Donne e conoscenza storica
      

 

DICONO DI NOI

RECENSIONI

Recensione di Anna Pagano in LeggereDonna, n°77 nov-dic 1998

Novecento andata e ritorno
di Michela Pereira

in Via Dogana. Rivista di pratica politica, n.32/33, settembre 1997

Figure di donne nel mondo medievale
Maria-Milagros Rivera Garretas

in Viaggi di Erodoto, n°35, novembre 1998
(con testo originale spagnolo)

Apporti femminili nella costruzione del Medioevo europeo
Dalla "castità per Dio" L'autorevolezza femminile nel cristianesimo di Piero Vanzan S.I.
, in La civiltà cattolica 20 dicembre 1997, p.586-588.

Recensione di Anna Pagano in LeggereDonna, n°77 nov-dic 1998

Libere di esistere offre un'occasione preziosa per dire, anzi ribadire, il senso che diamo al "fare storia", come ricerca e come trasmissione. Ed e utile ribadirlo soprattutto in questo momento, in cui la scuola, anche a seguito delle note disposizioni ministeriali, e investita da tutta una serie di sollecitazioni, dai dibattiti a vari livelli ai corsi di formazione ed aggiornamento ai nuovi manuali scolastici. E proprio dalla scuola bisogna partire, dove la tradizione ancora trasmette storia pretesa "universale", quando più parziale non potrebbe essere, poiché è scritta dagli uomini per gli uomini, con linguaggio rigidamente monosessuato, che si ostina a cancellare la differenza sessuale e che occulta il fatto evidente che la storia e fatta da donne e uomini.
Ancora mi sembra valido il lapidario giudizio sui libri di storia che Jane Austen fa dire alla protagonista di Northanger Abbey, Catherine: "Ad ogni pagina litigi di papi e imperatori, guerre e pestilenze. Gli uomini in genere sono dei buoni a nulla e le donne, praticamente, non ci sono mai: è una noia terribile".
I manuali, per così dire, più aggiornati al più accennano alla "condizione femminile", presentando le don ne di un'epoca tutte uguali, come gruppo sociale omogeneo oppure riportano figure di "donne eccezionali", presentate appunto come eccezioni al loro sesso. Questa situazione ha posto e pone interrogativi e problemi di vario tipo alle insegnanti che vorrebbero "introdurre nel sapere che trasmettiamo rappresentazioni significative di libertà femminile".
La storiografia femminile, ormai più che ventennale, e ricca di elaborazioni che hanno investito l'oggetto e i metodi della ricerca. Mi riferisco, per esempio e brevemente, a Gisella Bock, che ha introdotto come fondante la categoria di genere e a Gianna Pomata che, a conclusione di un suo saggio, "Storia particolare e storia universale", evidenzia la necessità di abbandonare la pretesa di fare storia universale. La ricerca delle donne, come in tutte le altre discipline, attraversa il campo del sapere storico tradizionale dando, come dice Paola Di Cori, "una diversa gerarchia delle rilevanze" ai temi prescelti e fondando nuove categorie storiche. La storiografia femminile offre modalità di approccio diversificate, un ampio ventaglio di scelte metodologiche e di campi di indagine, che possono essere utilizzati anche nella trasmissione del sapere storico.
La categoria storica adoperata, in Libere di esistere e quella della libertà femminile, infatti indaga e porta alla luce le forme di libertà che alcune donne hanno esercitato nei loro contesti storici, costruendo forza femminile con l'intreccio di relazioni fra donne, mantenendosi fedeli ai loro desideri, operando le mediazioni necessarie più vantaggiose con la realtà data, agendo autorità femminile riconosciuta dalle comunità di donne e di uomini in cui vivono. Ma libertà femminile, relazioni significative fra donne, forza, valore e autorità femminili, mediazioni necessarie, fedeltà ai propri desideri sono anche categorie politiche, le stesse che noi adoperiamo nel nostro agire. Sta in questo, credo, la validità del libro: l'aver saputo interrogare, attraverso le modalità di costruzione di libertà esperite da donne di oggi, del presente, il desiderio e la ricerca di libertà di donne del passato e l'aver trovato risposte convincenti per loro, del passato, alle quali sono state restituite parola e significazione e per noi oggi, nel presente, a cui viene indicato un metodo per poter "fare storia" in fedeltà al nostro sesso.
