"Cambia il mondo, cambia la storia - La differenza sessuale nella
ricerca storica e nell'' insegnamento" è il lungo titolo
del tema affrontato nell'incontro tra docenti, venerdì scorso
(14 marzo), nell'auditorium dell'Istituto psicopedagogico e linguistico
di Catanzaro Lido. L'incontro organizzato dalle docenti :Franca Fortunato,
Anna Manieri, Maurizia Maiano, Antonella Fonti, Maria Rosa Vitaliano,
Rita Braccio, Cristiana De Jace e Raffaella Vaccaro, si è aperto
con una lezione magistrale della professoressa Marirì Martinengo,
che ci ha tenuto a sottolineare il significato politico della sua
presenza in quanto legata alla relazione con la professoressa Fortunato.
M. Martinengo, fondatrice della Comunità milanese di pratica
e riflessione pedagogica e di ricerca storica e promotrice di un convegno
internazionale, tenuto a Milano alla Casa della cultura il 29 settembre
2001, in cui ricercatrici, italiane e spagnole, insegnanti e filosofe
hanno fatto il punto della, ormai più che decennale, ricerca
e insegnamento della storia alla luce della differenza sessuale. M.
Martinengo, infatti, ha esordito facendo riferimento a quel convegno
e agli argomenti lì trattati.
"Argomenti, ha detto, che sono stati guadagnati, all'interno
di un'esperienza, da una pratica di anni, pratica di relazione, incentrata
sul tema della storia, condotta insieme ad altre donne. Argomenti,
approfonditi e maturati e che sono stati oggetto di dibattito e di
rilancio nel convegno di Milano e di cui ne sono stati pubblicati
gli atti quali supplemento al n. 60/2002 di Via Dogana, rivista della
Libreria delle donne di Milano presso cui è reperibile il testo
( € 7,50)". Venendo allo specifico della ricerca, la professoressa
ha sottolineato come " l'assenza dal panorama storiografico del
tessuto della vita" abbia portato lei e le donne della sua Comunità
a "portare l'attenzione sulla genesi e lo sviluppo di idee e
progetti, sul farsi delle cose e non sull'azione compiuta, poiché,
osservando il suo farsi, si vedono i rapporti tra i soggetti, donne
e uomini. La ricerca, non è mai stata fine a se stessa, ha
continuato M. Martinengo, ma ha sempre tenuto presente la trasmissione,
ricerca e insegnamento; un darsi reciprocamente la mano: la pedagogia
ancorava la ricerca alle esigenze didattiche e la ricerca nutriva
l'insegnamento. Fino a non molto tempo fa, ha ricordato, ricerca e
trasmissione, cioè teoria e vaglio della teoria, e viceversa,
andavano a braccetto, poi c'è stata una separazione che ha
fatto delle insegnanti e degli insegnanti, semplici trasmettitori
di un sapere elaborato altrove, slegato dalla pratica pedagogica;
noi abbiamo voluto ricucire la frattura e rimettere le due cose insieme.
Abbiamo praticato la categoria della differenza sessuale,
ponendola alla base della ricerca e dell'insegnamento, ed essa, seguita
ormai da molte e da molti, ha portato una rivoluzione tale per cui
niente, nei saperi, in tutti i saperi, è più come prima.
Tenere conto della differenza sessuale vuol dire guardare all'attività
di pensiero, di parola, di azione di donne e uomini, che sono sempre
differenti, al loro reciproco influenzarsi e intrecciarsi. Abbiamo
messo in crisi la storia di stampo tradizionale, quella dei manuali
che, con la narrazione ossessiva delle guerre, oltre ad essere radicalmente
diseducativa (mostrandone la consuetudine millenaria, ne sancisce
l'ineluttabilità), ha occultato l'opera di civiltà,
di cura delle relazioni e di conservazione della vita da parte delle
donne e di uomini pacifici. Una storia, che tenga conto di questi
aspetti, ha continuato la docente, narra l'esperienza di donne e uomini,
non cancella la presenza delle donne dal suo panorama, come ha fatto
invece la storiografia tradizionale. La mia proposta, ha continuato
M. Martinengo, è di fare storia attraverso la narrazione di
contesti relazionali, che è lo stesso contesto della mia Comunità
pedagogica. Un contesto è l'affresco di un periodo storico,
nel quale in prima persona agiscono le donne con le loro relazioni,
gli scambi con gli uomini, che si nutrono delle istanze quotidiane,
culturali, politiche del momento. Contesti relazionali, per esempio,
sono stati i monasteri medievali, i salotti del periodo dal '600 all'inizio
del '900, in Italia e in Francia". A conclusione, la professoressa
ha affrontato il tema della "intermittenza nel fare storia attraverso
i contesti" e "l'ingresso della soggettività nella
scelta e nella narrazione storiografica", che rompe l'idea della
obiettività e universalità della narrazione storica
e invita le docenti a
"mettersi in gioco in prima persona, esercitando la propria libertà,
per colmare almeno le lacune più vistose, in attesa che la
ricchezza della ricerca svolta in alcune università e in alcuni
centri di studio, sia accettata dai programmatori scolastici, dall'editoria
ed entri nei manuali". All'intervento della docente hanno fatto
seguito una serie di comunicazioni della professoressa Raffaella Vaccaro
che ha parlato della sua esperienza di docente all'Università
della Calabria attraverso i laboratori di storia, della professoressa
Maria Rosa Vitaliano che ha parlato a partire dalla sua presa di coscienza
della differenza e di come questa l'ha resa libera da schemi e pregiudizi
e, infine la professoressa Antonella Fonti che si è soffermata
sulla sua pratica pedagogica. Agli interventi è seguito un
appassionato e vivace dibattito, coordinato dal dirigente scolastico,
professore Carlo Magno che si è congratulato per l'iniziativa
presa.