Donne e conoscenza storica
   


Hortus Deliciarum

Che cos'è l'Hortus? Come molte opere ricche, complesse, anche questa sfugge alle definizioni che potrebbero suonare troppo sommarie e riduttive: non trattato teologico, non enciclopedia o compendio del sapere altomedievale 'tout court', (1) non solo opera edificante, né puro modello di arte figurativa, ma un po' di tutte queste cose insieme, raccolte in un quadro di riferimento teorico rigoroso e mirabilmente fuse dal linguaggio iconografico che ha uno stile complessivamente molto unitario. Infatti questo Giardino delle delizie, il cui testo raccoglie scritti di vari autori altomedievali o contemporanei di Herrada, presenta questa duplice caratteristica, che ne fa un'opera unica ed eccezionale. Da un lato infatti c'è la lucida cornice, il quadro di riferimento organico in cui sono inseriti i vari testi (probabile frutto della sinergia intellettuale delle due badesse Relinda e Herrada); dall'altro c'è il linguaggio delle immagini, la cifra stilistica peculiare dell'Hortus, che hanno uno spazio qualitativo nel manoscritto. Le miniature non sono quindi semplice illustrazione e supporto al testo, ma divengono addirittura 'testo' privilegiato, ambito di lettura originale della storia della salvezza, che si esprime in un linguaggio che non ha perso efficacia comunicativa, ma è in grado di parlare anche a noi oggi, come è caratteristico delle grandi opere d'arte.
Purtroppo non abbiamo più accesso alle splendide miniature originali, distrutte con l'intero manoscritto dall'incendio che, durante la guerra franco-prussiana del 1870, ha colpito il prezioso patrimonio della biblioteca di Strasburgo; tuttavia la monumentale opera critica (2) che ha permesso la ricostruzione quasi integrale -sia del testo che delle miniature- dell'Hortus deliciarum, ci dà un'idea efficace del mirabile tessuto iconico, che è proprio la 'delicia' più preziosa del giardino creato da Herrada.
Non a caso infatti nell'Hortus la parte iconica rappresenta più di un terzo rispetto al totale del manoscritto -caso davvero singolare fra le opere di carattere simile coeve- ed in certi punti le immagini e il testo si alternano in parallelo (spesso questo occupa il rectus, quelle il versus del folio) (3); talvolta le miniature seguono da vicino il testo, mentre a volte se ne discostano, forse volutamente...

(1) Quella di raccogliere il sapere in 'enciclopedie' o in 'summae' teologiche è una caratteristica della produzione letteraria medievale. Fra gli antecedenti dell'opera di Herrada segnalo, oltre all'Elucidarium di Onorio, di cui si dirà in seguito, il Liber floridus del canonico Lamberto, scritto all'inizio del XII secolo, composizione di notevole ampiezza che pure alterna testo e miniature. Circa opere di questo tipo contemporanee o di poco posteriori all'Hortus deliciarum, rimando ai riferimenti su Pietro Lombardo e Pietro Comestore e in particolare alle referenze bibliografiche citate in: Rosalie Green et al. op. cit., cap.IV, Le texte di Christine Bischoff, pp.37-59.

(2) È la citata edizione dell' Hortus (cfr. n.5), in particolare il cap. III The miniatures, di Rosalie Green, pp. 17-36. È lei che nella parte più voluminosa del Commentary (pp. 89-228) ha curato il catalogo delle miniature dell'Hortus deliciarum: il suo lavoro critico è stato possibile anche grazie alla fatica degli storici dell'arte dei codici miniati, che nella prima metà dell'800 hanno studiato il manoscritto originale dell'opera, riproducendo col disegno o ricopiando colla tecnica del 'ricalco' quasi tutte le miniature, le più importanti in tavole a colori. Pioniere degli studi moderni su Herrada è stato il tedesco Engelhardt, che ha pubblicato nel 1818 la prima monografia sull'Hortus; in seguito particolarmente preziosa è stata l'opera del francese August de Bastard, che ha potuto studiare per dieci anni il manoscritto a Parigi, facendone riprodurre fedelmente gran parte del testo e delle immagini. Certo noi oggi possiamo avere un'idea della grandiosità dell'originale, ma non possiamo vedere che un riflesso del suo fascino... Ecco cosa dice in proposito Rosalie Green all'inizio dell'articolo citato: "Uno dei manoscritti più ambiziosi e splendidi del Medioevo è irrimediabilmente distrutto; e la sua ricostruzione, che è il frutto di questa edizione, può darci solo un'idea approssimativa dell'originale perduto. 'Cosa valgono -si chiedeva Straub (uno dei curatori di una precedente edizione dell'H.D.)- delle riproduzioni sbiadite, dai tratti più o meno sicuri, a confronto di miniature splendenti per la luce smagliante dei colori, lumeggiate d'oro e disegnate da una mano la cui fermezza ci ha sempre riempito di stupore?' Solo l'immaginazione adesso è in grado di evocare quelle pagine di pergamena grandi quasi il doppio di questa, le centinaia di immagini non solo rilucenti d'oro e di colore, ma cariche di iscrizioni, e il testo in due lunghe colonne scritto con stile semplice, povero di elementi decorativi."(...)

(3) Sono termini paleografici che designano rispettivamente la parte anteriore (recto) e il rovescio (verso) delle 'pagine' di pergamena di cui si compone il codice. Il folio intero -perché c'erano anche 'mezze pagine'- dell'originale dell'H. D. misurava circa 50 cm. per 36 cm. Come 'libro di testo' non era troppo maneggevole!