Leggende
e dialoghi drammatici: un'unica grande opera
Sessualità
e cibo
Esaminando
la sessualità e il cibo, Magli sostiene che siano collegati tra loro, come
accade anche nelle parole di Antioco in questa I scena, e che abbiano un significato
esistenziale diverso per le donne.
"Sesso e cibo sono per la donna strettissimamente
collegati, perché implicano non solo la sua personale soddisfazione, ma
la sua funzione di mantenimento del gruppo. La donna 'alimenta' il nuovo nato,
il seno è zona erogena, simultaneamente connesso al sesso e alla nutrizione,(...)
ma la donna è anche socialmente preposta alla preparazione del cibo. Si
può comprendere così come il rifiuto di manipolazione del cibo,
assurto a virtù, sia per la donna molto più importante e significativo
che per l'uomo, in quanto si pone non tanto come rifiuto della cultura, quanto
come rifiuto della funzione sociale che la cultura le assegna." (1)
Dell'ascesi
dunque sia in campo sessuale che alimentare per la donna Magli dice "più
che una 'tecnica', più che uno strumento per raggiungere determinati stati
di purificazione mistica e di santità, si tratta di una negazione radicale
dei valori proposti dal modello culturale in cui è inserita, e dell'assunzione
di un Io che in tanto è storico e non alienato in quanto è valido
in sé e finalizzato a se stesso." (2)
Le donne che attorniano
Sapienza e le sue figliole, si rifiutano di mangiare e di dormire con i loro uomini
e questi avvertono in ciò una pericolosa insidia all'ordine, quell'ordine
che appunto si basa su regole da loro stabilite anche per le donne. Infatti Adriano
dice (3):
"La si convochi e si discuta in nostra presenza se intende
piegarsi o no."
Dunque cerca una resa incondizionata, ma è
anche consapevole della necessità di un'adesione volontaria.
Si tocca
qui un aspetto estremamente contraddittorio della relazione uomo -donna, quello
del desiderio degli uomini che il ruolo da essi attribuito alle donne venga da
queste accettato volontariamente e di come, invece esse abbiano, a seconda delle
epoche, inventato altre modalità di vivere che hanno portato anche a scontri
mortali.
Oltre alle protagoniste dei drammi di Rosvita, che pur essendo invenzione
letteraria, testimoniano l'esistenza del problema, basta pensare agli episodi
della "caccia alle streghe", ma anche ll'episodio di Bernardo che non
accetta la scelta della moglie Gerberga di ritirarsi in convento, episodio importante
nella storia di Gandersheim.
Mentre
Bernardo morirà, grazie al provvidenziale intervento
divino, in questo dramma sono le eroine a morire, ma la morte
è trionfo.
Le torture danneggiano
i torturatori: i fustigatori grondano sudore per la stanchezza, mentre Fede risponde
con insolenza all'imperatore e ad Antioco e poi si tuffa e nuota nel vaso pieno
di liquidi bollenti; il recipiente in cui dev' essere scaraventata Speranza si
rovescia e gli aguzzini sono
bruciati vivi dal magma infuocato; dalla fornace
incandescente, in cui viene gettata la piccola Carità, divampa il fuoco
che arde cinquemila persone.
Solo quando esse decidono di morire il boia può
ucciderle.
Dunque Rosvita è consapevole di quanto alta sia la posta
in gioco e di come sia cruenta la lotta per una scelta di vita diversa dai modelli
imposti, ma, come vedremo ora, indica anche da dove le donne possano trarre la
forza per non sottomettersi.
(1)
Per comprovare questa tesi Magli cita studi psichiatrici sull'anoressia mentale
, disturbo tipicamente femminile, Gandiglio- Ferro, Cibo ed anoressia mentale:
una riflessione d'ordine strutturale, in "Rivista di Neurobiologia",
XVI, 4 (ott-dic 1970) p.343-459 ; Palazzoli- Selvini, L'anoressia mentale, Milano
1963; Rudlph Bell, La santa anoressia. Digiuno e misticismo dal medioevo ad oggi,
Laterza, Bari 1987 e Caroline W. Bymun, Holy Feast and Holy Fast:The Religous
Significance of Food To Medieval Women, Berkeley, Ca, University Press 1987
(2)
Ida Magli, Il problema antropologico culturale del monachesimo femminile, in Enciclopedia
delle religioni, voce Monachesimo, vol.IV, Vallecchi, Torino 1972, p. 633
(3)
Passio sanctarum virginum Fidei, Spei et Karitatis, scena I, 5, p.277