Il libro e un saggio sul Medioevo e ci presenta le opere, materiali ed intellettuali, di cinque badesse che governano le loro comunità religiose, dislocate alcune nell'Europa centrale, una nell'Italia meridionale, un'altra ancora in Russia. La disposizione delle figure delle protagoniste traccia un percorso emblematico di crescita femminile e di creazione di civiltà, evitando il tradizionale ordine cronologico e quello per area tematica o geografica: Ildegarda di Bingen, la madre, colei che coltiva il rapporto simbolico madre-figlia, fondatrice di genealogia femminile; Herrada di Hohenburg, la maestra, sollecita verso le proprie allieve, attenta alle esigenze della loro mente e dei loro occhi; Rosvita di Gandersheim, scrittrice raffinata e storica colta; Marina del Goleto, che sa garantire, con l'uso consapevole della legge, agio e sicurezza alla propria comunità; Eufrosinija di Polosk, posta al termine del percorso, che, dopo essersi adoperata in opere di civiltà e cultura per altre e altri, già anziana si è sentita di lasciare tutto, decidendo di riservarsi uno spazio e un tempo per sé: un viaggio (come metafora della vita della libertà).
Il Medioevo credo sia l'epoca più indicata in questo ultimo periodo dalle storiche e mi pare che questa attenzione stia spingendo anche la ricerca tradizionale a rivedere i suoi schemi interpretativi.
Gli studi della stessa Martinengo su IIdegarda, la sua ricerca sulle Trovatore, il libro di Luisa Muraro su Guglielma e Maifreda e, ancora di Muraro, il lavoro su Margherita Porete (cito questi perché danno conto della libertà femminile e li prediligo) e tanti altri di altre storiche ci consegnano un Medioevo "nuovo", in cui a1cune donne hanno saputo costruire, in feconde relazioni con altre donne e necessarie mediazioni con il contesto, grandi opere materiali, intellettuali e spirituali, che hanno segnato la civiltà medievale della forza e dell'autorità femminili.
Altro che secoli bui! Sono saltati gli stereotipi. Anche per quanto riguarda il contesto religioso, quello dove vissero le protagoniste di questo testo, i monasteri che, indagati con occhi scevri da pregiudizi, si rivelano - come e detto bene nell'introduzione - "società equilibrate in cui la vita dello spirito si coniugava con quella del corpo".
Vorrei, infine, solo accennare ad altri nodi metodologici, che nel libro mi sembrano affrontati e risolti.
La pretesa oggettività neutra della materia storica viene smascherata dall'esplicitazione e dalla responsabile assunzione, da parte delle autrici, dei motivi che hanno condotto alla scelta delle figure da far riemergere dal passato: inclinazioni, affinità personali, problemi esistenziali, urgenze politiche. Il rapporto fra storia particolare e storia generale (non universale, già smascherata): indagando un microcosmo determinato - i monasteri - attraverso i rapporti che una donna autorevole, forte delle relazioni con altre donne, costruisce con il contesto circostante, si allarga lo sguardo e vengono portati in luce i caratteri economici, sociali, politici, culturali di un periodo, di modo che la ricostruzione generale viene mostrata dall'interno stesso del periodo storico e mostra sempre l'intrecciarsi delle vite reali, di donne e di uomini, al farsi e dipanarsi degli eventi complessivi.
Il problema se si possa fare storia partendo dall'esistenza delle donne senza che si faccia un'aggiunta alla storia generale, viene risolto facendo agire la differenza sessuale - le protagoniste non operano mai per diventare uguali agli uomini, si mettono in gioco, sempre e liberamente, in quanto donne - e mettendo al centro di tutti i saggi l'autorità femminile, che dà ordine al mondo degli uomini e delle donne.

