Donne e conoscenza storica
         

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La poesia provenzale unità didattica in un triennio di scuola superiore
di Marina Santini


La lettura della poesia trobadorica in una classe di scuola media
di Luciana Tavernini



Oggi parleremo d’amore

Il testo che segue illustra la storia delle Trovatore. Si tratta di una delle relazioni che Marirì Martinengo, una delle più attente e profonde interpreti della poesia femminile trobadorica, ha tenuto al Liceo psicopedagogico e linguistico di Catanzaro Lido nel 2003. Pensiamo che questo testo possa introdurre alle trobadore e alla poesia che composero; insieme alla conoscenza diretta dei testi che la recitazione delle poesie consente, forniamo un materiale prezioso difficilmente rintracciabile. Per quanto riguarda le poesie le potete ritrovare nei libri di Marirì pubblicati con la casa editrice della Libreria delle Donne di Milano.

Marirì Martinengo,
Le Trovatore: poetesse dell'amor cortese,
Prefazione di Michela Pereira, Milano,
Libreria delle donne di Milano, 1996.

Marirì Martinengo
Le Trovatore II. Poetesse e poeti in conflitto
testi provenzali con traduzione a fronte
a cura di Clara Jourdan,
Prefazione di Angelica Rieger,
Libreria delle Donne di Milano, 2001

Gli audio dell'articolo sono frutto dello spettacolo che hanno tenuto le studenti in occasione dell'incontro. Ringraziamo le ragazze di Catanzaro e gli insegnanti che le hanno guidate, Franca Fortunato e il maestro Rocco Olivadese che ha recuperato e arrangiato le musiche che accompagnano le poesie.

 

Oggi parleremo d’amore di Marirì Martinengo

15 marzo 2003

Oggi parleremo d’amore, iniziando dalle due trovatore di cui abbiamo più opere (molte opere delle T. sono andate perdute o sono anonime): la Contessa di Dia e Castelloza, di ciascuna delle quali abbiamo notizie sulla vita: La Contessa di Dia, bella e saggia signora, era la moglie di Guglielmo di Poitiers e si innamorò di Rimbaud d’Orange e compose per lui molte belle canzoni.

La signora Castelloza era d’Alvernia, una nobile dama, moglie di Turc di Meyronne. Ella amò Armando di Brion e compose le sue canzoni per lui. Era una signora molto allegra, molto istruita e molto bella. E qui sono scritte alcune delle sue canzoni.

Molte vidas di Trovatore e Trovatori, fra le quali probabilmente anche queste, sono state scritte da Uc di Saint Circ, poeta anche lui, vissuto qualche tempo dopo.

La prima visse nel XII secolo, la seconda nella prima metà del XIII.

Sia della Contessa di Dia (della quale ci resta anche uno spartito musicale) sia di Castelloza, oltre alla vida e alle miniature che, nel manoscritto H, ne rappresentano l’aspetto, ci restano quattro canzoni, per cui non è azzardato tentare di tracciare un profilo della personalità di ognuna, quale emerge dall’analisi delle loro poesie e anche dalle vidas, che non sono poi così prive di valore storico, come sembra e come si è a lungo creduto. Tracciare un profilo, mettere in risalto un’individualità, con le sue caratteristiche specifiche ed irripetibili, significa inoltre non considerare le Trovatore come gruppo indistinto e omogeneo.

Nella mia ricerca mi sono attenuta ai documenti: la vida fornisce le note biografiche e le notizie riguardanti i trovatori amati o che le amarono, in base alle quali si risale al tempo storico in cui vissero; per esempio, il sapere che la Contessa di Dia era moglie di Guglielmo di Poitiers (il primo ad aver usato i modi cortesi in poesia: la moglie, Felipa, proveniva dalla penisola iberica, all’epoca profondamente arabizzata, e si può supporre che gli abbia fatto conoscere la poesia d’amore in uso colà; io viceversa ne sostengo l’origine europea) ci fornisce informazioni riguardo alla corte in cui visse, l’ambiente culturale, sociale di cui era centro; Rimbaut d’Orange, il cavaliere da lei cantato, era molto noto all’epoca sia come trovatore sia come irresistibile rubacuori.

