Donne e conoscenza storica
  
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Rosvita


Una mediazione non riuscita: la lotta tra Sofia e Bernardo


Una simbolica ribellione

Prima, il 18 ottobre del 989, assistette nel monastero di Gandersheim alla cerimonia di consacrazione a canonica di Sofia, allora quattordicenne e cioè al raggiungimento della maggiore età. Sofia non volle essere consacrata dal vescovo di Hildesheim, Osdago, che era preposto alle funzioni religiose del monastero femminile, ma scelse Willigiso, l'arcivescovo di Magonza, da cui dipendeva sia Gandersheim, che Hildesheim. Willigiso era l'amico di famiglia che nel momento del pericolo per la dinastia aveva saputo intervenire prontamente e che era rimasto sempre al fianco di sua madre. Quest'ultimo accettò. Come leggere questo atto della giovane donna? Fu una rottura simbolica delle regole gerarchiche e quindi una manifestazione di indipendenza in una situazione favorevole a questo cambiamento o fu solo un capriccio da ragazza? E perché Gerberga, Teofane e Willigiso accettarono? In famiglia e nel regno vi era una tradizione affermata di donne che ricoprivano cariche religiose e politiche importanti. Adelaide, l' altra sorella, divenne monaca e poi badessa a Quedlinberg, succedendo alla zia Matilde. Anche l'altra zia paterna, Matilde di Essen, figlia di Edith e Ottone I, era badessa. Come dice Labande, che ringrazia per questa interpretazione Mme Florentine Mütherch del Zentralinstitut Für Kunstgeschichte di Monaco, non si trattava in tutti i casi di effettive vocazioni, quanto di una politica realista della dinastia, in cui si preferiva creare grandi centri spirituali, culturali e politici in monasteri-fortezze, rette da donne, piuttosto che introdurre col matrimonio uomini, che avrebbero potuto avanzare pretese dinastiche, creando disordini interni al paese. La pretesa di Sofia potrebbe dunque delineare un tentativo di superamento degli equilibri di potere tra i sessi: per poter gestire un monastero occorreva essere consacrate da un uomo, a cui altri uomini avevano conferito quella posizione, stabilire che la scelta di quell'uomo invece dipendeva dalla donna che voleva consacrarsi significava opporvi un'altra autorità. Dopo questa cerimonia di consacrazione, verso la fine dell'anno, Teofane partì per l'Italia, lasciando a Willigiso la "cura regis", cioè l'incarico di occuparsi della situazione tedesca. Soggiornò a lungo a Roma e, dapprima a Ravenna e successivamente a Pavia, capitali imperiali, assunse il titolo di "gratia divina imperator augustus"(imperatore augusto per grazia divina), col quale assunse in sé le corone d'Italia e Germania. Val la pena di riflettere sull'uso, ricorrente nella storia e oggi messo in discussione, di nominare al maschile i titoli di prestigio e potere. Da parte degli uomini può configurarsi come un tentativo di negare a livello simbolico il fatto evidente che siano donne coloro che gerarchicamente sono in posizione superiore, un modo dunque per non prendere atto di una realtà che mette in crisi la posizione di subordinazione che si vuole ad esse assegnare; da parte delle donne invece può trattarsi di un modo per superare i confini stabiliti socialmente per il proprio sesso e superati nei fatti,"facendosi uomo", modalità già attuata da alcune fin dai primi anni del Cristianesimo (1) . In estate, ritornata in Germania, Teofane si riposò a Gandersheim, anche con Ottone, che aveva allora dieci anni, e, dopo la Dieta pasquale del 991 a Quedlinburg, trionfo politico della giovane imperatrice, che vide la partecipazione anche di duchi italiani, del duca polacco e forse anche di una delegazione dalla Russia, appena convertita al Cristianesimo, il 15 giugno, a non più di trentacinque anni, morì a Nimègue a causa di un'epidemia, che aveva colpito molti e molte nobili del regno. La vecchia imperatrice Adelaide, consigliata da sua figlia Matilde di Quedlinburg, come testimonia la dieta di Grone e i documenti imperiali in cui è praticamente sempre citata fino al 995, indicò le linee portanti della politica imperiale.

(1) Labande ricorda che nella guerra di successione, nel XVIII secolo, i magnati ungheresi gridavano: "Moriamo per il nostro re Maria Teresa!" (nota 57, p.303). L' interpretazione relativa al significato per alcune donne del "farsi uomo" si trova in Clementina Mazzucco, E fui fatta maschio-La donna nel Cristianesimo primitivo, Le lettere, Firenze, 1989, in María-Milagros Rivera Garretas, Vias de búsqueda de existencia feminina libre: Perpetua, Christine de Pizan y Teresa de Cartagena, in "Duoda, Revista d'Estudis Feministes", Centre d'Investigació Histórica de la Dona, Universitat de Barcelona, n. 5, 1993 e nel dibattito promosso dalla Comunità di pratica e riflessione pedagogica e di ricerca storica, pubblicato col titolo "Lo scambio necessario,insegnanti ricercatrici docenti per una storia che tenga conto dell'autorità femminile, suppl. al n. 20 di Via Dogana, Milano, febbraio-marzo 1995