torna su



Novecento andata e ritorno
di Michela Pereira

in Via Dogana. Rivista di pratica politica, nà32/33, settembre 1997

Come porsi rispetto al passato nell'insegnamento della storia, quando il cambiamento di programma conseguente alla riforma voluta dall'attuale ministro della P.I. diventerà - a tempi ormai brevissimi- operativo? Che conseguenze porterà la forte accentuazione sul Novecento, necessaria correzione del taglio storicistico sopravvissuto a se stesso, ma rischiosa se intesa come legittimazione della perdita della dimensione della memoria? Due domande che molte/i insegnanti si pongono in questo periodo, mentre forse troppo poche sono le riflessioni dedicate a questo argomento da quante/i fanno ricerca in ambito umanistico. Due domande a cui un volume, pensato da cinque donne appassionate dell'insegnamento, offre una possibilità di approccio e di risposta, anche se - o meglio proprio perché - essendo frutto di molti anni di lavoro e di riflessione, nulla deve alle sollecitazioni del momento.
"La tradizione scolastica veicola un sapere preconfezionato, congelato, che non risponde alle domande che affiorano spontanee alla mente di chi, donna o uomo, insegna e soprattutto di chi, ragazzo e ragazza, si dspone ad apprendere. Domande preziose perché mettono in comunicazione il presente con il passato e offrono l'opportunità di aprirlo e sfogliarlo, soffermandosi solo sulle pagine dove il bisogno e l'interesse di approfondire guidano" - così, nelle pagine di apertura del volume, che ha per titolo Libere di esistere. Costruzione femminile di civiltà nel Medioevo europeo. Le autrici mettono a fuoco la dimensione di "relazione", di duplice relazione, in cui il lavoro si colloca. In primo luogo in relazione del e nel presente, quella che si instaura fra chi insegna e chi apprende, nel vivo di una situazione comunicativa ed educativa al cui dialogo la "tradizione scolastica" non offre in genere spazio, e non perché i contenuti in essa veicolati siano sempre obsoleti o stantii, ma perché è una tradizione nata in tutt'altra situazione, in cui le modalità d trasmissione del sapere si radicavano in un altro tipo di comunicazione fra generazioni e livelli di competenza diversi. Dall'altro lato, però, c'è la relazione con i contenuti della memoria della nostra civiltà, la comunicazione secondo la dimensione temporale - il presente che rinuncia alla unidimensionalità e al delirio d'onnipotenza che fatalmente finisce per connettervisi, e riconosce lo spessore, la profondità del terreno su cui tiene i piedi poggiati e da cui prende il volo, in un impeto di progettualità, la dimensione del futuro.
Io che scrivo, non ho quasi per niente insegnato nelle scuole superiori, cui questo libro in primo luogo si offre - anche se a mio avviso può funzionare benissimo anche come integrazione a corsi universitari. La mia esperienza di insegnamento si è svolta quasi interamente nell'ambito dell'università, ed è radicata in una tradizione storiografica profondamente in sintonia con lo storicismo che ha imperato nella scuola fino a non molti anni ( fino a non molti manuali) fa. Tuttavia il collegamento fra l'insegnamento e la ricerca - in università postulato come principio, anche se non sempre realizzato nei fatti - ha funzionato, per me come per molte/i, da fattore di selezione e di orientamento verso temi cui mi hanno guidato "il bisogno e l'interesse", mettendo in comunicazione il presente con il passato in maniera dapprima spontanea e quasi irriflessa, ma con il passare degli anni sempre più articolata attorno a domande che in buona parte mi sono state sollecitate da altre/i.
