Recensioni: Frozen River di Courtney Hunt

by Donatella Massara on marzo 21, 2009

REGISTA VINCITRICE DEL GRAN PREMIO DELLA GIURIA AL SUNDANCE FESTIVAL 2008

 Frozen River è l’opera di debutto di Courtney Hunt nata nel 1968 in Tennessee. Il film con nomination all’Oscar per la migliore sceneggiatura e la migliore attrice Melissa Leo ha avuto sia in USA che in Italia delle buone recensioni. A me il film è piaciuto. Le protagoniste sono due donne che vivono in uno sperduto paesino dello stato di New York ai confini con il Quebec. La linea di confine è rappresentata dalla terra dei Mohawk e una delle due donne è Lila Piccolo Lupo, Mohawk. L’altra è Ray, bianca. Sono povere tutte e due. Povertà aggravata dalla vedovanza della prima e dell’abbandono del marito della seconda. Invece di continuare a collaborare a pagare il mutuo di un nuovo pezzo di casa prefabbricata l’uomo se l’è data portandosi via i soldi della rata per andarseli a giocare. ma c’è chi sta peggio è Lila che vive in una roulotte dove non può tenere il figlio di un anno e che la suocera le ha portato via. Intorno a loro c’è poco: un paesaggio fatto di neve dove di notte si scende a 15 gradi sottozero, un grande magazzino, un locale dove giocare a Bingo. Il fiume gelato del titolo è il St Lawrence, ed è attraversando questo con dei clandestini chiusi nel baule dell’auto che le due donne insieme, prima nemiche e poi sodali e amiche, recuperano i soldi per il figlioletto dell’una e per il mutuo e i due figli di 6 e 15 anni dell’altra. Il finale le rivedrà unite e subito separate ma sempre coinvolte da un mutuo patto di alleanza che fra le donne dunque continua a esistere- non solo in tema di immaginario – pur in mezzo alle resistenze, alla solitudine, alla sfiducia reciproca. Fa da cornice di questo patto di solidarietà la distesa del fiume ghiacciato che ghiaccia anche gli animi. Non c’è più tempo per le smancerie, le parole non restituiscono più i pezzi che mancano a una realtà sempre più dissestata dove i gesti sono obbligati, lo spazio per scegliere è minimo, la durezza della vita lascia scoperte poche regole di sopravvivenza. Questo margine molto piccolo su cui ha esistenza anche questo sentimento di solidarietà e amicizia basta e avanza per ridare fiducia nella vita e lasciare le donne libere di interagire con il mondo fuori dai comandi maschili. Come la legge dei Mohawc che ha le sue regole ed è governata da una donna, la capatribù severa e che non si commuove davanti alle sue simili, anche quella femminile ha le sue e impone di non fare scolorire quel campo di attrazioni che sono le amicizie fra donne. Le donne si organizzano e si salvano portando con sè la salvezza dei figli e dei ripari in cui crescerli. In mezzo ci sono gli spazi selvaggi, le terre di frontiera, i passaggi da una terra a un’altra, la polizia che intercetta e colpisce dove c’è trasgressione. Ma le donne attraversano queste terre e ci si muovono con la forza e l’energia di chi sta occupandosi di una partita decisiva per l’avvenire.