Leggende
e dialoghi drammatici: un'unica grande opera
La
donna che ride
Nella terza leggenda Gongolfo e nel dramma parallelo Agape, Chionia e Irene
troviamo un aspetto caratteristico e trasgressivo di Rosvita: quello della farsa
e del grottesco, del sorriso, del riso e addirittura della risata irriverente
La moglie di Gongolfo, un cavaliere del secolo VIII, che lo ha fatto uccidere
dal suo amante, mentre lo deride sulla tomba, viene punita in modo farsesco. Avendo
paragonato i miracoli del marito a quelli che escono dal fondo della schiena,
ogni volta che parla emette suoni simili a quelli che ha evocato. Così
Dulcizio, che vuole violentare le tre sorelle prigioniere, colto da follia, abbraccerà
al loro posto le padelle annerite e verrà poi bastonato dai suoi soldati,
che lo scambieranno per un demonio.Quando vorrà punirle, facendole denudare,
mentre i vestiti si incolleranno loro addosso, egli si addormenterà russando
in pubblico.
Il
martirio delle sante vergini Agape, Chionia e Irene. Xilografia di Wolf Traut
in Konrad Celtis, Editio princeps, Norimberga 1501 Biblioteca di stato di Monaco
di Baviera |
Il
tema della risata femminile irriverente è ben analizzato da Milagros Rivera
(1) che lo definisce "controverso e polemico nel contesto delle relazioni
sociali in generale e delle relazioni di genere in particolare nell'Europa medievale.
Un tema inoltre che antropologi e sociolinguisti hanno dimostrato come generi
simboli e significati distinti se lo manipolano uomini o se lo manipolano donne".
Infatti
sostiene, citando le tesi della sociolinguista Helga Kotthoff (2), che rispetto
all'umorismo vi è un diverso comportamento di uomini e donne, segnato dalla
disuguaglianza e in stretta relazione con la gestione del potere. In particolare
"nelle società occidentali, le donne sorridono molto, ridono poco
e non devono sghignazzare.
Sorridere molto è un contenuto essenziale
della femminilità nella nostra cultura; questa necessità di sorrisi
femminili si deve, in parte al fatto che si spera che le donne rendano più
facili le relazioni tra persone, che dissolvano l'aggressività, liberate
dalla sghignazzata o dalle beffe maschili. Gli uomini in Occidente, a quanto pare
sorridono poco, ridono anche poco, però possono permettersi la
sghignazzata.
Nelle donne la risata sguaiata, tende ad associarsi con una sessualità
trasgressiva, punibile, smisurata; pertanto non loro "propria". Soprattutto
le giovani non devono mai, nella nostra cultura, dire battute di argomento sessuale
contro gli uomini. Al contrario devono ridere e limitarsi a ridere precisamente
perché l'umorismo maschile esista, acquisti valore pubblico" (3).
Rosvita
non solo nelle sue opere descrive scene che suscitano grasse risate, come nel
Gongolfo, ma anche in cui vengono ridicolizzati proprio gli uomini, le loro brame
e il loro potere, spesso da giovanissime e indifese fanciulle. Infatti nel Martirio
selle sante vergini Agape, Chionia e Irene, il conte Sisinnio, che ha dall'imperatore
l'ordine di giustiziarle, se non abiureranno, non riuscirà a convincerle.
Saranno loro a scegliere di morire. Qui, come in altri passi vediamo donne
che
prendono in mano il loro destino, forti della presenza divina al loro fianco,
che le rende invincibili rispetto a chi intende dominarle.
Ma un altro tema
è caro a Rosvita, quello dell'impossibilità di ridurre le donne
a corpo per controllarle. Sisinnio, per oltraggiare Irene, pensa di assegnarla
ad un postribolo. Ecco le loro parole (4)
SISINNIO Ti assegnerò
a un postribolo, dove il tuo corpo sarà insozzato turpemente.
IRENE
Meglio un corpo contaminato da non importa quali oltraggi, che un'anima corrotta
dagli idoli pagani.
SISINNIO Associata alle prostitute, contaminata, come potrai
far parte della comunità delle vergini?
IRENE Il piacere porta il dolore;
la necessità la corona del martirio. Si considera tale la colpa solo se
c'è il consenso dell'animo.
Sinteticamente Rosvita distingue dunque
tra violenza fisica, subita contro la propria volontà, degna della corona
del martirio, e la prostituzione che può essere piacere, ma che, essendo
peccato, porta sofferenza. Ma il tema della prostituzione è stato affrontato
anche in due altre commedie, quelle che hanno come protagoniste le prostitute
Maria e Taide.
Al termine del dramma, dopo varie vicissitudini, Irene, trafitta
a morte da una freccia, rimprovera ancora beffardamente il conte, dicendo:
"
Arrossisci miserabile, arrossisci Sisinnio! Gemi sulla tua ignobile sconfitta:
hai dovuto ricorrere alle armi per spuntarla su una verginella in tenera età!"(5)
Dunque la "tenella virguncula" dileggia l'esasperata dimostrazione
di forza degli uomini e con un rovesciamento, caratteristico dell'ironia e della
satira, il rossore, attributo tipico della fragilità femminile, ricade
sul potente conte. In tutta la commedia il dispiegamento di forze, utilizzato
nel tentativo di sottomettere le giovani, è ironicamente evidenziato.
(1)
María Milagros
Rivera Garretas, Hrotsvitha de Gandersheim: la sonrisa, la risa y la carcajada,
in Textos y espacios de mujeres, Icaria Editorial, Barcelona 1990, trad. Luciana
Tavernini , pp.88,99-104
(2)
Helga Kottoff, Von Lächeln der Mona Lisa zum Lachem der Hyänen, in Eadem,
Das Gelächter Humor und Macht in Gesprächen von Frauen und Männer,
Frankfurt, Fisher verlag, 1988, pp.123-153
(3)
María Milagros Rivera Garretas, Hrotsvitha de Gandersheim: la sonrisa,
la risa y la carcajada, in Textos y espacios de mujeres, Icaria Editorial, Barcelona
1990, trad. Luciana Tavernini, p.102
(4) Questa,
come tutte le citazioni delle commedie sono tratte da Rosvita, Dialoghi drammatici,
trad. di Ferruccio Bertini, Garzanti, Milano 1986, a cui si rimanda per il testo
in latino, in quanto il libro è reperibile. Passio sanctarum virginis Agapis,
Chioniae et Hirenae, scena, XII, 3, p.103
(5) Passio
sanctarum virginis Agapis, Chioniae et Hirenae, scena XIV, 3, p.108, ho preferito
tradurre erubesce con arrossisci, piuttosto che con vergognati, in quanto l'arrossire
è considerato un segno tipico della debolezza femminile che al termine
della commedia si dimostra in realtà forza, mentre debole appare la figura
maschile, riassuntiva delle altre che per tutta la commedia hanno definito le
fanciulle "viles muliercolae", "lascivae puellae".