Altra fonte documentaria sono naturalmente i loro versi che ci danno la cifra dell’indole, dell’arte e del pensiero. Attraverso la ricostruzione geo-storica dell’Occitania dell’epoca sono stata in grado di dar loro uno spessore culturale anche in senso antropologico così come le miniature coeve mi hanno mostrato visivamente volti, gesti, abiti, posture. Avrei potuto lavorare di fantasia, ma non l’ho fatto., perché anche scarsi documenti, attentamente vagliati, dicono più di quanto si possa immaginare. Ad ogni buon conto una studiosa americana, Magda Bogin (The Women Troubadours, New York-London. Paddington Press, 1976), negli anni settanta del secolo scorso, ha perlustrato gli archivi storici provenzali, rinvenendo notizie sulle famiglie di appartenenza, i luoghi di origine e di residenza e sulla biografia di molte Trovatore. Essa ha effettuato i suoi studi sulle femmes troubadours soprattutto per provarne l’esistenza storica, messa ancora in dubbio allora da più parti.

Le due poetesse, come del resto tutte le Trovatore, si mossero e aderirono ad un ambiente permeato di valori umani, la loro spiritualità e la loro estetica sono assolutamente laiche; in un’epoca in cui il fervore religioso, vivo nell’ortodossia come nell’eresia, era in pieno rigoglio, cantarono un amore terreno, il cui teatro è il mondo tangibile. Questo atteggiamento è forse unico nel medioevo, probabilmente anche per questo soffirono della damnatio memoriae: furono a lungo dimenticate e si deve al movimento delle donne di questi ultimi decenni la loro riscoperta.

Vediamole ora una dopo l’altra.

Nella briosa canzone Di gioia e gioventù m’appago la Contessa esprime la felicità che deriva da un amore corrisposto, in cui sentimento e stima reciproche si allacciano strettamente. La Contessa si preoccupa che il rapporto con il cavaliere amato sia equilibrato, dove quello che si dà sia alla misura di quello che si riceve: la donna, gelosa custode della propria autorità e del proprio prestigio, non deve buttarsi via con un uomo che non la merita; continua col dire, nella stessa logica bilanciata, che è necessario amare un uomo di pregio, perché l’onore si riverbera sulla donna; amare apertamente merita l’approvazione dei prodi, cioè delle persone rette e assennate, alla quale la Contessa tiene molto, perché rafforza la stima di sé e, per estensione, di tutto il sesso femminile. La breve composizione è densa di significati e segue coerentemente un ragionamento.

Anche nella successiva Ora dovrò cantare ciò che non vorrei la poetessa, con sollecitudine, rassicura l’amato di non aver commesso alcun torto verso di lui, per cui lui deve riamarla, cioè la corrispondenza amorosa è vista come un premio di buona condotta, il vassallo deve rispondere positivamente alla generosità del feudatario; la Contessa è inserita nel mondo feudale in cui vale la legge del concedere e del pretendere in cambio: “io, bella, nobile, di valore e soprattutto sincera, ti ho dato e tu ora mi devi restituire”. Un mondo feudale sì, ma aperto e disposto ad accogliere la grande novità dell’uso della lingua materna in poesia e del ritorno all’erotismo di ovidiana memoria.

Sono poesie trasparenti, in cui si afferma il desiderio di un amore leale, fondato su solide basi di riconoscenza e di apprezzamento vicendevoli, un amore che deve reggere al tempo.

La meravigliosa canzone Sono stata in grave angoscia è molto diversa dalle due precedenti: qui vivacità, trasporto, passione trionfano, occupano tutto lo spazio, non c’è posto per i ragionamenti, la Contessa ama, lo dichiara ad alta voce, lo grida; con grande spregiudicatezza manifesta i suoi desideri erotici, al di fuori di ogni ritegno, senza nessun’altra preoccupazione: qui ciò che conta e si vuole è l’immediata e piena soddisfazione dei sensi. La gioia cortese mi dona felicità mostra una gaiezza così solare che non può essere durevolmente oscurata dalla nuvola grigia dell’invidia di alcuni, anzi il sapersi oggetto d’invidia raddoppia la felicità. Le poesie della Contessa, pur pervase di calore, sono concise e sorvegliate, screziate qua e là da coloriture raziocinanti.


Statua di Trovatora al Palazzo dell’Assezat a Tolosa

Le miniature la raffigurano nella sua regalità di rango ma soprattutto di statura artistica e morale: ce la mostrano in abiti sontuosi, con manto bordato di ermellino; qualche volta ha uno scettro in mano

La maggior parte delle miniature delle Trovatore sono inserite nel Manoscritto H, così pervaso di arte femminile - poesia, musica, pittura - da far supporre che sia stato redatto da una donna per un’altra donna.