La capacità di far dialogare il presente - e non un presente fantastico o tutto mentale, ma quello che si vive nel contesto delle relazioni molteplici - con il passato si acquisisce infatti interpellando le figure e le età della nostra storia che sembrano rispondere, spesso per motivazioni inizialmente oscure e confuse, ad interesse intellettuale in cui trova espressione un desiderio radicato più profondo nel cuore di chi ha "passione per la storia". Ed in questo atteggiamento, che si sostanzia nella comune "passione" per le donne medievali, trovo l punto di convergenza tra la mia ricerca ("specialistica" per definizione) e quella di Mariì, Claudia, Marina, Luciana e Laura che si è posta intenzionalmente come tramite tra lo specialismo accademico e la comunicazione didattica. Qui ha avuto origine lo scambio fra noi, che mi ha dato il piacere di conoscere la loro ricerca quando ancora non era completamente conclusa, e di vederne poi il frutto in questo volume.
Voglio ancora lasciare la parola a loro: " Ascoltando inclinazioni, affinità personali, problemi esistenziali, urgenze politiche, ciascuna di noi ha scelto la figura da far riemergere da un passato, il Medioevo appunto, preferito perché in esso - sintesi originale di tre componenti: l'eredità classica greco-romana, la cultura romanica e il cristianesimo -sta la radice profonda del nostro essere uomini e donne viventi al presente bell'Occidente europeo". Le parole-chiave in questa nitida enunciazione di metodo, che nulla concede né alla serialità cronologica imposta dalla "tradizione scolastica" né alla pura arbitrarietà, sono a mio avviso due: "scelto" ("preferito") e "riemergere".
La presenza di chi indaga non è nascosta non è nascosta dietro una sorta di neutralità oggettivante, ma viene chiaramente indicata nella dimensione di selezione, che del resto obbedisce e risponde ad una serie di necessità intrinseche all'esistere delle autrici, così la libertà di esistere che esprimono le donne medievali fatte 'riemergere' come tesoro sotterrato dal cumulo degli eventi di cui la storia seriale è costruita, risponde alla libertà con cui le storiche si muovono rispetto ad un'epoca che è avvertita - e questa connotazione mi trova profondamente consenziente - come fondante rispetto al nostro vivere qui ed oggi.
E poiché la libertà delle autrici si definisce, per la loro storia e le loro pratiche, come libertà femminile, il linguaggio che esse hanno utilizzato, ed i temi che hanno di preferenza sottolineato nell'esposizione rispondono alle riflessioni in cui la libertà femminile si è espressa nel loro contesto: il rapporto tra autorità e libertà, il linguaggio sessuato, la genealogia femminile. La griglia così costituita offre uno strumento interpretativo importante per orientarsi nella quantità di ricerche esistenti su figure come Ildegarda di Bingen, Herrada, Rosvita, Eufrosinija, così come per costruire un discorso complesso a partire dalle scarse testimonianze sulla badessa Marina del Goleto. Queste figure femminili non per caso appartengono tutte a quel contesto religioso-monastico che offrì, nell'epoca della sua fioritura medievale, spazi di influenza sulla realtà a tante donne, costruttrici di civiltà e di ragionato sapere che non imponeva una norma ma dava strumenti di regolazione della vita. Oltre alle figure esaminate nel libro si potrebbero fare gli esempi di Eloisa, delle trobairitz o trovatore ( cui Marirì Martinengo ha recentemente dedicato un altro lavoro), delle 'madri' appartenenti al movimento beghinale, con la loro sapienza che nasce dall'esperienza del sacro.
La visibilità di quest'opera civilizzatrice è così ben riuscita nei saggi sulle singole figure, che l'insistenza un poco didascalica sulle formule con cui i temi privilegiati sono stati enunciati nel contesto del pensiero della differenza in Italia, mi pare leggermente controproducente, perché rischia di far attribuire al lavoro una carattere ideologico che potrebbe ostacolarne la fruizione. E questo sarebbe un vero peccato, perché l'incontro con la modulata libertà delle badesse medievali è un inestimabile regalo fatto a tette/i coloro che si laceranno appassionare dalla lettura di queste storie.

