Donne e conoscenza storica  

 

sta in L'Unità on line INTERVISTA A SHULAMIT ALONI fondatrice di Peace Now e del Meretz

18.03.2003
"Il nostro esercito diventa una macchina di distruzione"

«Ciò che è accaduto a Rafah è sconvolgente. Ciò che accade quotidianemente nei Territori è sconvolgente. Sotto le macerie di centinaia di case distrutte dai nostri soldati, non sono sepolti solo i diritti di un popolo oppresso; sotto quelle macerie stanno seppellendo i principi democratici, i valori fondanti dello Stato d’Israele. Una deriva che sta investendo anche Tsahal: in questa brutale repressione il nostro esercito sta perdendo i suoi valori, trasformandosi in una macchina di distruzione, invece di concentrarsi nella lotta al terrorismo. Perché una cosa è certa: la distruzione di case, la confisca di terre, le punizioni collettive non frenano i kamikaze ma si configurano come parte di una guerra contro un intero popolo». A sostenerlo è una delle figure storiche dell’Israele del dialogo: Shulamit Aloni, ex ministro dell’Educazione nei governi Rabin e Peres, tra le fondatrici di «Peace Now» e del Meretz, la sinistra sionista.
Qual è la sua reazione alla terribile morte della giovane pacifista americana a Rafah?
«È un misto di sentimenti: rabbia, dolore, indignazione. Quella di Rachel Correy è stata una morte annunciata: so bene che il soldato che guidava il bulldozer non ha agito premeditatamente per uccidere, ma ciò non sminuisce la gravità dell’episodio: altre persone sono morte sotto le macerie delle case distrutte dai nostri soldati. E tra questi morti c’erano molte donne e bambini. Ma non facevano più notizia perché erano “solo” dei palestinesi. La morte di Rachel Correy squarcia il velo di indifferenza e di complicità creatosi in Israele e nel mondo verso questi quotidiani atti di illegalità. Ed è ciò che più mi inquieta, constatare cioè che la violazione del diritto internazionale da parte dei nostri governanti continua, giorno dopo giorno, nella totale impunità. E chi si ostina a denunciare queste intollerabili violazioni viene subito tacciato di antisemitismo. Ma non c’è nulla di “antisemita” nel denunciare il razzismo insito nelle posizioni di personaggi come Avigdor Lieberman, attuale ministro nel governo Sharon, che ha apertamente terrorizzato, in nome della Grande Israele, l’espulsione in massa dei palestinesi dai Territori».
Resta il fatto che Ariel Sharon è stato eletto democraticamente dalla maggioranza degli israeliani.
«Una democrazia è tale quando riconosce il diritto delle minoranze a esprimere protesta e indignazione; una democrazia è tale quando i suoi valori non valgono solo dentro i confini nazionali ma ne guidano ogni azione. Ed è ciò che da anni non accade più per Israele. Un Paese che opprime brutalmente un altro popolo, che tiene in ostaggio oltre tre milioni di persone, che ha trasformato città e villaggi palestinesi in prigioni a cielo aperto, non può dirsi un Paese compiutamente democratico».
Ma Israele è un Paese sottoposto da oltre due anni ad un’ondata impressionante di attentati.
«La demolizione di centinaia di case, la distruzione di migliaia di ettari di terra araba coltivata, l’estensione senza limiti delle cosiddette “eliminazioni mirate”, tutto ciò non ha nulla a che vedere con la lotta al terrorismo. Su questioni che ineriscono i principi fondanti della nostra democrazia non può, non deve esistere una “dittatura della maggioranza”. Coloro, e non siamo in pochi, che si ribellano a questa deriva oltranzista devono organizzarsi per far sentire la propria voce, se non vogliamo finire per essere dei paria del mondo».
Le polemiche investono anche Tsahal.
«Nella sua stessa definizione, Idf, il nostro si è sempre configurato come un esercito di difesa, e così è stato per decenni. Oggi non è più così, e certo non per responsabilità dei nostri militari. È la politica degli ultimi governi ad aver trasformato Tsahal in una macchina di distruzione, impiegata molto spesso in operazioni che non hanno nulla a che fare con la lotta al terrorismo».
Quali accuse si sente di muovere nei confronti della comunità internazionale?
«Di aver colpevolmente sottovalutato la situazione nei Territori, lasciando mano libera a Sharon senza avere nemmeno la volontà di imporre una presenza di osservatori internazionali in Cisgiordania e a Gaza».