Io sono stata a Die, come negli altri luoghi d’origine o di soggiorno delle Trovatore, volevo che i paesaggi, i colori, il clima che le avevano accompagnate nella vita, come un’impronta mi restituissero l’eco della loro ispirazione: ora Die è una cittadina, al centro di una conca verdeggiante, circondata da montagne, coperte di vegetazione, e bagnata dalla Drome; a Die, centro urbano di origine romana, legata al culto di Diana, il ricordo della Contessa aleggia, è diffuso e sparso, si è fatto leggenda, il suo volto incorniciato dalle lunghe trecce ha assunto le sembianze bronzee di una divinità delle acque.


La poetessa, miniata nella lettera maiuscola A, nel manoscritto che riporta i suoi versi, è ritratta mentre conversa, ha lunghi abiti argentati e un minuscolo copricapo.

La personalità di Castelloza è molto diversa da quella della Contessa di Dia: nei suoi versi esuberanti e rigogliosi, nella scioltezza e abbondanza del suo canto Castelloza gioca a tutto campo la propria libertà e signoria.
La canzone Amico, se vi trovassi cortese è una lunga e rabbiosa requisitoria poetica, non priva di insulti, contro l’uomo amato, nella quale si alternano suppliche a minacce, un monologo-dialogo conflittuale con l’uomo, in cui i moti interiori e l’interlocuzione vi sono strettamente intrecciati; il procedere dell’esplicitazione dei sentimenti contrastanti segue un moto apparente, un avanti e indietro che somiglia alle onde del mare e, nelle sue ricorrenti contraddizioni, ha le caratteristiche dell’odi et amo.

Castelloza, col suo comportamento amoroso, sa d’essere controcorrente e lo afferma fieramente: non le importa di incorrere nella disapprovazione sociale ma di affermare il proprio volere e piacere. Una sottile venatura di tristezza traspare dalla voce cantante di Castelloza, in cui c’è la profonda consapevolezza, propria di molte altre Trovatore, che l’amore è sempre impregnato di sofferenza e che il sollievo si trova solo nel sonno o nella morte.

Non dovrei più desiderar cantare è una canzone dolente, nella quale la poetessa, abbandonato l’accento aggressivo, si effonde nel lamento per la trascuratezza dell’amato, nel rammarico per la propria inferiorità, nel tormento della gelosia. Al termine vi sono due commiati: Castelloza, nel primo si rivolge a una donna, Madonna Migliore (frequentemente le Trovatore, nelle loro poesie, chiedono consiglio ad un’altra donna), nella quale ripone fiducia, per confessarle, forse domandando un giudizio, che lei ama sempre chi le procura dolore e un altro a Bel Nome, l’amato, per dirgli che non si pente affatto di amarlo, anche se è indegno, perché lei è comunque cosciente del proprio valore.

Anche Siete stato a lungo lontano è una canzone accorata, dove Castelloza, con toni dolci e appassionati, si duole della lontananza da lei del suo bene, nonostante la propria fedeltà e costanza; viceversa, anche se si è comportato male, il cavaliere, al suo ritorno, troverà sempre buona accoglienza. Sono le incongruenze dell’amore.

La canzone Per quante gioie Amor mi possa dare esala il respiro dell’anima; la poetessa dipinge alla perfezione gli stati d’animo contrastanti che caratterizzano l’amore, qualunque amore, di cui lei è conoscitrice indiscussa; qui la passione amorosa di Castelloza trascolora da un estremo all’altro: vuole lasciare l’amato, ma contemporaneamente vuole che le stia vicino, vuole morire, ma prega il cavaliere di tenerla in vita con il suo sguardo!


Il conflitto fra uomo e donna

Tanto immenso è il suo amore che accetta che il cavaliere ami anche un’altra, purché non faccia mancare a lei del tutto la sua presenza. Gli ultimi versi prorompono in un grido di passione e si sciolgono in accenti di rara intensità e bellezza.

Ma l’amore non è solo sentimento, passione, tenerezza, abbandono, l’amore porta anche il conflitto fra la donna e l’uomo.

Lettura di Aimeric-Domna .

Mentre nel primo volume de Le Trovatore avevo soprattutto sottolineato la relazionalità fra donne e la funzione magistrale del dire delle poetesse provenzali nei confronti dell’uomo, nel secondo volume, come si vede dal sottotitolo, ho inteso mettere l’accento sulla conflittualità tra donna e uomo, inserendo nel libro quasi esclusivamente tenzoni (le tenzoni sono dialoghi fra una donna e un uomo, o anche fra due donne; sovente il discorso dell’una e dell’altro si alternano di strofa in strofa, a volte il dialogo si intreccia in una strofa sola) e sirventesi.

