PROGETTO
EUROPA - Sei autrici incontrano la Storia.
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di
Valeria Consoli
Fausta
CIALENTE (Italia/Egitto)
Hella
HAASSE (Olanda)
Gertrud
KOLMAR (Germania)
Helga
SCHNEIDER (Germania/Italia)
Karin
BOYE (Svezia)
Alki ZEI (Grecia)
Fausta Cialente - Straniera dappertutto. In Italia dove è
nata nel 1898 da madre triestina e padre abruzzese, così
come in Egitto, dove ha vissuto - a cavallo fra le due guerre
- gli 'ultimi fuochi' del 'levantinismo' da lei rivisitato
nei suoi romanzi più importanti : dal bellissimo e
ignorato Cortile a Cleopatra al più recente Il vento
sulla sabbia. Nel 1976, a coronamento di una lunga carriera
letteraria, vince il 'Premio Strega' con Le quattro ragazze
Wieselberger, il romanzo autobiografico, con cui si riallaccia
idealmente a quella linea triestina della nostra letteratura,
che ha in Svevo e Saba i suoi rappresentanti più autorevoli.
(www. Italialibri)
Hella Hasse - E' la maggiore scrittrice olandese contemporanea.
Vissuta a lungo in Indonesia, incarna a buon diritto il cotè
di autori, che dal lungo dominio coloniale ha tratto la sua
linfa, alimentando parimenti quella produzione letteraria,
che (accanto al filone dell'ebraismo ancora oggi ampiamente
presente nei Paesi Bassi) annovera tra i suoi principali esponenti
poeti e scrittori stranieri di lingua nederlandese.
(www. Italialibri)
Gertrud Kolmar - Essere un'ebrea a Berlino durante l'avvento
del nazismo e non poter vedere pubblicata la propria opera
poetica, in quanto non-ariana. Di lei si perdono le tracce
nel '43, allorchè insieme all'anziano padre viene deportata
ad Auschwitz. Cugina di Walter Benjamin e legata a molta dell'intellighentia
berlinese dell'epoca, in Italia è stata recentemente
riproposta e valorizzata da Marina Zancan, docente di Letteratura
femminile all'Università di Roma.
(www.Italialibri
.)
Helga
Schneider - 'La bambina che incontrò il lupo cattivo':
così si potrebbe sintetizzare l'esperienza esistenziale
e narrativa della Schneider, nata in Polonia, vissuta tra
Germania e Austria e dal 196 divenuta, per scelta, italiana.
Conobbe Hitler, assistendo impotente all'ascesa e alla caduta
del nazismo e del suo Fuehrer. Tra i suoi romanzi più
interessanti, Il rogo di Berlino (1995), Lasciami andare,
madre (2001) e il recentissimo L'usignolo dei Linke(2004)
(www.Italialibri.)
Karin Boye - Scrittrice e poetessa di non comune sensibilità,
nel suo romanzo Kallocaina ha anticipato alcune tematiche
di stampo orwelliano. Dopo aver vagabondato per l'Europa,
Russia compresa, presaga dell'incombere del nazismo sul continente,
si rifugia in Grecia, da lei vissuta come la terra alle radici
della civiltà europea. All'annuncio che i nazisti hanno
invaso anche il suolo ellenico, muore suicida a soli quarantun'anni.
(www.Italialibri.)
Alki Zei - Molto nota in patria come autrice di libri per
l'adolescenza e arrivata ormai alla soglia degli ottant'anni,
la sua esistenza si è intrecciata in massima parte
con i destini della Grecia stessa: dal secondo conflitto mondiale
alla guerra civile del '47, allorchè il Partito Comunista
viene messo fuorilegge, fino alla sanguinosa dittatura militare
dei Colonnelli da lei vissuta in esilio in Francia. In Italia
si è fatta conoscere con il romanzo La fidanzata di
Achille pubblicato da Nicola Crocetti.
(www.Italialibri.)
CONCLUSIONI
Scrive Giancarlo Gaeta :
' La risposta più alta alla civiltà occidentale
l'hanno data le donne. Una generazione di pensatrici e scrittrici,
formatasi nel cuore drammatico del secolo, non ha esitato
a spingere lo sguardo fino in fondo all'abisso cercando risposte
nuove alla crisi: Simone Weil, Hannah Arendt, Etty Hillesum,
(...). Donne che hanno avuto piena consapevolezza della crisi
della modernità, cosicchè la storia, la società,
la politica, la religione diventano parte costitutiva della
loro opera e non si sono limitate a coglierne il carattere
distruttivo, ma hanno trovato in se stesse energìe
sufficienti per indicare le porte strette per ricominciare.
Hanno potuto farlo nella misura in cui non si sono sentite
complici del potere nè vincolate alla tradizione'.
Il
viaggio in Europa - anche se non sono mancate le incursioni
al di fuori del vecchio continente - è così
giunto al suo termine: partendo da un Paese mediterraneo,
l'Egitto, carico di civiltà e di suggestioni, per approdare
in un'altra nazione dalla storia millenaria, la Grecia, sia
pure filtrata attraverso la lente della contemporaneità.
