GENNAIO
HADEWIJCH: MAESTRA SPIRITUALE
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GENNAIO
HADEWIJCH: MAESTRA SPIRITUALE
Nella prima metà
del secolo XIII - gli studi su di lei fissano la sua opera
tra il 1220 e il 1240 - una donna nata nei Paesi Bassi mantenne un'intensa
relazione epistolare con un gruppo di amiche e di discepole che le
scrivono
raccontandole le loro inquietudini, alla ricerca di guida e assistenza
spirituale: lei è la maestra spirituale che impartisce insegnamenti
ispirati a questo circolo di donne.
Nulla sappiamo della nascita né della morte di questa donna.
Da uno dei
manoscritti arrivati fino a noi della sua opera, composta da Visioni,
Poesie e Lettere, conosciamo il suo nome, Hadewijch, e il luogo
d'origine,
Anversa. Nel manoscritto appare anche l'appellativo di beata, un
appellativo che di frequente veniva dato alle beghine. La grande cultura
sia profana sia teologica di Hadewijch fa supporre che fosse di famiglia
nobile oppure che sia stata educata in una comunità di beghine,
dato che la
conoscenza che dimostra di possedere della letteratura dell'amor cortese
indica che la sua educazione non ebbe luogo in ambiente claustrale.
Le beghine, sole o in gruppo, furono capaci di far diventare realtà
il loro
desiderio di condurre un'intensa vita spirituale non nella clausura
di un
convento, come era socialmente stabilito, ma nel mondo, pienamente
inserite
nel tessuto urbano. Laiche e religiose al tempo stesso, vissero in
totale
indipendenza dal controllo maschile e con la loro pratica riconciliarono
due concetti presentati secolarmente come antitetici: azione e
contemplazione. Così, la loro dedizione alla vita spirituale
comportava una
proiezione nell'ambito pubblico attraverso l'autorità morale
di cui
godevano e una serie di occupazioni di marcato carattere assistenziale.
Nato nell'Europa centrale alla fine del XII secolo, il modo di vivere
e di
intendere il mondo delle beghine si estese con rapidità in
tutta l'Europa
occidentale, fino a diventare un autentico movimento che si mosse
sempre
nei limiti "porosi" che molte volte separano l'ortodossia
dall'eterodossia.
Fu proprio l'agire libero di queste donne, che interpretavano e predicavano
le Sacre Scritture a loro arbitrio in lingua materna, a suscitare
da subito
la diffidenza delle gerarchie della Chiesa. Così, molte di
loro subirono
sospetti e persecuzioni dell'Inquisizione, e alcune furono anche bruciate
sulla pubblica piazza.
Grazie alle trentun Lettere che si sono conservate sappiamo che Hadewijch
fece parte di questo numeroso gruppo di donne che furono perseguitate:
calunniata, minacciata di esilio e anche di prigione, fu costretta
ad
abbandonare la sua comunità. E grazie a queste lettere sappiamo
anche del
dolore per l'esilio e per aver dovuto abbandonare le sue amiche, di
cui
conosciamo alcuni nomi: Sara, la prima nel suo cuore, Emma e Margherita.
Hadewijch scrive alle amiche, a quelle che - come lei dice - comprendono
con l'anima le parole attraverso le quali lei parla loro con l'anima,
e
offre loro la conoscenza sapienziale che ha acquisito a partire dalla
sua
relazione personale con Dio. Una relazione non mediata e che va oltre
ogni
regola, perché "Uno spirito di buona volontà crea
al suo interno più
bellezza di quanto qualsiasi regola possa mai generare". Questo
andare
oltre il potere della norma riflette il valore supremo che Hadewijch,
come
altre beghine, attribuisce alla libertà, una libertà
che governa il suo
stile di vita e che si radica nella certezza che Dio è Amore.
Così, questo
Dio-Amore, distante dal Dio terribile e castigatore del Vecchio Testamento,
diviene nella mistica beghinale fonte di libertà e di godimento.
La relazione che ella mantenne con le compagne di comunità,
alle quali si
rivolge "come una madre alla sua amata bambina", si erge
a paradigma di una
delle caratteristiche del modello di vita creato dalle beghine: la
sostituzione del sistema di parentela patriarcale con un altro di
carattere
spirituale nel quale si definirono nuove forme di relazione tra donne
che
superano il puramente biologico e i vincoli di consanguineità.
Né le persecuzioni né l'esilio poterono separare la
maestra, la madre
spirituale, dalle sue alunne: le lettere, questo mezzo privilegiato
di
relazione quasi abbandonato nel nostro tempo, le mantennero in contatto,
probabilmente, fino alla morte di Hadewijch. Né le persecuzioni
né l'esilio
poterono spezzare la loro fedeltà. Quella fedeltà di
cui Hadewijch parla
alla sua amica nella lettera XXIII: "Volentieri gli altri ti
attirerebbero
a loro, allontanandoti da noi; i loro cuori soffrono a motivo della
nostra
fedeltà eccezionale".
ELENA BOTINAS
E JULIA CABALEIRO
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