La
transazione
Marina
è costretta a difendersi dal vescovo Giovanni di Sant'Angelo dei Lombardi
che pretende di inserirsi negli affari interni dell'abbazia, esigendo un censo
per la obbedienza.
Il 6 maggio 1174 (1), re Guglielmo II riunisce nel monastero
di San Salvatore del Goleto una solenne Curia regia, cui partecipano numerosi
ecclesiastici e molti signori del regno. Si discute di quanto preteso dal vescovo
e la Curia, dopo aver ascoltato le ragioni delle due parti, arriva ad una transazione
con cui "essa Marina, per parte del monastero, ogni anno di Pasqua, dia (versa)
un terzo di oncia d'oro di tarì ad pondus Salerni (salernitani), a titolo
di censo per la Chiesa di San Salvatore del Goleto e per tutte le altre chiese
di suo patronato nella diocesi di Sant'Angelo" , mentre "per la chiesa
di Santa Croce, che era in territorio di Guardia dei Lombardi corrisponde ogni
anno quattro libbre di cera, a patto però che il vescovo non avesse avanzato
altre pretese verso il Goleto, salvo il diritto spettante al vescovo in materia
spirituale, e cioè nel consacrare la badessa, nell'ordinare i chierici
e nella dedicazione della chiesa maggiore o delle altre chiese, dipendenti dal
monastero e che si trovavano in diocesi di Sant'Angelo (2). Anche il crisma e
l'olio santo, necessari per il monastero e per le chiese dipendenti, esistenti
in diocesi di Sant'Angelo, si riceveranno dal vescovo" (3). La convenzione
si conclude con una formula imprecatoria di maledizione, di scomunica e di segregazione
dal consorzio di tutti i cristiani, contro coloro che avessero osato violarla.
È il documento più importante:
perché
reca, tra le firme in calce, il segno di croce della badessa Marina, oltre che
quello di altre monache:
Ego Sophia sanctimonialis testis sum
Ego Aromata
sanctimonialis testis sum
Ego Cecilia sanctimonialis testis sum
mentre fra
i monaci ci sono:
Ego Petrus monachus testis sum
Ego Stephanus monachus
testis sum
firmano inoltre con lo stesso segno di croce Riccardo vescovo di
Bisaccia e col proprio nome Giovanni, vescovo di Montemarano, il conte Filippo
di Balvano e i suoi figli Ruggero, Goffredo, Simone e Tommaso.
Marina ottiene
il riconoscimento di Abbazia Nullius
Nel
1191 la ritroviamo impegnata, in un contesto più generale, a richiedere
e ottenere dal papa Lucio III il riconoscimento di abbazia nullius per
il proprio monastero e i territori che comprendeva, sottraendoli alla giurisdizione
del vescovo di S. Angelo dei Lombardi, per essere sottoposti alla immediata soggezione
del papa.
Sono gli anni in cui il Goleto raggiunge il massimo dello splendore.
Parecchie centinaia sono le religiose che vivono nelle varie case monastiche distribuite
su un vastissimo territorio, numerosi sono i religiosi al loro servizio, e così
pure i vassalli; estesi, infine, i beni fondiari.
Marina, per rendere possibile
uno sviluppo più libero delle proprie attività, desidera sottrarsi
all'autorità vescovile ed ottiene dal papa la giurisdizione quasi episcopale,
cioè si sostituisce al potere del vescovo nel governo spirituale e temporale
dei territori di pertinenza del Goleto.
(1)
L'estratto del documento si trova in Scandone doc.n °10; una trascrizione
del documento si trova in appendice; cfr. anche G. Mongelli, Storia del Goleto,
pag 46 e segg.
(2) N. Parisio, Pergamene della famiglia Fusco, XXIX,p.779.
Ego Marina predicta abbatissa vel pars nostri monasterii demus tibi domino Iohanni...
in Cod. Dipl. Virg. IV, p. 298.
(3) G. Mongelli, Storia del Goleto, pag 47