The Beauty
Academy of Kabul
regia
di Liz Mermin, documentario, 72', 2004
vers. inglese sott.it.
di
Donatella Massara
Quando
è arrivato a Milano The Beauty Academy of Kabul al
Festival che ha organizzato la Fondazione Prada insieme al Tribeca Film Festival
di N.Y. ho subito cercato in Internet se il film parlava di quello che il titolo
prometteva. Era un film che volevo assolutamente vedere. Insegnare a ragazze afghane
a essere stiliste dei capelli e del trucco come l'ha definita Liz Mermin è
un'idea <<irresistibile>>.
E'
la parola giusta. Questa miscela che mescola insieme le idee che ci siamo fatte
sull'Afghanistan, le vere donne di questo paese e la pretesa americana di occuparsi
delle acconciature di queste signore non ha precedenti. Il risultato è
che vedendo il film scattano mooteplici emozioni. Le afghane sono letteralmente
commoventi, perchè è allo scoperto sui loro volti: l'impegno, la
speranza di migliorare, il divertimento, l'eccitazione che alimenta il tema della
bellezza femminile. Commozione palese all'incontro con una delle 'inviate' ritornata
a casa, per la prima volta, dopo decenni.
La
storia è tutta lì, di grande semplicità eppure sa accorciare
le distanze fra noi e loro: donne che sono state tante volte filmate come vittime
per la brutalità delle condizioni in cui erano obbligate a vivere. Un'immagine
come dice Liz Mermin unilaterale e ottusa. C'è quindi nel film un altro
punto di vista - non consueto nei film di denuncia a cui siamo state abituate.
Ammaestrata anch'io in film, pure lodevoli come Piccoli Ladri di Marziyeh
Meshkini o Alle cinque della sera di Samira Makmalbaf in quel paese avrei
detto esistessero solo sogni di gente che ha imparato a resistere alla guerra
fra polveri e terricci bruciacchiati.
Nel
film vediamo di scorcio la Kabul di adesso, i ragazzi che guardano acclamando
l'unica donna al volante, una del gruppo, disinvolta e appariscente. E vediamo
anche queste donne con la determinazione e l'intelligenza disegnata in faccia,
che accompagna racconti oscuri e lontani, i negozi delle parrucchiere afghane,
quelle 'storiche' che non avevano ancora conosciuto il taglio all'americana e
che di nascosto, al tempo dei talebani acconciavano capelli, laccavano le unghie
e stendevano il trucco.
<<L'immagine del nuovo Afghanistan lo state costruendo voi>>. E' il
motivo che conduce lo stage di estetica. Forse le parrucchiere autoctone non lo
sapevano e neppure adesso ne sono convinte. Di una cosa però siamo sicure
che la bellezza, (implicitamente la cura estetica) parla tenendo insieme più
cose, che altrimenti richiederebbero lunghe traiettorie di parole.
Sono i
prodigi della cultura delle donne, con un colpo (magari di spazzola) mettiamo
insieme un modo di pensare che avvicina e non distanzia, un'immagine di sè
derelitta e deprivata, che un'altra invece ci rimanda facendoci sentire che può
essere 'bella', c'è poi la voglia di comunicare delle donne e la capacità
di mettersi insieme, di politicizzarsi attraverso una pratica e il lavoro; e tutto
ciò è trasmissione di idee, quelle di pace.
Suggerisco per
restare in tema l'intervista che mi ha concesso Liz
Mermin, e la sua dichiarazione di regia tradotta in
italiano, e Via Dogana, il numero 72 Bellissime,
marzo 2005, per continuare a discuterne.