Donne e conoscenza storica

 

 

 

 

 

H.Arendt e S.Weil: Pensieri in comune su guerra e totalitarismi

Cosa hanno in comune le prospettive di pensiero enunciate prima con le riflessioni sulla guerra di grandi filosofe e anticipatrici: Hannah Arendt e Simone Weil ?
Lo spostamento verso un'avanzata modernità, prima di tutto e la perdurante potenza di risposta a interrogativi attualissimi.
In questo contesto si puo' esaminare il rapporto di entrambe con i totalitarismi, con il tempo storico in cui vissero una parte almeno della loro esistenza.

S.Weil non era marxista e da tale 'fede', come definisce Croce il fascismo e il comunismo , prese con impegno le distanze. Come ? Attraverso molti scritti. Una recente traduzione italiana ha messo in primo piano gli scritti della filosofa sulla guerra.
La considerazione della 'lotta di classe' opposta alla 'guerra' denota di nuovi significati la sua posizione politica anticomunista.
In 'Non ricominciamo la guerra di Troia', scritto nel 1937, S.W. dichiara l'omogeneità di fascismo e comunismo ai fini della fatalità inutile delle guerre, concezioni politiche definite quasi identiche per
<< lo stesso predominio dello Stato su quasi tutte le forme di vita individuale e soaciale; la stessa militarizzazione forsennata; la stessa unanimità artificiale, ottenuta con la coercizione, a tutto vantaggio di un partito unico che si confonde con lo Stato e che si definisce attraverso questa confusione; lo stesso regime di servitù imposto dallo Stato alle masse lavoratrici in sostituzione del salariato classico>>. (57)

La lotta di classe è invece definito fra tutti conflitti <<il più fondato, il più serio>>. Quindi : <<può esserci progresso sociale solo se la pressione dal basso è sufficiente a mutare effettivamente i rapporti di forza... L'incontro tra la pressione dal basso e la resistenza dall'alto genera così continuamente un equilibrio instabile, che definisce a ogni istante la struttura di una società. Questo incontro è una lotta, ma non una guerra; può trasformarsi in guerra in determinate circostanze, ma non vi è in ciò alcuna fatalità>>.(58)
La lettura di S. Weil e' moderna: si disfa del marxismo senza perdere di vista la dialettica e il suo elemento costitutivo nella storia degli esseri umani :la lotta di classe.
La condizione sociale presiede alla determinazione di meccanismi materiali che se parlano di bisogni fondamentali non giustificano nessun 'fatalismo' di guerra per poterli cambiare.

H.Arendt in 'Le origini del totalitarismo', (59) pubblicato subito dopo la seconda guerra mondiale, nel capitolo ' Il tramonto della società classista' apre l'ingresso nel XX secolo con la definizione della societa' di massa che sgretola le classi imponendo 'la grande livellatrice', la guerra , simbolo della morte.
La guerra offriva << una via d'uscita dal solito atteggiamento condiscendente di pietà per gli oppressi e i diseredati>> (60).
La filosofa aveva chiaro il rapporto differente che esisteva fra il popolo e la protesta che lo metteva al posto del soggetto nella lotta di classe, infatti lo distingue dalla <<plebaglia>> che costituiva il seguito di massa degli esordi dei totalitarismi.
Prevale comunque nella sua analisi l'idea che la società classista lasci il posto a una società massificata impotente a fare argine all'irrompere dei disegni totalitari che liquidano con la democrazia la lotta di classe.
Cio' che prevale nel totalitarismo non è piu' il bisogno o l'interesse economico ma al contrario un specie di idealizzazione che totalizza le differenze sociali negando come svalorizzanti fini utilitaristici, materiali ritenuti secondari rispetto alla volontà di condividere l'ideologia totalitaria.
E' la denuncia della perdita di spessore per l'individuo e i soggetti che avvicina le posizioni delle due pensatrici.
R
iprendo Hannah Arendt in Vita Activa (61) << gli uomini sono divenuti totalmente privati , cioè sono stati privati della facoltà di vedere e di udire gli altri, dell'essere visti e dell'essere uditi da loro. Sono tutti imprigionati nella soggettività della loro singola esperienza, che non cessa di essere singolare anche se la stessa esperienza viene moltiplicata innumerevoli volte. La fine del mondo comune è destinata a prodursi quando esso viene visto sotto un unico aspetto e può mostrarsi in una sola prospettiva>>