Donne e conoscenza storica
       
Isabel Roldàn Garcìa, Almendros, mosaico, piccolo formato


Calendario 2004
Plataforma Autónoma feminista

Presentazione delle curatrici

INTRODUZIONE
Libere anche nell'arte

Biografia di Marìa Zambrano

GENNAIO
I pericoli della pace

FEBBRAIO
La conoscenza

MARZO
Le radici della speranza

APRILE
Imparare a orecchio

MAGGIO
L'esilio

GIUGNO
La convivenza

LUGLIO
L'idolatria

AGOSTO
L'invidia

SETTEMBRE
La perplessità

OTTOBRE
L'infermità dell'epoca

NOVEMBRE
Successo e risentimento

DICEMBRE
La poesia è incontro

 


AGOSTO

L'INVIDIA

Alcune di quelle che vengono comunemente chiamate passioni, come l'invidia, distruggono l'essere che le patisce e che, allo stesso tempo, riceve vigore da esse. Chi è roso dall'invidia trova in essa il suo alimento. Una distruzione che alimenta se stessa; tale sembra essere la prima, originaria definizione dell'invidia. […]

La maniera più benevola di indicare l'invidia potrebbe essere avidità "dell'altro". L'attenzione, prima che dall'avidità, che è il sostantivo, il soggetto, è attirata dal termine "l'altro". È il riferimento all'altro quello che risalta e assume speciale valore sostantivale. […] Colui che è posseduto dall'invidia non può rinunciare a questo altro. Senza dubbio, nel più intimo della sua vita, avviene qualcosa che lo mantiene legato a quell'altro, estraneo e più io del suo stesso io.[…] L'invidioso, che sembra vivere fuori di sé, è un individuo immerso nel proprio intimo: invidere, già nella sua composizione, dichiara il dentro che c'è in quel guardare l'altro. Guardare e vedere un altro non fuori, non lì dove l'altro sta realmente, ma in un dentro abissale, un dentro allucinato che si confonde con la solitudine, dove non trova il segreto che ci fa sentire noi stessi.[…] La mia realtà dipende dall'altro. E questo vincolo tragico genera, allo stesso tempo, amore e invidia. […]

L'invidia, sguardo obliquo, è la visione in uno specchio che non ci restituisce l'immagine di cui la nostra vita ha bisogno. Da ciò, l'ambiguità dell'invidia e quella specie di vincolo che si stabilisce tra colui che invidia e l'invidiato. Vincolo che rasenta la complicità, perché inevitabilmente si sente che se l'invidiato - specchio - inviasse al posseduto dall'invidia l'immagine che si aspetta e di cui ha bisogno, la riscatterebbe dall'inferno in cui giace. E forse l'invidia proviene dalla torbidezza dell'invidiato, che non mantiene trasparente il suo intimo, ma, offuscato da qualche passione che non riesce a discernere, non la riflette come dovrebbe.

María Zambrano, L'uomo e il divino, intr. di Vincenzo Vitiello, trad. di Giovanni Ferraro, Edizioni Lavoro, Roma, 2001, p. 256 - 259 e 262 - 263.
(El ombre y el divino, Siruela, Madrid, 1991, p.262- 265 e 268 - 271)