torna su

Figure di donne nel mondo medievale
di Maria-Milagros Rivera Garretas

in Viaggi di Erodoto, n°35, novembre 1998

Da quando Petrarca descrisse come tenebra il periodo della storia d'Europa che precedette il suo e che fece iniziare con il trionfo politico del cristianesimo ecclesiastico nel IV secolo, pochi luoghi comuni storiografici sono risultati tanto resistenti al tempo e all'uso come quello di "età oscura". Fidanzata del "continente nero" della teoria psicanalitica, l'età oscura e stata lo sfondo indistinto contro il quale si sono stagliati, imperturbabili, i vari rinascimenti della chiarezza e della luce che ispirano cose belle ai manuali di storia. Chiarezza che ne Friederich Engels ne Joan Kelly riuscirono ad appannare suggerendo (lui) che i movimenti di progresso per gli uomini potevano essere di regresso per le donne, e (lei) che le donne non ebbero rinascimento, o almeno non durante il Rinascimento.
Non riuscirono ad appannare tale chiarezza perché la misura di Engels e quella di Kelly continuava a essere il Rinascimento. È da questa misura che finalmente le autrici di Libere di esistere si staccano. Il distacco permette il prodursi di una rivoluzione simbolica: la differenza di essere donna diventa significante di storia e la pratica di relazione tra le storiche di oggi entra in gioco con le testimonianze di vite che scommisero forte sui tenere la briglia corta a due aneliti: la ricerca di senso e l'azione. Il risultato non oscilla più tra il buio e la luce, ma è orientato dalla metafora del "lume": la scoperta e lo studio impegnativo della relazione di apprendistato e di magistero che vincola a poco a poco tra loro generazioni diverse, la valorizzazione della lenta attività di mediazione a favore della pace tra Bisanzio e l'Europa, l'analisi della pittura e della scrittura in relazione... Compaiono così, consistenti, donne libere creatrici di civiltà nell'Europa medievale: un paradosso impensabile per la storiografia degli anni settanta.
Con questo metodo, Marirì Martinengo studia il tema dell'armonia nella visione della creatura umana e del mondo elaborata da Ildegarda di Bingen; partendo dal suo epistolario, presenta Ildegarda che simbolizza la relazione madre-figlia negli spazi di donne in cui visse. Claudia Poggi e Marina Santini affrontano il difficile Hortus Deliciarum di Herrada di Hohenbourg, ne spiegano il contesto storico e ricreano l'autorialità di questa grande opera nel suo farsi e apprendersi, nel suo scriversi e nel suo miniarsi a molte mani, tra allieve e maestre che nello stesso tempo nominarono, insegnarono e impararono il mondo nello scriptorium di Hoenbourg. Luciana Tavernini ricrea con passione e arte l'opera di Rosvita di Gandersheim nella Sassonia del X secolo, il suo vincolo con la trascendenza dell'amore e della bellezza umana, la sua originale storiografia (dell'imperatore Ottone e del monastero di Gandersheim). così come la fortuna della sua opera - specialmente del suo teatro - fino al XX secolo. Marina Santini costruisce, accumulando indizi, la storia di Marina, badessa del monastero doppio del Goleto, nel sud dell'Italia, durante la seconda meta del XII secolo. monaca probabilmente involontaria, capace di trasformare in libertà la necessita in cui era nata. Laura Minguzzi intreccia i suoi incontri e scontri con la Storia con la vita di Predslava-Eufrosinija, principessa di Polozk che non volle sposarsi, si dedicò alla vita religiosa in vari luoghi appoggiata dalla zia e da amiche, e fu una saggia e tenace diplomatica, consapevole della sua autorità, nei conflitti di potere tra i principati di Polozk e Kiev e l'astuzia della dinastia Comnena di Bisanzio.
Il libro, pensato per essere usato con piacere a scuola, si legge senza difficoltà per il suo stile comunicativo e perché e illustrato da disegni esplicativi, mappe e brani delle opere commentate con traduzione a fianco. Lo completano un glossario, un'appendice bibliografica e un bel repertorio iconografico.
La mia dipendenza dall'erudizione mi porta a lamentare, tuttavia, la diversità di criteri nell'uso di alcuni nomi propri.

