(DWpress)
- Baghdad - I candidati alle prossime elezioni irachene
stanno vivendo momenti molto difficili. Sulle schede
elettorali appariranno le 111 liste in lizza, ma figureranno
soltanto i nomi di alcuni candidati, che già
sono personalità ufficiali e beneficiano di
protezione. La situazione è particolarmente
difficile per le donne, alle quali sono garantiti
il 25% dei 275 seggi dell'Assemblea Nazionale e che
sono costrette a correre in segreto per questioni
di sicurezza. Ricordiamo che una candidata è
stata uccisa lo scorso dicembre, un'altra è
stata rapita e una terza, Salam Khafaji, è
sfuggita ad un attentato in cui è stato ucciso
il figlio 17enne che ha tentato di difenderla. Nelle
scorse settimane Amman, la capitale giordana, ha ospitato
un incontro fra venti candidate irachene e una delegazione
del Congresso degli Stati Uniti. Gli americani, che
volevano dispensare consigli ed erano arrivati con
le magliette, le spille e gli adesivi delle campagne
elettorali, si sono trovati di fronte ad una evidenza
drammatica: solo un quarto delle irachene convenute
ad Amman corre pubblicamente, le altre hanno chiesto
di non diffondere i loro nomi. Le candidate sono prese
di mira sia dal clero conservatore che da chi si oppone
al voto. Molte si sono ritirate, altre hanno fatto
rifugiare all'estero le proprie famiglie, le poche
che continuano a correre in pubblico, fanno una campagna
elettorale molto limitata. Maysoon Damluji, vice ministro
della cultura nel governo ad interim, è la
prima donna della lista dei Democratici Indipendenti
dell'ex ministro degli Esteri Adnan Pachachi ha dichiarato:
"non posso camminare da sola per strada, nemmeno
sotto protezione". Soingul Chapuk, che era nel
Consiglio di governo iracheno che ha concluso il suo
mandato in giugno, e un'altra candidata, Raja Azzawi,
sono apparse in un raro incontro elettorale la settimana
scorsa al ministero del Petrolio. Erano presenti solo
funzionari del dicastero perchè l'incontro
non era stato pubblicizzato per motivi di sicurezza.
Nonostante tutto, le candidate sono molto determinate
ad andare avanti nel loro cammino e sono "corteggiate"
dai partiti irakeni: l'analista politico Hassan Bazaz,
ha raccontato che una sua amica è stata avvicinata
da ben 50 diversi partiti che volevano candidarla.
Teheran - Sabato scorso per alcune
ore l'Iran è rimasto con il fiato sospeso.
La televisione di Stato aveva annunciato l'apertura
alle candidate donne nella competizione per la presidenza
della Repubblica (una Repubblica islamica), ma poi
una secca smentita è arrivata dalle autorità
competenti. La reazione generale dei partiti, comunque,
era stata moderatamente favorevole, tanto che alcuni
gruppi politici si erano finanche complimentati per
l'abbattimento del quasi trentennale veto. Dalla rivoluzione
islamica del 1979 le candidature femminili sono state
regolarmente bocciate per la corsa alla presidenza,
sulla base di un'interpretazione restrittiva del relativo
articolo della Costituzione. Esso afferma che i candidati
devono essere "rejal" politici e religiosi.
La parola araba "rejal" viene tradotta ufficialmente
in persiano dal Consiglio dei Guardiani con "uomo",
ma secondo diversi esperti essa significa semplicemente
"personaggio", e quindi non esclude le donne.
Nell'Iran post-rivoluzionario non solo nessuna donna
ha mai potuto candidarsi alla presidenza, ma nemmeno
diventare ministro. Un segnale di apertura parziale
era stato quello lanciato dal presidente Mohammad
Khatami nel 1997, dopo essere stato eletto sulla base
di un programma di riforme democratiche che gli aveva
fruttato massicci consensi degli elettori, soprattutto
donne e giovani. Khatami aveva nominato proprio una
donna, Masumeh Ebtekar, a ricoprire uno dei posti
di vice presidente con l'incarico di occuparsi dei
problemi ambientali. Un ruolo che ancora oggi svolge.
Vedremo cosa succederà con le elezioni di giugno,
che comunque vedranno uscire di scena Khatami: in
ballo ci sono la riforma del codice penale e alcune
aperture sui diritti delle donne. Vedremo. Intanto,
da alcuni ambienti giunge voce che una riforma che
consentisse l'elezione di una presidente donna potrebbe
aprire la strada alla candidatura della Premio Nobel
per la pace Shirin Ebadi.
Un'agenzia
di stampa tutta femminile in IRAN val al
sito della Libreria delle donne