Donne e conoscenza storica
      


Speranza nella scuola con il libro delle mie amiche

Giugno 1998 Donatella Massara


Da alcuni anni insegno storia accentuando il lavoro nei gruppi. Attuo queste pratiche perché mie allieve e i miei allievi si mostrano di solito molto disponibili e stimolatie/i. Ho cercato di capire da dove proviene questo interesse. Non sono infatti ancora convinta che sia lo stesso interesse che provo io per situazioni simili. Tuttavia qualcosa in comune ci deve essere.
Il gruppo - salvo alcuni casi tenacemente avversi - crea un luogo di esperienza, di fronte al quale la verità dei soggetti se il gruppo è bene intenzionato può venire allo scoperto,
Le mie allieve dicono che questa pratica cambia la prospettiva dello studio e in meglio; quindi modifica le donne e gli uomini che l'affrontano. Molto più che nella preparazione individuale e nella verifica di un insegnamento frontale, i testi che vengono dati in lettura devono essere all'altezza della situazione. Le allieve e gli allievi non faranno altro che capire e sintetizzare, ma questo lavoro, se maturato su contenuti adeguati e calzanti, diventa fondativo di un atteggiamento mentale, la pratica cementa una teoria e fra le due la soluzione può essere di naturale continuità. Occuparsi di sé può diventare una pratica di studio e amore per il. sapere che risiede nel pensiero femminile.
Ho fatto esperienza di studio di gruppo con Libere di esistere in questi due anni. Ho dato fiducia a un libro che era stato creato e concepito da donne con cui ero da anni in relazione di politica e di amicizia. Vista la sua efficacia e i risultati che ha portato, oggi dico che questo libro è un lavoro valido e merita farne un altro così. La speranza, nata da questa sperimentazione, è che il lavoro del mio insegnamento non vada perduto in uno scambio solo funzionale ai meccanismi burocratici.
I risultati si possono dire in poche parole. In queste classi avevo un cospicuo numero di ragazze piuttosto brave. Tuttavia, soprattutto quelle di questo anno appena finito non erano affatto valorizzate. L'insegnante - maschio - di italiano, al secondo anno confessava al consiglio di classe che di alcune faceva fatica a ricordarsi i nomi e a non confonderle: l'una con l'altra. Le cosiddette 'patatone' in effetti sembravano delle dormienti neppure troppo carine, considerati gli standard medi di avvenenza adolescenziale. Ho dovuto riconoscere anch'io che erano parecchio addormentate, soprattutto perché i maschietti, non particolarmente intelligenti, ma decisamente molto turbolenti, risultavano più dotati e intraprendenti. C'era un grosso equivoco che pesava su questa classe, non contraddetto da niente: i voti premiavano la diligenza femminile, ma nessuno riusciva a vedere in queste fanciulle zitte e un po' opacizzate l'originalità di un pensiero proprio. Da questa presa d'atto da parte mia è cominciato il risveglio e il libro delle mie amiche ha avuto un importante ruolo.
Il libro ha innescato l'idea della ricerca. E quindi gli attribuisco soprattutto il valore fondativo di un abito mentale e di apertura di prospettiva nel senso della differenza femminile. Questo atto iniziale e fondativo fa emigrare oltre i confini dei libri di scuola le giovani donne dando loro da subito l'accesso alla terra promessa. All'inizio il libro mi è sembrato così complesso che lo giudicavo usabile solo per il livello universitario. Ho capito che va bene così particolarmente per i lavori di gruppo. Non più semplice, né più complicato.
Alcune ricerche come quella di Luciana su Rosvita includono un contesto che permette di gestire il collegamento con aspetti fondamentali della storia di questi periodi. Per esempio la questione della proprietà delle abbazie e dei monasteri che riporta alla lotta per le investiture, alla funzione della chiesa imperiale voluta dagli Ottoni. Le ragazze si sono date da fare a leggere e riassumere le autrici preferite in concomitanza con le autrici medioevali descritte da Chiara Zamboni in Filosofia Donna. La curiosità si è spinta fino a fare emergere questioni da risolvere: il significato delle eresie e la vicenda delle streghe (ma chi erano si chiedevano le ragazze e hanno voluto fare una ricerca in biblioteca per sapersi rispondere al di là delle mie parole). Il libro ha dunque creato un atteggiamento proponendosi non esplicitamente come un progetto di fondazione che sappiamo la scuola ministeriale di suo non dà.
È il legame fra donne che alla fine dell'anno è saltato fuori come risultato di un modo di pensare alla storia, come una conquista, un punto di arrivo che potrebbe fare ripensare i conti con la storia maschile. Le mie allieve - alla fine della seconda - hanno saputo confrontare la relazione femminile, con il legame sociale che fa da cardine alla storia del medioevo maschio europeo. Il patto fra il giovane cavaliere e il suo più anziano e potente custode, depositario del mundium - il sacro e magico potere ha un corrispettivo non omologo nella relazione fra donne che seguendo l'ordine della genealogia consegna autorità alla badessa piuttosto che alla donna più anziana, destinando le più giovani alla conoscenza di una tradizione. Come hanno notato le mie allieve, questa trasmissione avviene fra i diversi gruppi sociali nella religione ufficiale come fra le streghe e le eretiche. È la relazione tra donne che argina il potere patriarcale secondo uno spostamento dal limite luminoso della relazione madre-figlia la quale, attraversando i suoi corollari, arriva al versante finora più oscuro della storia delle donne, fatto dei legami di amore e di amicizia. Tutto da discutere è il controllo simbolico sul potere patriarcale da parte delle relazioni femminili. Questo è apparentemente inesistente. Fino a quando le donne non hanno avuto libero accesso ai luoghi di ricerca e di elaborazione del sapere il simbolico rimane maschile. Un progetto di fondazione deve domandarsi cosa determinano le relazioni delle donne con la trasversalità delle presenze. Da questo punto di vista Libere di esistere è esauriente, soprattutto se si considera Ildegarda di Bingen come viene analizzata da Marirì. È certamente un saggio difficile da affrontare in una classe del secondo anno delle scuole superiori, proprio perché affronta di petto uno dei pregiudizi più acquisiti nella storia delle donne praticata tradizionalmente. Questo pregiudizio dice che le donne non hanno potere nella storia, se non attraverso il protagonismo dei matrimoni e, al massimo, delle maternità. Occorrerà pensare alla presenza trasversale delle donne rispetto ai meccanismi dei potere e Libere di esistere mi ritornerà necessario, per enunciare la prospettiva: saranno le relazioni a fare da fondamento a simile orizzonte. Se oggi chiediamo soldi coltivando l'intenzione di creare comunità piuttosto che per finanziare i nostri studi, deve volere dire qualcosa.
Le mie allieve hanno imparato che vale anzitutto la pena misurarsi con le cose che non si sanno. Poi le ha stimolate l'offerta di lavorare in gruppo. Un team di studio crea interazione fra attività e autonomie. Da questo impegno è derivato un atteggiamento rispetto alla valutazione anzitutto meno opportunista. Chi non lavora e approfitta dei lavoro delle altre, ha sempre qualcosa da perdere: dalla parola all'avventura della conoscenza che può cominciare a delinearsi con passione per queste giovani donne.
Grande maestra è da questo punto di vista la parola di ROSVITA che destruttura le idee preconcette di una religione fatta solo di spiritualità o di imbelle corruzione. Rosvita ci appare capace di godere del senso più umano delle cose, autrice di racconti e di teatro, religiosa e nobile, rivela da un inaspettato altomedioevo femminile, lo scenario dì una posizione libera e cosmopolita delle donne nella cultura.