto o riempito ma che comunica sempre l'idea di un essere gettati nel mondo, heideggerianamente. Noi parvenze nel mondo siamo attraverso il suo sguardo soggetti della finitezza umana irrelata e singolare, sparpagliata lungo un asse temporale, esseri sociali e individualità storiche. L'intenzione di registrare un tempo lo conferma Civil War, fotografie dedicate, come non pensarlo, agli orrori possibili della guerra di indipendenza americana, costruite con protesi, manichini, bambole.

La collocazione di Sherman più che ancorata al femminismo americano è oggi sempre più rivolta alla storia del suo paese. Una collocazione politica che continua in Clowns del 2004, immagini scattate dopo l'11/9. I suoi personaggi privati di un cotè esperienziale, sociale, politico che li renderebbe omogenei recitano lo shopping infinito di una società che mescola e ordina i simboli. Il valore di scambio delle merci è saltato nella messa in scena di Sherman anche in Fashion, fotografie che ebbero quattro committenze nel campo della moda. In queste foto riinterpreta lo sguardo della moda, accentua ironicamente l'assurdità del suo oggetto fino a farlo sparire, al suo posto rimane il significato combinato con lo humor grottesco del suo stile mai però riconducibile alla immediatezza della comprensione, semplicistico nè tantomeno banale.

La fotografa prende molto della sua originalità passando attraverso il taglio del femminismo. Una delle note che introducono alla sua opera dice <<L'opera di Sherman va a toccare la problematica della rappresentazone femminile, che è stata sviuluppata nelle opere di numerose artiste femministe americane come Adrian Piper o Hannah Wilke>> (Jeu de Paume Cindy Sherman #20)

E' la presenza costante delle donne, lo sguardo con cui riinterpreta il suo sesso che immette la fotografa sulla scena internazionale. Lascia dietro di sè la lezione maschile radical che ha denunciato la situazione del proprio paese, e invece di bruciare la bandiera americana, guardando alle proprie simili fa parlare il mondo intero.

In realtà l'artista ha un luogo preferito dove compra quanto occorre alle sue rappresentazioni. E' l'Arizona dove vivono i suoi genitori, quando va a trovarli -dice- ha la scusa buona per riempire la sua valigia vuota con costumi, parrucche, gadgets in vendita nei negozi a poco prezzo.

L'interpretazione delle altre e degli altri accentua ironicamente la componente di solitudine del soggetto. Una posizione solitaria che Cindy Sherman va a cercare anche nel lavoro. Le piace lavorare sola e per questo spesso ricostruisce in interni le locations per evitare di chiedere soccorsi a altre persone e superare la difficoltà della fotografia in esterni. Allo stesso tempo i suoi ritratti suggeriscono la possibilità di essere infinitamente diverse e che le soglie fra una persona e l'altra sono labili, precarie assolutamente indecifrabili sotto il profilo della pretesa di identità.

Nell'intervista del filosofo Arthur Danto Cindy Sherman's Unfolding Vision (Art Press- maggio 2006 ed.bilingue) alla domanda se il suo impulso alla creazione è cinematografico risponde che quando era ragazzina aveva visto i film di successo in quei pochi cinema di Long Island dove è cresciuta, però la sua cultura è stata soprattutto televisiva fatta di moltissimi i vecchi film.

Un passo individuabile dell'opera di Cindy Sherman è nel 1981 quando passa al colore e al formato gigante della serie di Centerfolds/Horizontals. I centerfold sono le pagine doppie delle riviste tipo Playboy. Lei smentendo l'aspettativa di chi guarda non mostra donne svestite ma invece interpreta, entra nella parte e si identifica nei suoi soggetti volendo suscitare - come dice - in chi guarda l'empatia. Sono donne angosciate, sdraiate, anche sul pavimento di casa, comunque in attesa, situazioni non particolarmente tragiche ma che rappresentano la noia, la perdita di autonomia, la dipendenza affettiva femminile. Un altro passaggio è Sex Pictures del 1992
<<La serie risponde ai dibattiti sulla definizione di oscenità nell'arte e sulla censura che era stata trattata in quell'anno negli USA>> in risposta alle opere di alcuni artisti maschi e alla loro prospettiva del piacere, l'artista risponde <<con la distanza e la repulsione>> (Jeu de Paume Cindy Sherman #20)

Un altro spostamento e che ci introduce nei suoi lavori contemporanei è la serie fotografica Clown, 9/11, ne parla nella intervista citata (Arthur Danto Cindy Sherman's Unfolding Vision)
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L'idea mi è venuta dopo un periodo in cui pensavo di non riuscire a fare più niente di artistico, è stato esattamente dopo il 9/11 che, dimenticata l'ironia non riesco a fare niente. Tu sai che quando fai arte su piccoli aspetti della società questi sembrano triviali quando ci sono cose molto più importanti nel mondo. Quindi mi interrogavo sulla rilevanza di fare qualcosa. Alcuni miei amici dicevano che quello era proprio il momento migliore di fare arte, per dimenticare la tristezza, o perchè il mondo ha bisogno di vedere cose belle e rassicuranti come le puoi fare tu. Così ho cominciato a fare alcuni ritratti tristi e seri ma odiavo l'impressione che facevano. E allora ho pensato di fare qualcosa di più divertente e che affermasse più decisamente la vita, icone di donne tipiche, per esempio, una che è una donna di campagna e l'altra che è del tipo che io chiamo "il bimbo", le ho scattate come se stessero su un pedistallo, come eroine. Ma ho cominciato e finito con solo quei due ritratti. C' è stata la brutta esperienza con un laboratorio che mi ha perso un rullino, nell'estate del 2002 e non ho mai più ritrovato la mia energia. Mi prese anni riafferrare qualcosa che desse lo spettro di quelle conflittuali
emozioni che stavo sentendo e che avevo voluto manifestare. Sentii che i clowns avrebbero rappresentato questo vocabolario illimitato e anche una sfida per così tanti livelli di emozioni. Non solo l'ironia e lo humor ma la tragedia e la pregnanza. E' realmente quel clown un attentatore come un molestatore di bambini ? ci sono così tante cose ... che puoi portare su quella immagine.>>