Donne e conoscenza storica
      


Dalla trasmissione dei contenuti alla costruzione dello spazio creativo


di Katia Ricci

 

La passione per l'insegnamento si liberata dentro di me quando ho smesso di pensare che questo dovesse consistere soprattutto nell'approfondimento dei contenuti, nell'acquisizione di metodi e tecniche e nell'applicazione delle tassonomie per trasmettere i contenuti, come richiedeva la didattica degli, anni '80. In questi anni, nel .modo di ripensare la scuola, si nota un'accentuazione ulteriore della scientificità del sapere e degli obiettivi. Quel che rimane fuori da questa idea di scuola è la soggettività di me insegnante e quella delle e degli studenti che vengono identificato solo per i requisiti in loro possesso o per gli obiettivi da raggiungere, anzi per gli standard di apprendimento.
Per me la ricerca e la scoperta della mia soggettività ha significato accogliere il senso della differenza sessuale che innanzi tutto mi ha fatto nascere il desiderio di studiare quello che le donne artiste hanno espresso attraverso quello che hanno creato e poi di interpretare la Storia dell'arte dì donne e uomini da questo punto di vista, per così dire, ritrovato. Non accontentandomi più di trasmettere una cultura e dei giudizi elaborati da altri, ho sentito molto forte il desiderio di diventare creatrice insieme alle e agli studenti.
Partendo da quelle che sono, dalla relazione che ho con loro, il testo artistico assume una nuova funzione: è un confine che separa ed unisce al tempo stesso, posto tra ogni studente, me e l'artista in un unico spazio simbolico di creatività e di conoscenza. Per questo cerco di mettere le e gli studenti direttamente a contatto con il testo visivo, senza proporre rigidi schemi di. analisi, in modo da favorire l'espressione dell'esperienza personale di ciascuno e da attivare il rapporto soggetto / oggetto di cui l'immagine costituisce la mediazione.
Infatti, quando metto in gioco la mia soggettività e le ragazze e i ragazzi ,a loro, intesa come modo assolutamente irripetibile di essere, vengono fuori le energie creative, la curiosità, le emozioni, il. rifiuto, la passione, che sono alla base dello scambio e che agiscono in modo imprevedibile nella modificazione di sé e del, sapere.
.Ho notato che quando una o uno studente riesce a definire il proprio punto di vista, questo non è, né va inteso, come un arricchimento, una personalizzazione del sapere o un'espressione dello spirito critico, che è uno degli obiettivi della didattica tradizionale, ma come fondamento della creatività, il punto da cui partire per dare significato a ciò che si vede, per trovare nessi tra la propria esperienza e le forme in cui si esprime quella delle artiste e degli artisti.
Quest'anno ho lavorato in una prima liceale del Liceo classico di Foggia, sui monasteri femminili e le attività delle amanuensi. Mi era venuto il desiderio dopo aver Libere di esistere, e dopo aver visitato il monastero del Goleto ad un'ora di automobile da Foggia, dove ho poi accompagnato la classe. Quando le ragazze e i ragazzi hanno analizzato le immagini dei codici riprodotte sul libro, ho notato come i luoghi comuni sui, monasteri di manzoniana memoria, impedivano ad alcune/i di vedere la realtà delle immagini, per cui non, riuscivano a vederle se non come segni di segregazione delle donne o simboli di virtù o vizi a seconda dei casi. Altre ragazze invece partendo dal proprio desiderio di. libertà,
riuscivano a cogliere, proprio nella bellezza ed efficacia delle immagini, l'energia creativa, la forza e le aspirazioni di chi le aveva prodotte. Un atteggiamento diffuso è stato la sorpresa e il conseguente cambiamento del punto di vista.
Una alunna, guardando ].e riproduzioni, del Liber divinorum operum di Ildegarda, vede ciò che mai avrebbe visto e si sarebbe immaginata in un monastero, cioè un luogo "dove qualcuna possa scoprire e rendere vive le proprie aspirazioni" e nello stesso tempo scoprire il suo desiderio di " mettere a frutto le mie doti e le mie capacità -dice- per ritrovare, combattendo più attivamente nella società, la tanto agognata libertà"
L'Hortus deliciarum si presenta ad alcune come un libro di illustrazioni che contengono elementi della tradizione iconografica classica e bizantina, che testimoniano la cultura delle monache basata sulla conoscenza delle opere antiche e, nello stesso tempo, sull'osservazione della realtà per la freschezza e spontaneità di alcune scene della ,Scala virtutum, dei Faraone e l'auriga, ecc.
Alcune hanno sottolineato la consapevolezza del valore delle donne per l'immagine della Donna vestita di sole, e osservato come nella Scala virtutum solo una donna riesca a salirla fino in cima.

Un'alunna, guardando la miniatura che ritrae la badessa Hilda che offre l'evangeliario a Santa Walburga contro lo sfondo di un monastero, lo vede, al di fuori degli stereotipia, dell'immaginario corrente, non più un luogo di segregazione: "Intercorre ­dice- una stretta relazione tra il convento e la possibilità di essere una donna".
"Ma come è possibile - si chiede M. Luisa- continuare a dire, come si legge nei libri di testo. che immagini come queste si devono interpretare solo come simboli e non anche come rappresentazioni di donne reali? Per me dire così è un modo per svalorizzare le donne. D'altra parte se gli artisti non avessero visto donne simili nella realtà non avrebbero avuto l'idea di ritrarle in quel modo".
Un'altra, scoprendo un Medioevo "diverso", non nasconde un moto di ribellione nei confronti dei suoi libri di testo e bolla come "grotteschi quei sussidi scolastici in cui sono assenti informazioni o che riportano fittizie testimonianze dell'operato di donne", senza riportare le loro creazioni. Giudica poi fuorviante quell'interpretazione della storia come oppressione delle donne e seguendo il suo desiderio di libertà, dà credito a quelle donne che hanno deciso di diventare monache: "E una scelta che compiono, - afferma - pur se obbligate, una scelta per avere le proprie idee, è un modo di mettersi alla prova, dì essere consapevole del proprio valore".