Scriptorium
Tutti
i monasteri possedevano uno scriptorium nel quale le monache si cimentavano
nella copiatura o nell'abbellimento di manoscritti con miniature e ricchi capilettera
(1). Questo lavoro, commissionato da nobili donne e attenti eruditi, era fonte
di reddito per la comunità. Abbiamo traccia di corrispondenze complete
relative al lavoro sui manoscritti, come il carteggio che scambiarono, fra il
1140 e il 1168, Sinold e la suora H. di Lippoldsberg, a proposito dell'esecuzione
di una 'raccolta di mattutini' Sinold dà alcune istruzioni alla suora:
"Per questo lavoro, vorrei che mi faceste dei capilettera di effetto decorativo
secondo la sistemazione che vi ho indicato. Per la trascrizione del salterio,
in ogni pagina riservate soltanto tre righe per l'inizio dei versetti" (...)
La monaca, dal canto suo, gli risponde: "La raccolta di mattutini di cui
la vostra carità ci ha affidato la trascrizione è stata da me copiata
col massimo zelo fino a Pasqua, ma in seguito non ho potuto proseguire nel lavoro;
in effetti, durante l'inverno, scrivendo questo e quello fino a Pasqua per non
perdere la mano, non ho potuto terminare il lavoro. Spero tuttavia di poter consegnare
al vostro inviato il libro finalmente terminato alla natività della Beata
Vergine Maria (8 settembre). E siccome mi accorgo che mi mancano tre quaderni
di pergamena, mandatene quanta ne serve per mezzo del vostro inviato, oltre a
due trattati sulle regole dell'arte della redazione e alla pianta che si chiama
genziana per nostra sorella G." (2).
Inoltre disponiamo di una nutrita
documentazione di coloro, donne e uomini, che si occupavano di questo faticoso
lavoro, grazie alla raccolta di colophon (3), dei manoscritti occidentali dalle
origini al XVI secolo. Fra le copiste c'erano religiose e alcune laiche, non tutte
nobili, che avevano ricevuto l'istruzione necessaria per potersi occupare della
scrittura. Da questo ricaviamo che numerose erano le donne alfabetizzate in Europa.
(1)
Vorrei qui ricordare che furono numerose le donne che nell'ambito della vita religiosa
espressero il proprio talento artistico: Herlind e Reinhild, disegnatrici del
VII e VIII secolo in Belgio, la badessa Agnese di Quedlinburg, e ancora "Diemud
(c. 1057 - 1130) del convento di Wessobrun ha lasciato il maggior numero di lavori:
quarantacinque libri, inclusa una Bibbia in due volumi, che il suo monastero usò
per acquistare un feudo. A Mallersdorf, a Francoforte, a Osnabruck, nelle case
domenicane della Germania meridionale, a Siena e a Pavia, vi sono testimonianze
di copiste ed illustratrici". B. S. Anderson, J. P. Zinsser, 1992, p. 317;
cfr. anche R. Pernoud, 1982, p. 60 e sgg.; ancora, è la monaca Eude che
realizza il codice del Commento dell'Apocalisse scritto dal Beato di Liebana,
un manoscritto risalente all'anno 975 ricco di miniature in stile mozarabico,
oggi conservato nel museo della Cattedrale di Girona in Catalogna; e , per rimanere
in Alsazia, negli stessi anni di Herrada, la canonichessa Guta de Schwartzenthann
illustra e compone col canonico Sintram de Marbach un manoscritto in cui sono
contenute notazioni utili per la comunità, dal calendario per onorare i
santi alle norme igieniche, in L'Alsace una Histoir , 1993.
(2)
R. Pernoud, 1982., p. 62: (citato da Jacques Stiennon, Paléographie du
Moyen Age, p. 294).
(3) "Il colophon è quella 'parola finale'
che si riserva il copista quando ha concluso il suo lavoro, esprimendo il suo
sollievo e a volte l'auspicio di una ricompensa per il suo sforzo". R. Pernoud,
1982 p. 63.