Il
monastero: l'importanza politica
Ottone
I fa una concessione a un abate, seguito dai suoi monaci. La scelta di uomini
e donne legate alla Chiesa per governare all'interno dell'impero è legata
al fatto che non ponevano problemi di ereditarietà e inoltre il loro livello
culturale, come dimostra la stessa Rosvita, era nettamente superiore ai laici,
specialisti della guerra. |
Cos'era un monastero femminile, come quello di
Gandersheim, nella Germania del X secolo?
"Era un piccolo, orgoglioso,
indipendente principato guidato da donne" (1); " aveva propri tribunali,
un proprio esercito, la facoltà di battere moneta propria, un proprio rappresentante
alla Dieta imperiale e godeva della protezione della sede papale senza ingerenze
vescovili"... (2)
Dobbiamo tener presente che Ottone per poter governare
doveva servirsi dei conti, suoi vassalli e che egli li scelse sempre più
frequentemente fra le grandi autorità ecclesiastiche: vescovi, abati, badesse.
"La Chiesa tedesca veniva così a dipendere doppiamente dal re, perché
i vescovi ricevevano da lui tanto i simboli dell'autorità spirituale, che
quelli del potere comitale, l'anello e il bastone pastorale da una parte, la spada
dall'altra. Le ragioni di questo orientamento sono facili da comprendere. Tanto
per i vescovi quanto per gli abati non si poneva un problema di ereditarietà
e perciò il re non correva il rischio di trovarsi di fronte dinastie di
conti, come stava accadendo ai re di Francia; inoltre il livello culturale degli
uomini della Chiesa era nettamente superiore a quello degli specialisti della
guerra." (3)
Ma tale discorso vale anche per i monasteri femminili.
Come infatti dice Susanne Fonay Wemple: "Le badesse di Gandersheim provenivano
dalla famiglia regnante. Quando nel 947 Ottone I investì la settima badessa,
Gerberga si trovò alla testa di un piccolo regno con tanto di esercito,
corte, zecca e rappresentanza nell'assemblea imperiale. Le badesse venivano nominate
Reichfurstinnen (principesse del regno) e questo non solo a Gandersheim,
ma anche a Quedlinburg, nella regione di Essen e poco tempo dopo anche a Elten
e a Gernrode. Quel titolo dava loro il diritto di partecipare insieme ai prelati
alla dieta imperiale, dove potevano approvare il rappresentante scelto per loro
dal signore del monastero, generalmente un vescovo o l'imperatore. Nondimeno nelle
case sassoni dove venivano appellate Reichfurstinnen erano conosciute col
titolo di "metropolitane". Almeno Mathilda, sorella di Ottone II, portò
quel titolo nel X sec.(4)
Chiesa
del monastero di Gandersheim. Incisione tratta da Johann Georg Leuckfeld,
Antiquitates Gandersheimensis, Wolfenbüttel,1709 |
Tutte
le comunità femminili nella Germania del X secolo aspiravano a ottenere
la protezione reale e l'immunità. Ma una volta ottenuti, quei privilegi
comportavano anche che il monastero diventasse una donazione consacrata per sempre
a scopi religiosi e che non potesse più essere toccato dai parenti del
fondatore. Le comunità che l'imperatore si era impegnato a proteggere erano
proprietà reale. L'imperatore non poteva venderle né utilizzarle
per scopi non religiosi, ma poteva cederle ai vescovi." (5)
Ma tale cessione,
se non era concordata con le monache, poteva dar luogo a vere e proprie rivolte,
come accadde verso la fine della vita di Gerberga II (1002), quando Bernardo,
il vescovo di Hildesheim, pretese il controllo del monastero e il diritto di consacrare
le monache, come racconta Tangmaro nella Vita Berwardi episcopi Hildersheimensis.
Questo testo, analizzato da Eugenia D'Angelo (6), ci consentirà di comprendere
il clima politico in cui si sviluppò l'opera di Rosvita. Va inoltre ricordato
che "l'aristocrazia si rese gradualmente conto che, quando una vedova o una
giovane nobile entravano in monastero ciò equivaleva a vedersi sfuggire
per sempre la terra e le proprietà a lei intestate, che diventavano patrimonio
del monastero. Per questo motivo, vedove e giovani di famiglia nobile vennero
spesso obbligate a sposarsi a cominciare dal regno di Enrico II nell' XI secolo"
(7).
(1) Peter Dronke, Women
Writers of MiddleAges, Cambridge 1984; trad. it di E. Randi, Donne e cultura
nel Medioevo.Scrittrici medievali dal II al XIV secolo, Il Saggiatore, Milano
1986, p.83.
(2) Ferruccio Bertini, Il "teatro"
di Rosvita, Tilgher,Genova 1979, p.9
(3) Scipione Guarracino, Storia dell'Età
Medievale, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Milano, 1988, pag.236
(4)
Annales Quedlinburgenses: M.G.H. Script. 3, 75; il titolo di metropolita
era dato agli arcivescovi.
(5) Susanne Fonay Wemple , Le donne tra la fine
del V e la fine del X secolo, in Georges Duby - Michelle Perrot , Storia
delle donne in Occidente, II:Il Medioevo, a cura di Kaplisch-Zuber C., Laterza,
Roma-Bari 1990-91, p.235.
(6) Eugenia D'Angelo , L'ultima Rosvita: i "Primordia
cenobii Gandeshemensis" in "Studi Medievali", s.III, XXV (1986)
fasc. 2
(7)Susanne Fonay Wemple , op.cit., p.235.