Donne e conoscenza storica  

per gentile concessione dell'autrice

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Shirin Ebadi - In nome della libertà
di: Maria Inversi

Venerdì, 20 febbraio, giorno delle votazioni in Iran, abbiamo incontrato l'avvocata Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace attribuitole per l'impegno civile e la difesa dei diritti delle donne e dei bambini. La visita in Italia (Parlamento e Università) è stata organizzata dall'Università Roma Tre rappresentata da Francesca Brezzi e quella alla Casa internazionale delle donne anche dall'assessora alle pari opportunità Mariella Gramaglia che ha organizzato e coordinato gli interventi di parlamentari e giornaliste.

In una gremitissima e festosa sala, Shirin Ebadi, che conosce alcune lingue europee, ha risposto alle domande.

Sempre solare, determinata, accondiscendente e vigile, è stata esaustiva nella misura in cui le era consentito sia dal ruolo pubblico di cui è stata investita, sia dal carattere delle domande non sempre onnicomprensive delle differenze storico-culturali e politiche che stanno segnando l'oggi dei paesi arabi. Ma c'è un grande desiderio di entrare in contatto con una donna che ha rischiato e rischia la vita, che immediatamente dopo la laurea in giurisprudenza è diventata presidente del Tribunale poi retrocessa a segretaria con la rivoluzione islamica, e che ha scelto di non rinviare il viaggio in Italia nonostante le elezioni, perché non conoscendo nessuna delle persone candidate, non vuole divenire artefice di un cambiamento che non è in grado di definire.

L'incontro si apre con una citazione della Ebadi "non abbiamo bisogno di eroi, voglio essere una locomotiva" che la Brezzi (direttora del dipartimento di filosofia) commenta attribuendo a "locomotiva" la valenza di "sfida, pluralismo inteso come bene delle diversità, creatività come prassi concreta inventando nuovi percorsi" mentre la Gramaglia ricorda l'invito della Ebadi a "Pensare come me" - come donna, unica comunità in tutto il mondo che deve prefissarsi degli scopi e raggiungerli senza arrestarsi dinanzi alle difficoltà -.

Nella selezione di quanto S. Ebadi ha tenuto a dirci, scegliamo di servirci delle sue parole: "Quando fui retrocessa da presidente a segretaria, sapendo che a un uomo non sarebbe accaduto, dissi a me stessa -devo ricominciare dall'inizio- e nello stesso periodo ebbi due figlie, dovevo occuparmi di loro, della casa, ma decisi che dovevo scrivere. Dissi alle bambine che avevo spesso bisogno di andare al bagno e che quando ero in bagno dovevano giocare tra loro. E' nato così il mio primo libro. Poi ripresi la professione di avvocato dedicandomi alla difesa dei diritti delle donne. Fui per questo incarcerata, e per proseguire nella mia professione, ho pagato prezzi molto alti. Ho avuto bisogno di molto coraggio, se fossi stata un uomo questo coraggio sarebbe stato normale, ma noi donne, se vogliamo, possiamo essere più forti degli uomini anche se in Iran si dice che -la vita della donna vale quanto un occhio strabico di un uomo- L'associazione per i diritti umani ha fatto pressione sul Governo affinché si abolisse la condanna per lapidazione che può essere inflitta, da un punto di vista legislativo, anche agli uomini. Il Capo del potere giudiziario ha predisposto una circolare affinché nei tribunali non si applicasse più la pena della lapidazione, ma essendo una circolare completamente priva di qualsiasi valore giuridico, ho chiesto che fosse trasformata in legge, richiesta che è rimasta inascoltata. In Iran esistono molte leggi contro le donne. Per esempio l'uomo può ripudiare la donna, ma per la donna è pressoché impossibile divorziare".

Nadia Pizzuti, giornalista, autrice di "Mille e un giorno con l'Ayatollah" ci informa che solo le donne molto ricche, in cambio di denaro, riescono a divorziare dimostrando a volte che il marito è tossicodipendente. Dimostrazione in sé disonorevole per una donna nonostante vi siano in Iran duemilioni di tossicomani.

