Donne e conoscenza storica
       

PRESENTAZIONE:
Relaciones epistolares entre mujeres

Amaya Boza, Desnudo femenino III, 2002

Calendario 2003
Plataforma Autónoma feminista

 

GENNAIO
HADEWIJCH: MAESTRA SPIRITUALE

FEBBRAIO
LETTERE PER I COMPITI DELLA VITA

MARZO
LOUISE BOURGEOIS INSEGNA A SUA FIGLIA L'ORIGINE DEL SUO SAPERE

APRILE
CON I PROPRI OCCHI

MAGGIO
NELLE MANI DELLA SUA AMICA

GIUGNO
MARÍA DE MAEZTU E MARÍA LUZ MORALES

LUGLIO
MARÍA LEJÁRRAGA E MARÍA LACRAMPE

AGOSTO
QUANDO LA DISPARITÀ DIVIENE CONFLITTO

SETTEMBRE
STRANA POLITICA

OTTOBRE
SENZA SMETTERE DI ASCOLTARE

NOVEMBRE
LETTERE TESSUTE

DICEMBRE
INTORNO ALLE EMILIE (E-MAIL)

 



FEBBRAIO
LETTERE PER I COMPITI DELLA VITA

Alla fine del XV secolo e per tutto il XVI, uomini di Chiesa e di Stato
promossero un progetto di riforma degli ordini religiosi femminili fondato
sull'imposizione di un vecchio precetto, la clausura. Si volle imporre
infatti una stretta prassi del limite spaziale. Nei monasteri e conventi di
donne si alzarono mura e si rimpicciolirono porte e finestre. Si
stabilirono criteri su chi e come poteva oltrepassare la soglia dello
spazio monastico, da dentro a fuori e da fuori a dentro, dato che, salvo
ben precise eccezioni, le monache non potevano uscire dal monastero e
ancor meno si doveva permettere l'entrata e la permanenza di secolari,
uomini o donne, nel recinto monastico. Si stabilirono norme anche per i
tempi e gli spazi di scambio orale: i contatti verbali con persone esterne
dovevano effettuarsi nel parlatorio, luogo nel quale la presenza di terze
persone indicate a questo scopo rompeva l'intimità del dialogo. Le mura
conventuali sembravano perdere permeabilità, si ostacolava la dinamica che
per secoli aveva fatto dei monasteri di donne centri di cultura aperti alla
società laica. Questa strategia era rafforzata da una proibizione
apparentemente minore relativa alle lettere, un veicolo di parola che si
prestava a eludere tutti i controlli. Nella normativa di alcuni
riformatori, le monache non potevano riceverne né scriverne.

E' in questo orizzonte prescrittivo e nelle sue trasgressioni che va
collocata la relazione epistolare della quale si fa qui un breve cenno,
avvenuta verso la metà del XVI secolo: la relazione tra Isabel de Baena,
una monaca del convento di Santa Librada di Alcalá de Henares, in cui
alcune sue contemporanee videro incarnate le qualità mediatrici della
santità, e una donna dell'alta nobiltà, Isabel de Aragón.

La relazione tra queste due donne si svolse per via epistolare, attraverso
la parola scritta che entrambe dominavano. Negli ambienti domestici
femminili della casa dei duchi dell'Infantado di Guadalajara era ben
conosciuto il rapporto che la loro signora teneva con la monaca, sapevano
dei loro scambi di lettere a cui faceva da ponte Isabel Ortiz,
appositamente chiamata dalla duchessa per i casi della sua anima, quando si vedeva nel bisogno pressante di ricevere il consiglio e le preghiere della
religiosa. Dicevano che la signora chiedeva alla religiosa di "supplicare
Dio che infondesse nel cuore del duca di trattarla bene e che Dio desse
buona morte e cose simili"; che ricorreva a lei "perché il duca la
trattasse bene" e "le desse buona vita"; e che la signora riceveva dalla
monaca molte "consolazioni".

Di questa corrispondenza ci sono rimasti solo due esempi, trascritti nel processo istruito nel 1564 dall'Inquisizione contro Isabel Ortiz; a una di esse appartiene questo frammento, che mostra la struttura di scambio stabilitasi tra le due donne:

Illustre Signora. La lettera di vostra signoria fu per me di grande consolazione per il grande desiderio che avevo di sapere della sua salute, perché la tengo in considerazione più della mia perché credo che dia tanto vantaggio ai poveri e ai bisognosi; perché so per certo che ci sono molto pochi che tengono nella memoria questo che tanto vi raccomandò il nostro Dio, e poi l'elemosina è di tale qualità che ci apre le porte del cielo e ci presenta davanti alla sua maestà; signora della mia vita, quel divino amore
infiammi il cuore di vostra signoria, occupi in tal modo da portare con pazienza i compiti di questa vita. Io, mia signora, mi sento debole e un po' nuda perché do in estate il vestito che indosso in inverno a persone bisognose e questa elemosina si volge al seno di vostra signoria, riceverò grazia se ordinerà di mandarmi un poco di panno per vestirmi perché Dio rivesta vostra signoria con la sua grazia. La sua indegna cappellana,
Ysabel de Baena [1].

Stimolate da bisogni e urgenze concrete, le lettere avevano via via
annotato il quotidiano discorrere della vita. Quando gli inquisitori
mostrarono interesse a svelare i segreti di quella corrispondenza, nulla
sembrava esser rimasto: le cameriere, guardiane di tutte le sue carte,
badarono che fossero bruciate alla morte della duchessa. Brani di vita
svanirono col fuoco, senza possibilità di svelamento futuro. Avrebbero
desiderato questo le autrici?

ÁNGELA MUNOZ FERNÁNDEZ

[1] Nel mio Acciones e intenciones de mujeres en la vida religiosa de los
siglos XV y XVI
, Madrid, Horas y horas, 1995, pag. 197.