A proposito del II volume che ho scritto vorrei spendere due parole sulle illustrazioni che sono parte integrante del testo. Più che di illustrazioni sovente si tratta di testimonianze: alcune, come quella della copertina ed altre inserite nel libro, sono riproduzioni di quadri di una pittrice contemporanea, Rosy Daniello, del Circolo La Merlettaia di Foggia, che ha dedicato una ventina di quadri ad altrettante poesie delle Trovatore (messi in mostra a Verona, presso il Circolo della Rosa, nel 1999); i quadri riprodotti nel libro rappresentano per lo più delle porte schiuse, a significare che c’è spiraglio, promessa di passaggio, il conflitto apre a nuovi orizzonti; le altre illustrazioni le ho tratte da sculture di arte medievale, a significare il cammino di donne e uomini, a volte in accordo a volte in contrasto; le donne di pietra spirano energia, determinazione, grande autorità e bellezza. Ho scelto, nelle illustrazioni, di affiancare il nuovo all’antico, per mostrare il filo che ci unisce, noi e le Trovatore, l’attualità oggi della loro parola. Del resto tutto lo studio sulle poetesse provenzali mette in evidenzia i suggerimenti che ci offrono per la nostra politica.
Le Trovatore di Rosy Daniello

Quindi il conflitto: il conflitto nasce dall’amore, perché la donna, cui nella civiltà cortese, erano riconosciute autorità e sapienza, quando sceglieva di amare un uomo, voleva elevarlo, portarlo vicino al proprio livello.

La dama e cavaliere, per l’intero corso della tenzone Marques-Domna, si scambiano apprezzamenti reciproci, ambedue sono ben disposti l’una verso l’altro e sembra che tutto si svolga per l’appagamento di entrambi; tuttavia alla fine l’atteggiamento troppo servile del marchese, unito alla manifesta volontà di piegare la donna ai suoi ordini e soprattutto il suo rifiuto ad accettare il dolore che - dice la sapienza femminile - inevitabilmente accompagna l’amore, spingono la donna a mettere in gioco il rapporto e a rilanciarlo a un livello più alto. E’ una lezione su cui il Marques mediterà.

La maggior parte delle tenzoni ha come tema l’amore, quale sia il migliore comportamento fra l’innamorata e l’innamorato, la gelosia, le emozioni, la gioia e il dolore. Nelle tenzoni si fronteggiano, al riguardo, la posizione della donna e la posizione dell’uomo, che sono sempre nettamente differenti, per questo entrano in collisione. Le donne fieramente sostengono i loro argomenti, sanno della propria superiorità nelle questioni d’amore, che sono di loro competenza, reggono una differenza irriducibile. Sono delle maestre: sapevano - e lo sapranno poi le Preziose, che si mossero sulla loro scia - che la soggettività libera femminile si forma nella differenza non nell’omologazione con l’uomo. Quindi la lezione che ne discende è di dar valore e proporre e sostenere in modo deciso le attitudini femminili, amore, emozione, accoglienza, abbandono, e da queste far germogliare originale creatività.

Un discorso a parte richiede il sirventese anonimo Contro Marcabru e i poeti misogini. I sirventesi sono poesie polemiche, nelle quali l’autrice o l’autore, si schiera su un determinato argomento, contrapponendosi ad un’altra linea, in termini sovente aggressivi. Il sirventese contro Marcabrù è anonimo, ma il tema che tratta, la posizione che chi scrive prende e soprattutto gli ultimi versi perché una donna deve l’altra onorare/e con questo vi ho detto chi mi sono denunciano l’autorialità di chi scrive. Molto probabilmente l’autrice era una poetessa famosa, che apparteneva all’ambiente trobadorico e conosceva bene i poeti del suo tempo; infatti si rivolge a Marcabru, trovatore notissimo, con piglio altero, e, senza mostrare la benché minima soggezione, rinfaccia a lui e ai suoi seguaci l’oltraggiosa misoginia. Ma le donne hanno trovato la loro paladina - ci dice la poetessa - si uniscano a lei per far sentire la loro voce con maggiore energia! Siamo di fronte ad un femminismo ante litteram?

Confliggere è indubbiamente difficile, a volte doloroso, perché sembra spezzare la relazione, questo però non è detto che avvenga: bisogna saper confliggere, è un’arte, rende il rapporto fluido, mobile, aprendo a continui rilanci.

Anche in questi ultimi decenni noi, noi le donne, abbiamo accumulato un tesoro di pratiche, di pensiero e di consapevolezza. Sono profondamente convinta che dobbiamo far parte della nostra ricchezza a quelli che amiamo, superando il timore del conflitto e mostrando apertamente la nostra differenza per l’arrichimento di tutta l’umanità.

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