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Stralci
dall'articolo di Clotilde Barbarulli, Quattro per
quattro, in LeggereDonna, gennaio-febbraio-2002
Scrittrici
italiane del primo Novecento, a cura di Barbara Marola,
Maria Teresa Munini, Rosa Regio, Barbara Ricci, Comitato per
le Pari Opportunità, Provincia autonoma di Bolzano, 2000,
pp.293 s.i.p
E' questa
un'antologia nata dalla passione di alcune insegnanti del Centro
di documentazione e informazione delle donne di Bolzano, nel
<<desiderio di andare oltre la nota a piè di pagina
che riporta un nome di donna completamente sconosciuto o conosciuto
male oppure citato solo>> in relazione ad uno più
famoso. Il libro - che nasce da una paziente ricerca nelle biblioteche
- è diviso in quattro sezioni dedicate ad Amalia Guglielminetti,
Maria Messina, Neera, Ada Negri: di ogni scrittrice si danno
notizie biobibliografiche e critiche, con brani delle loro opere
e brevi commenti.
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La prima recente antologia che portava alla luce scritture di
donne, è stata La voce che è in lei di Giuliana
Morandini, 1980, poi quella di Anna Santoro nel 1987, strumenti
essenziali per avviare la riflessione sulla trama complessiva
di presenze femminili, cominciando a delineare una genealogia
di autrici nel senso di Adrienne Rich: per avere una tradizione,
cioè, << abbiamo bisogno di prodotti concreti (
)
, di parole scritte da leggere, di immagini da guardare, un
dialogo reale con donne>> che hanno vissuto prima di noi.
Quindi le ricerche e i saggi si sono intensificati.
E tuttavia non condivido l'ottimismo nella premessa di Alessandra
Spada sull'Università, perché, in realtà,
le Facoltà Umanistiche risentono di una struttura ancora
patriarcale.
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In Italia, a parte qualche eccezione di docente universitaria,
abbiamo soprattutto donne che leggono donne, del passato e del
presente, con sguardo diverso, al di fuori delle accademie,
in riviste come LeggereDonna, Leggendaria [
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Abbiamo insegnanti che, come le curatrici del volume, fanno
ricerche su scrittrici non raccontate dai manuali, per trasmetterle
alle/agli alunne/i. Si sta così verificando quella che
Harold Bloom, a difesa del canone occidentale, denuncia come
"balcanizzazione" degli studi letterari a casa del
multiculturalismo e delle critiche femministe. Se nella cultura
accademica e nella scuola, dunque è in generale rara
l'attenzione a scrittrici, l'antologia può essere uno
strumento prezioso per far comprendere ad alunni/e ed insegnanti
il ruolo svolto da una tradizione di scrittura a firma femminile.
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C'è un'ingiustizia storica nei manuali scolastici ai
vari livelli, nelle storie letterarie, per cui molte autrici
interessanti vengono ignorate mentre resta traccia anche di
quello scrittore che, se fosse donna, forse sarebbe stato classificato
fra i minori.
Occorre fornire un tassello alla genealogia femminile, come
ci ha insegnato Virginia Woolf nel riferirsi ad Aphra Ben, Gorge
Eliot e le altre. E' infatti importante il discorso simbolico
di proiezione per una giovane, ricordando tuttavia che entrambi
i generi hanno bisogno di guardare ad un mondo che è
abitato e da donne e da uomini. Perciò uno dei compiti
del sistema formativo è, per me, quello di impedire il
ritorno ad una visione eurocentrica, maschile-universale. Non
si tratta di far diventare le scuole dei luoghi di predica al
femminile contro il maschile, ma di far ripensare il senso storico
e letterario imposto da un solo genere. Gli uomini (e non soltanto)
che curano i vari manuali, di solito, come se in qualche modo
si sentissero costretti ad un piccolo riconoscimento al femminile,
si limitano ad un paragrafo aggiuntivo. Ma in realtà,
è necessaria una più complessa articolazione,
dal momento che le soggettività femminili eccedono -
con domande, desideri, aspettative, linguaggi - sia la storia,
sia il canone letterario.
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