torna su


TESTO ORIGINALE SPAGNOLO

María-Milagros Rivera Garretas


Desde que Petrarca describiera como tenebrae el período de la historia de Europa que precedió al suyo y que habría comenzado con el triunfo politico del cristianismo eclesiástico en el siglo IV, pocos tópicos historiográficos han resultado tan resistentes al tiempo y al uso como el de la "edad oscura". La edad oscura, novia del "continente negro" de la teoría psicoanalítica, ha sido el fondo indistinto con el que han contrastado, imperturbables, los varios renacimientos de la claridad y de la luz que inspiran cosas bonitas a los manuales de historia. Claridad que ni Friederich Engels ni Joan Kelly consiguieron empaar sugiriendo (él) que los movimientos de progreso para los hombres podian ser de retroceso para las mujeres, y (ella) que las mujeres no tuvieron renacimiento o no, al menos, durante el Renacimiento .
No consiguieron empañar esa claridad porque la medida de Engels y la de Joan Kelly seguía siendo el renacimiento. Es de esta medida de la que por fin desconectan las autorasde Libere di esistere. La desconexión deja que se produzca una revolución simbó1ica: la diferencia de ser mujer se vuelve significante de historia y la práctica de la relación entre las historiadoras de hoy entra en juego con los testimonios de vidas que apostaron fuerte por tenerles la brida corta a dos anhelos: la búsqueda de sentido y la acción. El resultado no se balancea ya entre la oscuridad y la luz sino que lo orienta la metáfora de la lumbre y sus "alumbradas": el descubrimiento y el estudio afanoso de la relación de aprendizaje y de magisterio que vincula poco a poco entre sí a generaciones distintas, la valoración de la lenta actividad de mediación en favor de la paz entre Bizancio y Europa, el análisis de la pintura y la escritura en relación... Comparecen así, consistentes, mujeres libres creadoras de civilización en la Europa medieval: una paradoja que a la historiografía de los años setenta le hubiera resultado impensable.
Con este método, Marirì Martinengo estudia el tema de la armonía en la visión de la criatura humana y del mundo que elaboró Hildegarda de Bingen; partiendo de su epistolario, presenta a Hildegarda simbolizando la relación madre-hija en los espacios de mujeres en los que vivió. Claudia Poggi y Marina Santini se enfrentan con el dificíl Hortus deliciarum de Herrada de Hohenbourg, explican su contexto histórico y recrean la autoría de esa gran obra en su hacerse y aprenderse, en su escribirse y su miniarse a muchas manos, entre alumnas y maestras que a un tiempo nombraron, enseñaron y aprendieron el mundo en el scriptorium de Hohenbourg. Luciana Tavernini recrea con pasión y arte la obra de Hrostsvitha de Gandersheim en la Sajonia del siglo X, su vínculo con lo trascendente del amor y de la belleza humana, su original historiografía (del emperador Otón y del monasterio de Gandersheim), así como la fortuna de su escri tura -su teatro especialmente- hasta el siglo xx. Marina Santini hace, atesorando indicios, la historia de Marina, abadesa del monasterio dúplice del Goleto, en el sur de Italia, durante la segunda mitad del siglo XII, monja querida involuntaria, capaz de transformar en libertad la necesidad en la que había nacido. Laura Minguzzi entrelaza sus encuentros y desencuentros con la Historia con la vida de Predslava-Eufrosina, princesa de Polozk que no quiso casarse, se dedicó a la religiosidad en varios sitios apoyada por su tía y amigas, y fue una sabia y tenaz diplomática, conocedora de su autoridad, en los conflictos de poder entre los principados de Polozk y Kiev y la astucia de la dinastía Comnena de Bizancio.
Este libro, pensado para usar con gusto en las aulas, se lee sin dificultad por su estilo comunicativo y porque lo intercalan diseños aclaratorios, mapas y fragmentos de las obras comentadas con traducción al lado. Lo completan un glosario, un apéndice de bibliografía y un bello repertorio iconográfico. Mi dependencia de la erudición me lleva a lamentar, sin embargo, la diversidad de criterios en el uso de algunos nombres propios.

torna su

Apporti femminili nella costruzione del Medioevo europeo
Dalla "castità per Dio" L'autorevolezza femminile nel cristianesimo
di Piero Vanzan S.I., in La civiltà cattolica 20 dicembre 1997, p.586-588.