Per Shirin Ebadi "il potere giudiziario deve essere separato dalla politica, cosa che accade raramente anche in America e in Europa nei cui paesi la politica interferisce sulla giustizia. Ciò che le donne possono fare è sostenere le associazioni femministe islamiche nella loro lotta per il miglioramento dell'aspetto giuridico. Il Presidente Kathami non avrebbe avuto successo senza le donne. E' stato Presidente per sette anni e abbiamo sperato in cambiamenti radicali delle leggi; un suo decreto invitava il Governo a essere unito nella legge sui diritti delle donne, ma la legge passata in Parlamento è stata contestata dai Guardiani della Giustizia. Maschilismo e patriarcato in Oriente sono molto forti e derivano da una cultura tribale. La cultura patriarcale non accetta l'uguaglianza e riesce a dare spiegazioni per ogni cosa. Le donne non sono che le vittime e le portatrici di questa cultura, ma ogni uomo prepotente è stato cresciuto nel grembo di una donna. Bisogna combattere la cultura patriarcale in tutte le parti del mondo, io per esempio sono contro la legge che in Francia vieta alle donne islamiche di portare il velo a scuola poiché segno del fondamentalismo, ma anche la barba lunga che non è vietata è segno del fondamentalismo. Questo è un esempio di come possa attuarsi la politica della cultura patriarcale. Il Corano in sé enuncia parità di diritti, l'Islam è la religione della parità, ma problemi e torti nascono dalla sua errata interpretazione. Per alcuni la donna potrebbe essere capo religioso, e per altri non deve uscire dalle mura domestiche. Il patriarcato lo si vince sia con il coraggio delle donne che con la forza delle leggi. Abusare dell'Islam vuol dire abusare delle donne. Kathami che aveva annunciato di voler lavorare nel quadro della Costituzione, ha perso molte buone occasioni, per esempio il decreto-legge sulle elezioni doveva essere presentato all'inizio della sua legislatura e non alla fine del mandato, prima delle elezioni".

In Islam esiste il Consiglio dei Dodici Guardiani della Costituzione: sei laici nominati dall'Ayatollah e sei religiosi nominati dalla Guida suprema. La guida spirituale esercita di fatto il potere giuridico, il potere sull'esercito e anche quello di promuovere e bocciare le leggi. Nell'ultima legislatura ne sono state bocciate 2.500. Nelle penultime elezioni hanno cercato di cancellare i risultati e respinto la legge riformista al Parlamento. Nel 1979 trionfo politico della rivoluzione islamica in Iran, i detentori del potere che gestiscono l'ortodossia religiosa hanno promulgato una legge che vieta alle donne di diventare presidente. Il sistema governativo è teocratico e ciò che le donne domandano a gran voce è la candidatura sull'ortodossia religiosa.

Il commento di Tullia Zevi sulla differenza tra governo e popoli in tempi di guerra, fa dire alla Ebadi: "I giornalisti indipendenti hanno un grande ruolo perché devono creare l'opinione pubblica che spinga i governi contro le guerre, come accadde in Vietnam. Il popolo vietnamita contattò i giornalisti indipendenti che pubblicarono le loro domande - Perché i nostri figli devono essere uccisi dagli americani? Perché questi torti?
Da molti anni ho paura per la mia vita, ma non le consentirò di condizionarmi e intervenire nelle mie scelte".
Mentre le donne si alzano in piedi applaudendo con energia, Shirin Ebadi ridona, lanciando lontano, le tre rose che ha da poco ricevuto. Vengono prese al volo da decine di mani, come se in quel momento esse rappresentassero simbolicamente tutte le donne dell'Islam e non solo, che ora stanno combattendo per affermare la loro esistenza in piena autonomia e libertà.


Inserto culturale "Via PO"
24 febbraio 2004