In mezzo il passato coloniale dell'Olanda, rivisitato con
gli occhi 'indagatori' di Hella Haasse - non a caso definita
dai suoi compatrioti 'la Yourcenar dei Paesi Bassi' - che
quei luoghi ha amato essendo nata lei stessa a Giacarta e
che, una volta rientrata in patria, pur non potendo prescindere
dall'ottica antimperialista di Multatuli e del suo Max Havelaar
, non ha esitato a trasfigurare in immagini di nostalgico
esotismo.
Dalla Germania, che nella prima metà del Novecento
vive il periodo più tragico della sua storia, il volto
intenso di Gertrud Kolmar da solo testimonia l'orrore dei
campi di sterminio: quell'orrore, che neanche la voce della
poesia riesce ad attenuare, mentre la conclusione della sua
breve esistenza ad Auschwitz l'accomuna in qualche modo a
Etty Hillesum.
Di rimando, echeggia il grido di Helga Schneider - 'Lasciami
andare, madre!'- lei, la figlia di un'abominevole ariana,
che in nome del Fuehrer non ha esitato ad abbandonare il marito
e i due figli in tenera età per arruolarsi come Kapò:
una figura, la sua, che sembra incarnare quella 'banalità
del male' teorizzata da Hannah Arendt.
Dal Nord estremo dell'Europa, la Svezia, arriva un'altra inquieta
figura di poetessa, scrittrice e di militante della pace ,
ma anche di instancabile viaggiatrice e di donna che molto
ha amato: è Karin Boye, che con il 'sacrificio volontario'
- come lei amava definire il suicidio - della sua giovane
esistenza non può non rapportarsi a un'altra 'grande'
della poesia europea, la russa Marina Cvetaeva.
Di una Grecia, non certo 'solare' e vacanziera come quella
per lo più introiettata al giorno d'oggi nell'immaginario
comune, ma al contrario drammatica e buia, come poteva essere
quella descritta negli 'anni di pietra' - che danno il titolo
al bellissimo, omonimo film - della Guerra Civile del '47
e della dittatura militare del '67, si fa testimone la scrittice
ateniese Alki Zei, che quegli eventi rievoca dal suo duplice
esilio, prima in Unione Sovietica quindi a Parigi, sapientemente
rivisitati con il disincanto del 'poi' ma anche e soprattutto
con quello stesso sguardo, fra il dolente ed il nostalgico,
che aveva consentito alla spagnola Maria Zambrano, altra grande
pensatrice e filosofa del Novecento, fuoriuscita per lungo
tempo dal suo Paese in preda alla dittatura franchista, di
poter affermare di 'amare l'esilio'.
Con l'italiana - ma che sarebbe molto più appropriato
definire 'triestina', data la specificità della città
giuliana, luogo di frontiera con una spiccata vocazione al
cosmopolitismo - Fausta Cialente, i confini si dilatano e
la prospettiva si estende idealmente fino all'estremo opposto
del continente africano - dunque proprio agli 'antipodi' del
Mediterraneo - in quel Sudafrica dove la scrittrice '' Nadine
Gordimer tratta ormai da anni l'ampia e mai risolta problematica
dell'apartheid fra 'bianchi' e 'neri'.
Ma
c'è di più: sussistono, almeno a mio avviso,
delle corrispondenze e delle innegabili simmetrìe anche
all'interno della personalità e delle problematiche
delle autrici presenti all'interno di questa trattazione.
Se l'amore per due Paesi lontani - rispettivamente l'Egitto
e l'Indonesia - sia pure non disgiunto dalla critica del colonialismo
e delle logiche imperialistiche - costituisce l'indubbia cifra
stilistica, oltre che gran parte della materia narrativa,
che accomuna idealmente l'opera di Fausta Cialente a quella
di Hella Haasse, l'ebrea Gertrud Kolmar e l'ariana Helga Schneider
rappresentano, loro malgrado, le 'due' facce di una stessa
Germania, paradossalmente tra loro unite anche se atrocemente
divise.
Dal canto loro, Karin Boye ed Alki Zei, all'apparenza separate
- culturamente e territorialmente - da distanze incolmabili,
sono accomunate dall'amore per una stessa terra: quell'Ellade,
per la quale la poetessa nordica si immola in un gesto quasi
catartico, quando apprende che i nazisti ne hanno calpestato
il suolo 'sacro e inviolabile'; e quella Grecia, più
volte violata dai 'guasti' della Storia e degli uomini, di
cui 'la piccola profuga con gli occhi inondati di nostalgìa'
, si può oggi - con l'orgoglio derivatole dalla lunga
militanza - godere i frutti della ritrovata libertà.
E
infine - last but not least - vi sono anche delle ragioni,
che portano la sottoscritta a riconoscersi , a vario titolo,
un po' con tutte queste sei scrittrici...MA QUESTA E' UN'ALTRA
STORIA!