Il secondo libro che presentiamo, riguardante cinque emblematiche donne medievali , protagoniste in altrettanti monasteri - che risultano tutt'altro che luoghi di oppressione e passività -, riesce anzitutto suggestivo perché fa riemergere i tesori femminili, sotterrati dagli eventi o per la rimozione di una storia notoriamente maschilista, circa il tema globale della libertà, vagliato nei suoi diversi aspetti - per esempio sudditanza o trasgressione (e quale?) nei confronti dell'autorità parentale o religiosa? - e mediante un approccio (categoriale e di linguaggio) "di genere", cioè valorizzante la genealogia femminile.
Ma quest'opera è singolare anche in quanto realizzazione "prima" di alcune studiose che, pur insegnando discipline umanistiche e linguistiche, contemporaneamente operano in una "Comunità di pratica e riflessione", sia pedagogica sia di ricerca storica, da loro costituita in margine alla "Libreria delle donne" di Milano. Non a caso il libro -offerto a un prezzo decisamente "politico", allo scopo di farlo conoscere nei vari ambienti- è un testo di ricerca, indicato per gruppi di studio, che utilmente potranno avvalersi sia dei brani antologici, posti in calce a ogni medaglione, sia delle ricche indicazioni bibliografiche e del prezioso glossario. Le Autrici infatti, stanche dei "precotti culturali" (anche femministi), hanno ricercato nel Medioevo -giustamente ritenuto sintesi originale dell'eredità classica, greco-romana, della cultura barbarica e del cristianesimo - la radice profonda della nostra cultura attuale.
Ricorrendo al sondaggio "per campione" esse hanno indagato, secondo le affinità proprie che ognuna trovava nelle cinque donne medievali e scandagliando le fonti più disparate , quale influsso (non solo religioso, ma anche culturale e politico) fu da loro esercitato nei secc. X-XII. Certo, queste donne medievali erano già note agli studiosi, ma qui vengono rivisitate nell'ottica indicata dal sottotitolo: l'aver pensato e operato con tale indipendenza da costituire autorevolezza e perciò contrassegnare di sé quel periodo. Ossia, col vocativo iniziale della lettera XCIX di Ildegarda alla badessa Athena, "O tu quae magistra es in fulgore salientis fontis", veniamo immersi nell'atmosfera di luce, colore e musica "al femminile" -quale trapela pure dall'iconografia riprodotta nel volume - che l'arte e la sapienza di quelle medievali ha creato allora e che le Autrici intendono trasmettere (quanto meno come provocazione) all'oggi.
Complessivamente i monasteri di queste protagoniste, lungi dall'essere simbolo di oppressione e passività, sono luoghi dove un'attività instancabile ricerca la verità con intelletto d'amore, quasi prefigurando il miglior neofemminismo odierno che ribadisce la differenza (femminile), ma insieme valorizza la reciprocità (col maschile) e tenta di "costruire", magari insieme, anziché "distruggere" (e alla cieca). Nel dettaglio poi Ildegarda simboleggia un riuscito amore materno, che si dona alle richieste di quanti e quante le domandano conforto e consiglio. Illuminante e l'epistolario con varie badesse, cui sconsiglia l'ascesi pura, poiché Ildegarda "non conosceva opposizione tra spirito e materia, tra anima e corpo: medica aveva cura del corpo, profeta aveva cura dello spirito". Temeva infatti che una malintesa ascetica "soffocasse le esigenze primarie dell'esistenza", per cui indicava come migliore "una vita che alternasse studio/meditazione e attività materiali", interpretando cosi "al femminile" la regola benedettina per "salvaguardare l'armonia tra spirituale e corporeo" (p. 17).
Herrada poi, maestra geniale che sollecitava nelle sue educande l'amore per la cultura mediante sia un'intensa educazione artistica, sia una rara cura del bello, non solo ha lasciato tracce indelebili di tutto ciò nelle splendide miniature che adornano il suo Hortus deliciarum - arricchendo un testo già notevole con un plusvalore allora inconsueto -, ma ha pure fatto scuola: iniziando uno stile che dilagherà ben presto ovunque. Non a caso lo ritroviamo pure in Rosvita, altra scrittrice di nobile origine e buona frequentatrice di corte, la quale non disdegna le tematiche amorose, sempre però ergendo la verginità a modello di libertà femminile: a conferma di quanto notato sopra circa "la fonte altra" dell'autorevolezza femminile cristiana. Marina invece e famosa perché, sulla base della medesima fonte/autorevolezza, può reggere quell'originale esperimento monastico "doppio" (femminile e maschile) che a Goleto, nell'Irpinia, vedeva una badessa governare uomini e donne. Questo monastero "doppio" raggiungerà il suo apogeo proprio con Marina: donna forte, capace di governare un vasto territorio (dalla Campania alla Basilicata e fino alle Puglie) oltre che guidare la vita spirituale di fratelli e sorelle .
Infine troviamo la dolce Eufrosinija che, in un'epoca buia o di ferro come il il 1100, già anziana ebbe il coraggio, tipico dello Spirito, di andare controcorrente: sfidando regole e pericoli, convenzioni e difficoltà, per giungere alla sacra mèta di Gerusalemme con l'esplicito, ardito (oggi diremmo "ecumenico") intento di ricongiungere Oriente e Occidente.
In breve, quanti giungeranno alla fine di questo denso volume gusteranno l'impressione di esse re stati proiettati in un'altra dimensione, fatta di luce, pace e amore, ma insieme di ferma volontà e autorevolezza squisitamente femminili. E non considereranno più il Medioevo una età oscura, bensì riterranno- essi pure, come le Autrici di questa ricerca - che oggi noi saremmo forse peggiori senza l'apporto delle cinque don ne medievali qui presentate: finora note solo a pochi specialisti, ma che questo libro farà conoscere a un pubblico più vasto. Come pure auspichiamo larga diffusione al libro della Carpinello, perché soltanto libri come questi possono far rimescolare le carte dei vari pregiudizi o luoghi comuni e riproporre in modo corretto la questione femminile oggi, tanto nella Chiesa quanto nella società, rivisitandone le complesse radici di ieri. E con vantaggio per tutti.

torna su